2021-08-02
Riccardo Molinari: «Pd e M5s incartati. Su tasse e immigrati Draghi si fidi di noi»
Riccardo Molinari, Matteo Salvini e Massimiliano Romeo (Ansa)
Il leghista: «Letta e Conte sono in panne, mentre la bozza sul fisco contiene i nostri temi. Ma non siamo contenti della Lamorgese»Il capogruppo alla Camera della Lega Riccardo Molinari ha accettato una conversazione a tutto campo con la Verità. C’è contro di voi una critica incomprensibile: quella di avere differenti sensibilità al vostro interno, dopo le interviste dei governatori Zaia e Fedriga sulla manifestazione anti-green pass con diversi parlamentari leghisti. Ma non è normale che in un partito del 20% ci siano storie e culture diverse? «Assolutamente. E poi quello che conta è la linea, che è la stessa per tutti, anche se ognuno ha il suo tono. La posizione della Lega è contraria al green pass sia per una questione generale di libertà sia per ragioni di applicazione pratica: ristoratori e baristi non sono pubblici ufficiali, e qui si rischia di danneggiare la stagione turistica. Dopo di che…».Dopo di che…«Invitiamo a vaccinarsi, e i nostri governatori, come i sindaci, stanno facendo un lavoro straordinario. Ricordo che in Italia l’obbligo vaccinale non c’è, e non va bene introdurlo in modo surrettizio. Non è che puoi dire: sei libero di non vaccinarti, ma se non lo fai non ti faccio lavorare. Quindi il governo ha due strade».Quali?«O il modello inglese: tutto aperto e chi non si vaccina si assume il suo rischio. Oppure abbiano il coraggio di assumersi le loro responsabilità e propongano l’obbligo per alcune categorie: ma in quel caso il governo ci metta la faccia e se ne prenda tutta la responsabilità direttamente».Un’altra accusa, molto in voga all’inizio del governo Draghi, era: la Lega sarà una forza destabilizzante. Mi pare che ora il problema si sia rovesciato: riguarda semmai il Pd e il M5s…«Che le cose siano ormai rovesciate lo mostra la vicenda della legge delega sul processo penale. I grillini hanno presentato 1.000 emendamenti su un testo che in Cdm era stato approvato anche dai loro ministri. Le hanno provate tutte: hanno minacciato di uscire, hanno cercato di portare il testo al confine del semestre bianco…».Ma dove vogliono andare a parare i grillini e Letta? Cominciamo da Conte. Ha elaborato il lutto del mancato Conte ter?«No, è ancora chiaramente incattivito. Se potesse, troverebbe un cavillo o un pretesto per far saltare o scivolare Draghi. Basta leggere il suo mentore Travaglio: diciamo che abbiamo ampie fonti a cui attingere. In più, lui non è un 5 stelle come origine, anzi forse - ambizioso com’è - sarebbe pronto a giocare in qualunque squadra, e quindi ora a maggior ragione fa il pasdaran sui loro temi per farsi accettare».Dopo il testacoda sulla giustizia, in cui Conte ha appena appena salvato la faccia, ma nel quadro di una sconfitta del vecchio testo Bonafede, quali altri fibrillazioni grilline dobbiamo attenderci? «Diciamo che ora arrivano sul tavolo questioni che ci stanno molto a cuore. Dall’immigrazione alle tasse. Suggerirei al presidente Draghi di fare bene i conti su chi si comporta in modo leale come noi e chi invece cerca di creargli problemi…».Qual è lo stato del rapporto tra Conte e la delegazione ministeriale M5s (che sta molto bene dove sta, mi pare, nel senso che non mi sembra abbia intenzione di lasciare poltrone e auto blu)?«(Sorride, ndr) Certo, i loro ministri si sono molto istituzionalizzati… Di Maio e Patuanelli sono spariti dai radar. La Dadone ce la siamo dimenticata dopo le scarpette rosse. E D’Incà ha il suo da fare nel tenere i rapporti con i gruppi parlamentari…». E Letta? Salvini ha detto che fa «da palo» a Conte. Ma lei come spiega che il segretario dem sembri aver puntato tutto sul rapporto strategico con Conte? «È molto semplice. Il Pd, sia a Roma sia sui territori, esiste ormai solo come partito di potere senza consenso. Hanno bisogno dell’alleanza strutturale con il M5s per cercare di restare al potere come possono… Poi per Letta si pone lo stesso problema di Conte: anche lui per farsi accettare, deve “dire qualcosa di sinistra”, e quindi alza bandiere divisive tipo il ddl Zan».Domanda critica. A me pare che a voi come Lega possa essere fatta una critica di fondo, ma di segno opposto rispetto a quella che riferivo all’inizio. Siete fin troppo responsabili, e avete difficoltà a mettere a fuoco una vostra agenda di priorità da proporre/imporre al governo.«È innegabile che con una personalità come quella di Draghi il campo d’azione dei partiti risulti limitato. Se la discussione avviene nel governo prima di un provvedimento, poi non c’è molto spazio per i gruppi e le forze politiche per ottenere modifiche. Però rivendico che la gran parte delle cose fatte siano in linea con i nostri obiettivi».Tipo?