2025-10-23
Dietro gli attacchi di Pd e M5s alla Gdf c’è l’imbarazzo per le indagini su Arcuri
Giallorossi furiosi per l’audizione che lascia ombre sulla fornitura di mascherine cinesi. Meloni: «Denaro buttato».Le mascherine cinesi, molte delle quali difettose, acquistate nel 2020 in gran fretta dalla Struttura commissariale anti Covid, all’epoca guidata da Domenico Arcuri, restano una ferita aperta nella storia recente di questo Paese. Una commessa da 1,2 miliardi di euro finita, in buona parte, al macero, e su cui i partiti continuano a scontrarsi. Pd e 5 stelle difendono quella che per la Procura è stata una gigantesca frode in pubbliche forniture, mentre la maggioranza, guidata da Fratelli d’Italia, non perde occasione per ricordare agli avversari quell’incredibile pasticcio.Ieri ci ha pensato il presidente del Consiglio Giorgia Meloni a gettare sale sulla ferita ancora aperta. Il premier, al termine delle comunicazioni al Senato in vista del Consiglio europeo, ha scandito: «Il Paese in infrazione è una mistificazione. Durante il Covid sono state sospese le regole del Patto di stabilità, in Italia», la flessibilità «è stata utilizzata per sprechi di ogni genere, dalle mascherine acquistate cinque volte il prezzo, ai monopattini, ai banchi a rotelle e compagnia cantante». Un argomento che ha il potere di mandare immediatamente su tutte le furie l’opposizione, che non consente di affrontare l’argomento nemmeno agli ufficiali della Guardia di finanza, come il maggiore Eugenio Marmorale, il quale, lunedì, ha avuto l’ardire di riassumere in due ore di relazione in commissione Covid i risultati delle indagini sulla commessa da 1,2 miliardi.In un video, Fdi ha raccolto un florilegio degli interventi più duri contro l’ufficiale, stigmatizzati dal presidente della commissione, Marco Lisei. Per esempio, Alfonso Colucci, parlamentare vicinissimo a Giuseppe Conte, ha attaccato a testa bassa, per difendere Arcuri: «Io penso che o le parole che lei oggi ha detto e che ha scritto nella relazione sono del tutto sbagliate […] oppure ha modo in questa sede, a correzione della terminologia che lei ha utilizzato, e nella sua qualità di esponente della Guardia di finanza e a tutela dello stesso corpo che lei rappresenta, di chiarire queste sue dichiarazioni».L’esponente dei 5 stelle ha invitato l’imperturbabile ufficiale «a parlare cum grano salis» e gli ha rivolto quella che ci è apparsa come una velata minaccia: «O lei non è consapevole delle implicazioni che le sue parole hanno, e questo sarebbe molto grave, oppure la invito a correggerle. Lei capisce che eventualmente (la Struttura commissariale, ndr) è stata vittima di un’attività di traffico di influenze, cioè lei capisce la strumentalizzazione alla quale il suo intervento si presta in questa commissione, lei nella sua qualità di esponente della Guardia di finanza».Persino più severo è stato l’ex ministro dem Francesco Boccia: «Non era opportuna questa audizione, lei poteva banalmente dire di no e aspettare l’esito (del processo, ndr), ma ha deciso di dire di sì e siamo qui». Il politico, con tono professorale, ha fatto di tutto per mettere in difficoltà l’audito: «Trovo francamente deludente in termini di contenuti la relazione che il maggiore Marmorale oggi ci ha fatto, perché non ha aggiunto nulla di più alle cose che avevamo già letto sui giornali nei mesi scorsi. […] Anche alcune frasi sono simili, poi lasceremo agli atti della Commissione quali frasi». Quindi ha accusato l’investigatore di avere fatto indagini a senso unico, su un affare che rappresentava «solo» il 7% delle mascherine acquistate dal governo. Peccato che fossero le prime, che fossero particolarmente costose e che fossero farlocche. Ma questo, Boccia, si è ben guardato dal puntualizzarlo. Mentre si è premurato di mettere nel mirino alcune imprese del nostro Paese: «Ci sono state aziende italiane che facevano altro nella vita che […] si sono messe a produrre mascherine. Non mi risulta che […] quelle