
Hanno più calorie di un ortaggio, ma molte meno dei cereali. Al forno, al cartoccio, bollite o in insalata: sono una fonte di carboidrati e di vitamine. E soprattutto sono buone.Le mangiamo fritte, al forno, all'insalata, alla brace, baked, ne facciamo gnocchi, pani, gateaux e perfino liquori (l'aquavit nei paesi scandinavi, lo schnapps nella zona austrotedesca, il poteen irlandese, la vodka russa, lo shochu giapponese): sono le patate, alimento considerato umile, ma che, per il suo sapore e la sua consistenza così particolari, si presta a realizzazioni orgogliosamente popolari come estremamente snob. Ormai le patate fanno decisamente parte del nostro dna alimentare e, siccome sono buone, speriamo che continui a essere così. Citiamo la speranza perché di questi tempi le patate, pur essendo il tubero di una pianta erbacea e quindi considerate sostanzialmente un contorno, sono fortemente demonizzate per via dell'alto contenuto di carboidrati rispetto ad altri ortaggi microcalorici come, per dire, il finocchio. Nell'epoca in cui la magrezza anche eccessiva è il canone, quanto, consumato largamente, fa ingrassare, subisce un ripudio: i carboidrati sono spesso evitati in blocco dai maniaci della linea. In realtà, le calorie delle patate sono, per via della forte percentuale di carboidrati, 86 per 100 grammi. Più di un ortaggio, ma molto meno di un cereale. La pasta ne ha 370, il pane 265. Le patate sono, casomai, un ottimo sostituto dei farinacei nel pasto, perché se ne possono mangiare 300 grammi e avere lo stesso apporto calorico di 100 grammi di pane e ben 430 grammi per ottenere la stessa energia di 100 grammi di pasta. Ricordatelo, specie se siete a dieta. La patata, il cui nome scientifico è Solanum tuberosum, appartiene - come da nome - alla famiglia delle solanacee, la stessa di (tra gli altri) pomodori, melanzane, peperoni, peperoncini, tabacco (in tempi di carestia, si fumavano le foglie della pianta di patata al posto di quelle di tabacco). La solanina è una sostanza tossica, un glicoalcaloide contenuto principalmente nelle parti verdi della patata, nelle foglie, nel fusto e nei germogli, che non dobbiamo mai mangiare, e nella buccia soprattutto quando è verde. Vietato, quindi, mangiare patate verdi e patate vecchie e anche conservarle in frigo: dopo la raccolta, l'esposizione del tubero alla luce solare o al freddo per giorni e magari settimane alza il livello di solanina e fa sviluppare anche i germogli (altra solanina). Le patate verdi o vecchie vanno dunque gettate via, quelle fresche vanno conservate al buio, con attenzione che ci sia passaggio d'aria e a temperatura ambiente: una patata di 100 grammi contiene circa 10 mg di solanina, ma una patata verde può arrivare fino a 100 mg per 100 grammi. Perciò è sempre meglio consumarle sbucciate ed è tassativo cuocerle, perché la cottura non elimina ma, almeno, riduce la quota solanacea (e gli antinutrienti presenti nel tubero crudo che possono creare problemi digestivi). La solanina viene prodotta dalla patata allo scopo di difendersi dai parassiti: non dà problemi all'uomo alle bassissime concentrazioni di una patata fresca, ben conservata, sbucciata e cotta, ma ad alte percentuali l'intossicazione può essere pericolosa. Il Bfr tedesco, che si occupa della valutazione dei rischi alimentari, ha allertato proprio pochi mesi fa sulla presenza di solanina nelle patate dopo l'episodio di intossicazione di un'intera famiglia che aveva mangiato un piatto a base di patate e aveva sviluppato febbre, nausea, mal di pancia, vomito. I consigli antisolanina sono gli stessi che abbiamo dato noi, in più il Bfr aggiunge di non riutilizzare l'olio di frittura delle patate, né l'acqua della bollitura, e specifica che «solo pochissimi casi di intossicazione da solanina sono stati riportati e documentati negli ultimi cento anni». A fronte dell'aspetto solanaceo, che con le giuste accortezze si tiene tranquillamente a bada, la patata offre un importante apporto nutrizionale. Mediamente, una