«La riforma Cartabia non sarà la migliore possibile, ma sfido chiunque a dire che era preferibile il testo Bonafede. La bozza sul fisco ha tutti i nostri temi: no ad altre patrimoniali, no alla revisione del catasto, sì all’abolizione Irap. Il decreto Sostegni bis è stato congegnato come suggeriva Giorgetti, e così i provvedimenti sulla montagna rispetto all’impostazione di Garavaglia».Però questa storia del green pass è un boccone indigesto. C’è da aspettarsi qualche altra forzatura su scuola e trasporti?«Vedo che ora qualche ministro inizia a dire che su alberghi e ristoranti avevamo ragione noi. Quanto alla scuola, con l’85% dei docenti già vaccinati, parlare di obbligo non ha senso, anzi rischia di scatenare la reazione opposta: radicalizzare e portare su posizioni antiscientifiche e complottiste anche chi legittimamente è solo scettico o indeciso».Ha evocato già alcuni fronti futuri, invitando Draghi a tenersi caro chi come voi è leale: immigrazione e tasse.«Delle tasse abbiamo detto. Sull’immigrazione è evidente che per ora non siamo contenti di ciò che sta facendo il ministro Lamorgese. E poi c’è un’altra questione importante, e cioè le pensioni, con la scadenza di quota 100».Come va con Fi? Fanno sponda rispetto a questo vostro tentativo di costruire un’agenda di centrodestra nel governo?«A livello di gruppi parlamentari cerchiamo di fare, sia alla Camera sia al Senato, un lavoro coordinato per avere posizioni comuni sia in Commissione sia in Aula. Poi capita che alcuni dei loro possano avere altra sensibilità su un tema…».Qual è lo stato dell’arte del progetto federativo di cui si era molto parlato? «Questo è un progetto lanciato da Salvini e Berlusconi, e quindi saranno loro a proporre tempi e modi. Noi cerchiamo già di favorire un coordinamento parlamentare, come ho detto». Se ne riparlerà dopo le amministrative? «Realisticamente quello è il momento giusto per discuterne».A proposito di amministrative. Lei difende la scelta dei candidati civici? Ma non aveva più senso che una serie di dirigenti politici si mettessero alla prova?«L’idea dei civici è nata nel contesto della pandemia, pensando in primo luogo ad imprenditori (poi sono state coinvolte anche altre figure: professionisti, medici, magistrati) in grado di allargare il consenso oltre il perimetro classico del centrodestra. Penso siano venute fuori alcune ottime candidature. E onestamente penso che anche scegliendo un criterio di partito avremmo fatto scelte ottime». A Roma Michetti parla più che altro di antichi romani, mentre a Milano Bernardo è rimasto (non per sua colpa, va detto) incastrato nella polemica-trappola sul porto d’armi… Non sembra una gran partenza. «Non conosco ancora questi due candidati. Però mi faccia citare anche Torino, dove per la prima volta con Damilano partiamo in vantaggio. E si sta realizzando proprio quello che dicevo: un allargamento del nostro campo di consenso. Dopo di che, complessivamente, si parte ovunque in svantaggio: quindi tutto ciò che conquisteremo sarà prezioso».Capitolo Fdi. Lei è tra quelli che rimpiangono la scelta di Giorgia Meloni di essere rimasta fuori dalla maggioranza? Ci fosse stata anche lei, il centrodestra avrebbe avuto ancora più peso al Senato e una golden share notevole sul governo…«Indubbiamente se fossero entrati sarebbe stato un governo di centrodestra con qualche voto di centrosinistra. Ora invece dobbiamo fare compromessi, a volte migliori, a volte meno. Ma non mi straccio le vesti per la loro scelta, indipendentemente dal fatto che sia avvenuta per coerenza o per calcoli elettorali».Come si fa ad avere una buona competizione con Fdi, in una logica win-win, senza che esageriate reciprocamente con le asprezze? Tra Copasir e Rai c’è stata molta tensione.«Ecco, quel che non dobbiamo fare è la lite sulle poltrone: quella è lose-lose. Invece una competizione win-win è quella per cui ognuno spinga in positivo. Ci sono temi (penso al decreto Sostegni) in cui proprio stando al governo abbiamo ottenuto risultati riconosciuti da tutti); e ci sono altri temi in cui può essere utile che Fdi, dall’opposizione, alzi la voce».Esiste un problema tra la vostra dirigenza nazionale e i governatori leghisti? «Assolutamente no. Abbiamo messo i migliori nelle regioni. E sono parte essenziale anche della nostra dirigenza di partito».E fra Matteo Salvini e la delegazione ministeriale? «C’è molta fiction giornalistica su presunte tensioni. È ovvio che Salvini prenda posizioni forti, e che poi i ministri provino a mediare in CdM per ottenere il più possibile nel confronto con gli altri. Non sempre puoi ottenere il 100%».Tutto ok con Giancarlo Giorgetti? «È successo anche a me: c’è un giornale che a volte pubblica retroscena strani… Non darei troppo peso».