aziende, che avranno sicuramente fatto profitti» siano «state passate ai raggi X». Una tirata d’orecchi per Marmorale, subito seguita da un altro scappellotto: «Vorrei ricordarle e ricordare tutti noi che il commissario Arcuri è vittima del traffico di influenze, lei, però, non l’ha detto nella sua relazione».L’uomo forte di Giuseppe Conte, per Boccia, era una specie di Alice nel Paese delle meraviglie, turlupinato dagli stessi lupi che lui aveva introdotto a Palazzo Chigi. Durante l’audizione l’ex ministro arriva a contestare al malcapitato finanziere di avere pronunciato dichiarazioni «lesive dell’onorabilità» di Arcuri. Domanda al militare perché non abbia citato il decreto di proscioglimento del commissario (che lo ricordiamo è stato archiviato anche a causa dell’abolizione del reato di abuso d’ufficio). Quindi ci pensa lui a ripetere a macchinetta due passaggi che ritiene significativi. «Prego, maggiore, può dire a beneficio di questa commissione qual è il significato, secondo lei, delle frasi?», ironizza.Forse a far perdere la trebisonda ai politici progressisti sono state le annotazioni firmate dallo stesso Marmorale che raccontano in modo impietoso la corsa un po’ fantozziana agli approvvigionamenti di Arcuri e del suo staff, che pur di essere incoronati salvatori della Patria, si sono affidati alle persone sbagliate. Arcuri, mentre consigliava all’amministratore delegato di Consip di «non fare casino», metteva la sua struttura in mano a una banda di ladri di polli (perlomeno ritenuti tali dalla Procura di Roma).Nelle sue annotazioni Marmorale segnala la centralità dei «rapporti consolidati» tra il giornalista-lobbista Mario Benotti (morto due anni fa) e Arcuri e ricostruisce lo sbarco dei mediatori sotto inchiesta all’ombra della Struttura commissariale. Un altro di questi, l’ingegnere Andrea Tommasi, in una mail allegata agli atti, svela in quale modo pasticciato la cricca delle mascherine sia diventata fornitrice del governo: «Tutto nasce dalla medicina giapponese, teoricamente contro il Covid-19, Favipiravir della Fuji. Vengo contattato, tramite un conoscente, da un interlocutore di Fuji, che mi ha spiegato la medicina che secondo loro poteva curare il Covid-19, e mi ha chiesto se potessi aiutarlo a introdurla anche come “uso compassionevole” in Italia. Onestamente non avevo la più pallida idea di dove iniziare e mi è venuto in mente che conoscevo il professor Benotti, che faceva il lobbista a Roma e magari lui stesso aveva qualche possibilità di presentare l’offerta. Così ho fatto e l’ho immediatamente chiamato e incontrato a Roma per dargli maggiori dettagli. Fatto ciò, so che Benotti si è attivato, ma non ha trovato nessun interesse da parte di nessuno dei suoi contatti». Ma quando si chiude una porta, si sa, può aprirsi un portone. «Nei giorni a seguire, Benotti mi ha chiamato e mi ha detto che aveva incontrato Arcuri per parlare di questo medicinale, ma che a lui non interessava, gli interessava piuttosto l’acquisto di ventilatori. Onestamente sono molto ignorante nel settore e ho impiegato un attimo a capire di cosa si trattasse, erano i ventilatori per le terapie intensive. Mi sono subito attivato con i miei canali in Israele, Libano, Cina e ho identificato diverse apparecchiature pronte alla consegna». Anche questo materiale non interessa. Ma quando tutto sembra perduto, arriva il jackpot dei dispositivi di protezione facciale: «Dopo qualche giorno, Benotti mi ha chiesto di aiutarlo assolutamente a trovare mascherine perché il Commissario non stava riuscendo a trovare nulla di valido sul mercato».Quindi i due lobbisti (uno nel mondo della politica e l’altro nel settore delle armi) diventano fornitori di dpi con fee milionarie dopo avere tentato di piazzare un inutile farmaco giapponese. Nelle informative delle Fiamme gialle vengono riportati anche gli alert lanciati su quella commessa da vari soggetti, allarmi rimasti purtroppo inascoltati. L’unica condizione indispensabile per entrare nel