2022-11-03
«Penne rosse» a difesa del potere. «La censura è l’arma della sinistra»
Luca Ricolfi (Getty images)
Nel suo ultimo saggio, Luca Ricolfi ricostruisce la «mutazione» dell’area progressista post muro di Berlino. «Gli intellettuali di sistema presidiano il politicamente corretto in cambio di postazioni molto ben retribuite».la scusa per imporre la soppressione delle libertà. Siamo al cospetto della sinistra più liberticida di sempre, e le prove a sostegno di questa tesi non mancano. Ne fornisce numerose Luca Ricolfi in un saggio intitolato La mutazione (Rizzoli). Secondo il sociologo assistiamo a una sorta di migrazione: la difesa dei deboli e della libertà di pensiero, un tempo valori fondanti dei gauchiste, oggi sono prerogative dei conservatori. Scrive Ricolfi che il grande cambiamento avviene sostanzialmente con la caduta del muro di Berlino, insomma nell’epoca della «fine della Storia» e della globalizzazione trionfante. «Persuasa dei benefici del commercio mondiale e delle virtù del mercato, insensibile a ogni richiamo ai rischi dell’apertura e dell’interdipendenza, la sinistra abbandona quasi in toto le grandi battaglie per i diritti sociali (lavoro, studio, salute), per indirizzare tutte le energie su due sole questioni: diritti civili, difesa degli immigrati. Diritti gay, coppie di fatto, quote rosa, fecondazione assistita, maternità surrogata, stepchild adoption, eutanasia, depenalizzazione delle droghe, testamento biologico, linguaggio sessista, omofobia, transfobia, diritti degli immigrati, accoglienza sono diventate le grandi «battaglie di civiltà» della sinistra ufficiale negli ultimi anni. E probabilmente hanno contribuito non poco a edificare quel senso di superiorità morale, quella convinzione di rappresentare la “parte migliore del Paese”, che da anni accompagna la classe dirigente della sinistra ufficiale». Non potremmo formulare una diagnosi più accurata. «Liberandosi della zavorra dei ceti popolari», prosegue Ricolfi, «la sinistra ufficiale ha in fondo trovato un suo equilibrio. Da un lato, sa perfettamente che le grandi “battaglie di civiltà” interessano solo i ceti medio-alti, i professionisti, gli artisti, i giornalisti, il mondo della cultura e dello spettacolo, e che quella, ormai, è la sua base sociale, da coccolare e rafforzare nella propria autostima. Dall’altro, grazie alla difesa intransigente degli immigrati e dei loro diritti, può continuare ad autopercepirsi come paladina degli ultimi, anche se ha perso gli operai». Insomma, la sinistra è divenuta la portavoce dell’élite, è del tutto in linea con le istanze dei grandi poteri economico-finanziari che regolano le sorti dell’Europa e del mondo. Poteri che mantengono il predominio anche con la forza, certo, ma soprattutto attraverso la seduzione e la propaganda. La parte forse più interessante del libro del sociologo è proprio quella in cui egli prende di petto l’ossessione progressista per la manipolazione delle parole. A parere di Ricolfi, negli attivisti si è sedimentata la convinzione «secondo cui il potere si esercita essenzialmente attraverso il linguaggio. In un certo senso, i profeti del nuovo politicamente corretto hanno fatto propria - radicalizzandola - la Teoria degli atti linguistici di John Austin, formulata per la prima volta nel 1956 e successivamente divulgata da John Searle. L’idea base è che gli enunciati siano azioni, che trasmettono intenzioni e producono effetti». Alla base di tale visione un po’ di verità c’è. Cambiare le parole non significa cambiare la realtà, ma modificare il linguaggio permette di modificare i pensieri, e di ottenere comunque dei risultati, imponendo una narrazione dominante che orienta l’azione dei governi e, di conseguenza, influisce sulla vita dei singoli.Affinché la narrazione dominante si affermi, bisogna fare in modo di cancellare tutte le narrazioni concorrenti, tutti i discorsi che possano mettere in crisi il sistema di potere. Compito a cui i solerti censori della sinistra si dedicano con impegno. «Oggi, a disseminare di ostacoli la libertà di manifestazione del pensiero, provvede direttamente e spontaneamente l’establishment economico-culturale mediante la sua adesione senza riserve all’ortodossia del politicamente corretto. Un’adesione che, negli ultimi quindici anni, è maturata anche grazie all’esplosione dei social, sempre più capaci di intimidire imprese, piattaforme, istituzioni con il ricatto della cancellazione e delle campagne di biasimo», scrive Ricolfi. E prosegue: «Gli intellettuali, insieme agli altri protagonisti della vita artistica e culturale del Paese, sono parte integrante dell’establishment. Occupano importanti (spesso ben retribuite) postazioni nell’editoria, nei quotidiani e nei settimanali, nelle grandi piattaforme del web, nelle reti tv, nell’industria dello spettacolo. Sono indefessi organizzatori di migliaia di fiere e festival, premi poetici e letterari, manifestazioni culturali, eventi legati alle specializzazioni artigianali e culinarie dei territori. Non combattono, da fuori, contro il potere e la censura, ma semmai vigilano, da dentro, sul rispetto dei principi del politicamente corretto, cui quasi sempre aderiscono e di cui non di rado si sentono le vestali. Sicché la censura, che nei primi decenni della repubblica era di destra, oggi - agli albori del terzo millennio - è soprattutto di sinistra». Tali affermazioni sono difficilmente contestabili. Solo su un punto il pensiero di Ricolfi merita d’essere integrato. Egli infatti presenta la mutazione della sinistra come una stortura che, volendo, può essere corretta. In realtà, si tratta di un approdo naturale e quasi obbligato. Il sociologo si avvicina alla verità quando sospetta che «gli eredi del Partito comunista siano rimasti profondamente e irrimediabilmente leninisti nell’anima, prigionieri dell’idea che il popolo non sia in grado di prendere coscienza dei propri interessi da sé, e che per far maturare tale coscienza siano indispensabili le “avanguardie”, guide politiche e spirituali delle masse incolte». Proprio qui sta il punto, nello gnosticismo rivoluzionario che è parte integrante del dna progressista. Se i dignitari comunisti si sentivano illuminati in possesso della conoscenza utile a guidare le masse verso il paradiso in terra tramite la rivoluzione, i liberal di oggi (risciacquati nel giacobinismo americano) sono convinti di poter purificare il mondo riscrivendone le strutture di potere attraverso la modificazione del linguaggio. In entrambi i casi, il risultato è un atteggiamento di superiorità e di intolleranza feroce tipico di chi si sente portatore del bene nei riguardi dei dissenzienti, i quali rappresentano le forze del male da sconfiggere a ogni costo. Siamo sempre lì: alla lotta fra il bene e il male, uno scontro che miete parecchie vittime, prima fra tutte la libertà.
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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