2024-12-15
Gabriele Pennisi: «Unicità e storia: così conquistiamo i vip»
Madonna e Naomi Campbell indossano due creazioni Pennisi. Nel riquadro, Gabriele Pennisi
Il patron della nota gioielleria milanese che ha come clienti Madonna e Rihanna: «I nostri prodotti sono tutti diversi, impossibile trovarne uno uguale a una festa. Chi ci porta i tesori di famiglia trova discrezione e pagamento immediato: ecco perché ci scelgono».Madonna immortalata con una croce di diamanti e con un paio di orecchini art déco in platino e diamanti sulla cover dell’album Madame X. Gherardo Felloni, direttore creativo di Roger Vivier, con una collana del XX secolo in oro e ametiste. Rihanna con bracciale art déco in platino e diamanti. Naomi con orecchini in platino e diamanti anni ’30 della collezione privata. Tutti capolavori dell’arte gioielliera di proprietà di Pennisi, storico atelier milanese amato dalle star che, ogni volta che arrivano a Milano, non mancano una visita nel prestigioso negozio di via Manzoni, aperto nel 1971. «La bellezza del gioiello antico, oltre alla storia che porta con sé, sta nell’essere pezzi unici al mondo», racconta alla Verità Gabriele Pennisi, terza generazione, con il cugino Emanuele, del marchio di famiglia. «I nostri gioielli non sono in serie, non se ne può trovare uno uguale, non si rischia mai di avere lo stesso gioiello a una stessa festa». Come trovate tante meraviglie? «Soprattutto da persone che vengono a vendere. Da famiglie cui non interessano certi gioielli, aprono le cassette di sicurezza e trovano gioie che spesso non piacciono, preferiscono cose moderne. Magari non hanno eredi femmine che li possano indossare e quindi arrivano a proporle a noi. Privati che si rivolgono direttamente per non passare dalle aste, pagamento immediato, non devono aspettare l’asta, non pagano i diritti d’asta. Preferiscono un contatto diretto e, soprattutto, non mettere l’oggetto su un catalogo. La scelta è non far sapere, la si può considerare una forma di rispetto verso la famiglia d’appartenenza». Come inizia la vostra storia?«Mio nonno, negli anni Sessanta, vendeva diamanti a tutte le gioiellerie italiane. Poi ha iniziato ad appassionarsi ai gioielli d’epoca che trovava a Londra, Parigi e in giro per il mondo e ha iniziato a collezionarli. Collezionava sia gioielli che giade, coralli e avori, cineserie». Collezione Privata Pennisi, cioè quella «non in vendita», che contiene riservatezze insospettabili e rarità eccezionali.«Senza dubbio. In tutti questi anni abbiamo avuto la fortuna di acquistare dei veri capolavori che abbiamo venduto e ai quali pensiamo con rimpianto. Per questo la nostra famiglia ha pensato a una collezione, patrimonio del negozio ma non in vendita. Fanno parte della collezione un bracciale in oro giallo con smalti e con un cammeo al centro recante l’effige e le iniziali di Napoleone Bonaparte; un bracciale del 1928 di Buccellati realizzato per Gabriele d’Annunzio che lo regalò a un’amica con la dedica incisa “In ricordo della fine”; un anello in oro giallo, diamanti e smalti con la corona e le iniziali dell’imperatore Franz Joseph. E, ovviamente, la parure Egyptian Revival composta da bracciale, spilla e anello del 1920 circa in platino, oro e diamanti, che compare sulla copertina del libro 1750-1950 Collezione Pennisi, Tre secoli di Alta Gioielleria». Da dove proviene questa parure? «L’abbiamo acquistata in America, trovata a una mostra d’antiquariato. Era stata regalata dal padre alla figlia per il matrimonio. Oltre agli oggetti di preziosissima fattura, ci sono le scatole originali, anche queste da considerarsi come gioielli. Quando troviamo delle parure o gioielli particolari, in diversi le scatole non le vendono e se le tengono tanto sono rare». A proposito del libro da tramandare ai posteri, di Alba Cappellieri, e che vanta la prefazione firmata da Miuccia Prada, una delle più affezionate clienti, che scrive: «I gioielli antichi mi piacciono molto, mi sono sempre piaciuti. Da anni frequento l’elegante negozio di via Manzoni, dove ho trovato gioielli a cui sono molto affezionata. Sono affascinata da come questi oggetti siano in grado di racchiudere in sé, e in qualche modo trasmettere, non solo la storia e il gusto di un’epoca, ma anche la storia di chi li ha portati». È questo il segreto di tanto successo di questi gioielli? «Non può che essere così, è la storia che affascina al di là dell’oggetto. Non si può rimanere insensibili di fronte a paio di orecchini con smeraldi di circa 9 carati l’uno regalati dalla Regina Elena alla sua dama di corte, davvero pazzeschi. O una collana dell’‘800 in argento, diamanti, oro giallo, perle naturali con il ciondolo al centro staccabile e che può essere usato come spilla mentre la parte dietro potrebbe diventare addirittura una tiara». Un ricordo particolare? «Una tiara di Köchwert, famoso gioielliere viennese, alla corte di Sissi. Si è presentato da noi un signore con un sacchetto in mano di plastica e ci ha raccontato che era andato in una famosa casa d’aste per una valutazione, non gli era piaciuto il trattamento ed era passato da noi. Da quel sacchetto per fare la spesa, ha estratto un oggetto che ci ha lasciati a bocca aperta, non ci aspettavamo una cosa del genere. Era probabilmente ereditata, un oggetto di famiglia in oro, argento e diamanti di eccelsa fattura». Può essere un investimento un gioiello antico?«Assolutamente sì, il loro valore andrà sempre in crescendo. Perché non ce ne sarà mai uno uguale. Ed è proprio l’unicità a piacere a tanti giovani che si stanno appassionando ai nostri gioielli».