lucroso business era la conoscenza diretta di Arcuri o di uno dei suoi fedelissimi, una consuetudine che Benotti poteva vantare dal 2014 e che lo aveva portato a comunicare con il commissario attraverso un linguaggio in codice fatto di riferimenti ecclesiastici, in cui uno era un «monsignore» e l’altro un «parroco». Nella medesima messaggistica, Benotti ha fatto riferimento a Stefano Beghi, l’avvocato che avrebbe dovuto far transitare da Hong Kong quasi 50 milioni di euro di provvigioni: «Beghi, amico di Arcuri, sta cercando anche lui altri fornitori».A un certo punto, un altro amico degli amici, tale Daniele, in cerca di sponsor dentro Leonardo, dice a Tommasi: «Possiamo usare il tuo contatto con Arcuri per accedere a Conte». Nientepopodimeno che l’allora presidente del Consiglio. L’ingegner Tommasi con Benotti non vuole sentire ragioni: «Anche tu hai cacato il caz… per il tuo contratto Safran (azienda francese produttrice di armi, ndr) e come vedi lo hai ricevuto .... ora Daniele deve avere quella posizione e non sento ragioni». Benotti promette massimo impegno: «Lo so... siamo tutti protesi».La Guardia di finanza, nell’annotazione, evidenzia pure «come Benotti abbia saputo della nomina di Arcuri a commissario straordinario per l’emergenza Covid, ancora prima della formalizzazione del 18 marzo 2020» e sottolinea anche che «avrebbe, addirittura, partecipato alla predisposizione del decreto di nomina dando dei personali suggerimenti».In effetti, in una chat si legge: «Fra poco esce nomina di Arcuri a commissario… commissario con pieni poteri su emergenza e acquisti».La cricca alla notizia esulta come per un gol della squadra del cuore.Ma a inizio maggio a Palazzo Chigi arriva probabilmente una segnalazione sulla banda del buco e Arcuri interrompe i rapporti con Benotti. Nei mesi successivi il giornalista e i suoi soci provano a tornare alla carica con i loro affari. Soprattutto quando ripartono i contagi.Ma ad agosto, il lobbista, in un momento di sconforto, si sfoga: «Arcuri è impazzito dopo essersi dotato come consigliere dell’ex capo di gabinetto di Graziano Delrio (riferendosi verosimilmente a Mauro Bonaretti). Lui vuole fare il ministro della Ricostruzione. Si crede un tantino più in alto di Nostro Signore». Forse questa è un’esagerazione, ma, di certo, per l’opposizione, ad Arcuri va perdonato tutto.
Pedro Sánchez (Getty Images)
Alpini e Legionari francesi si addestrano all'uso di un drone (Esercito Italiano)
Oltre 100 militari si sono addestrati per 72 ore continuative nell'area montana compresa tra Artesina, Prato Nevoso e Frabosa, nel Cuneese.
Obiettivo dell'esercitazione l'accrescimento della capacità di operare congiuntamente e di svolgere attività tattiche specifiche dell'arma Genio in ambiente montano e in contesto di combattimento.
In particolare, i guastatori alpini del 32° e i genieri della Legione hanno operato per tre giorni in quota, sul filo dei 2000 metri, a temperature sotto lo zero termico, mettendo alla prova le proprie capacità di vivere, muoversi e combattere in montagna.
La «Joint Sapper» ha dato la possibilità ai militari italiani e francesi di condividere tecniche, tattiche e procedure, incrementando il livello di interoperabilità nel quadro della cooperazione internazionale, nella quale si inserisce la brigata da montagna italo-francese designata con l'acronimo inglese NSBNBC (Not Standing Bi-National Brigade Command).
La NSBNBC è un'unità multinazionale, non permanente ma subito impiegabile, basata sulla Brigata alpina Taurinense e sulla 27^ Brigata di fanteria da montagna francese, le cui componenti dell'arma Genio sono rispettivamente costituite dal 32° Reggimento di Fossano e dal 2° Régiment étranger du Génie.
È uno strumento flessibile, mobile, modulare ed espandibile, che può svolgere missioni in ambito Nazioni Unite, NATO e Unione Europea, potendo costituire anche la forza di schieramento iniziale di un contingente più ampio.
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