patata è composta per il 77% di acqua, il 17,6% di amido, l'1,9% di proteine, l'1,8% di fibre, lo 0,1% di grassi e circa il 2% di altri elementi (vitamine e minerali). I grassi sono praticamente inesistenti, amido e fibre ne fanno - come abbiamo già appurato - un'alternativa più dietetica ai farinacei e in più, rispetto a quelli, la patata contiene vitamina C (per preservarla il più possibile, la cottura migliore è al vapore, con la buccia, da rimuovere dopo la cottura). In una porzione di 200 grammi (peso a crudo), le patate forniscono il 38% di fabbisogno giornaliero di vitamina C, il 63% di vitamina B6, il 35% di acido folico, il 31% di niacina, il 15% di magnesio e il 57% di potassio, nonché il 15% di magnesio.Le patate sono di vari tipi e ognuna si presta a diverse preparazioni: le patate novelle sono il frutto di una prima raccolta, hanno la buccia sottile, sono piccole e sono le uniche adatte a essere cotte e mangiate intere (non sbucciate) al forno. Le patate a pasta gialla, con una polpa più compatta, si fanno fritte, lesse all'insalata, al cartoccio e in forno. Idem quelle a pasta gialla con buccia rossa. Le patate a pasta bianca, invece, sono più farinose e la polpa si può leggermente sfaldare durante la cottura. Perciò sono le patate ideali per preparare gli gnocchi, il purè, il gateau di patate, ossia quei piatti che prevedono l'impasto con altri ingredienti atti a «ristrutturare» una consistenza che questo tipo di patata possiede poco di suo (e la cottura indebolisce ulteriormente). Intendiamoci: queste sono le regole. Nessuno, però, ci vieta di fare il puré o gli gnocchi con le patate a pasta gialla per averli più tonici, né di apprezzare proprio la farinosità della patata bianca in purezza. C'è un popolo che ama tanto proprio la farinosità della patata: sono gli irlandesi, i quali per dire che una patata è buona usano l'espressione «ball of flour», appunto palla di farina. Il rapporto che gli irlandesi intrattengono con le patate è fortissimo, forse equivalente a quello che noi abbiamo con la pizza o la pasta. Un rapporto profondo, anche in senso temporale. Le patate arrivano in Europa verso la fine del XVI secolo, portate dagli spagnoli del condottiero Francisco Pizarro di ritorno dalla Cordigliera delle Ande. Non ebbero immediata e totale diffusione. Storie di intossicazione da solanina con patate mal conservate, il fatto che fossero il cibo propinato a detenuti, soldati e marinai (stanzia nel nostro immaginario la figura del marinaio addetto alla cucina che ne pela quintali per tutta la ciurma, giù in cambusa) e poi addirittura il niet dell'Encyclopédie Française, che le definiva «cibo flatulento», non conferì loro allure: in molte nazioni europee si diffusero solo con il tempo. L'Irlanda, invece, con il suo clima anche assai adatto perché molto umido e fresco, divenne immediatamente una grande coltivatrice e consumatrice di patate, facendone la sua fonte di carboidrati elettiva. E quando la peronospora - una delle varie malattie che possono affliggerne le piantagioni - distrusse interi raccolti nel 1845, la carestia fu talmente micidiale da passare alla storia come Grande Carestia, uccidere un milione di irlandesi e costringerne altrettanti a emigrare negli Stati Uniti. Seamus Heaney, uno dei più importanti poeti irlandesi, in controtendenza con la distanza tipica della poesia contemporanea dalla realtà popolare, ha dedicato un toccante componimento al ricordo del padre che raccoglieva le patate. Si intitola Digging (Scavando) e di Heaney padre dice: «Sradicava alte cime e affondava la lama splendente / per dissotterrare le patate novelle che noi raccoglievamo / amandone la fresca durezza tra le nostre mani». Curiosi sono i nomi di alcune altre malattie della patata, dall'eco romantica ma dall'effetto drammatico. Una si chiama «cuore nero» e no, le patate dal cuore nero non sono le patate preferite da esponenti ed elettori di Casapound, ma quelle con un danneggiamento determinato da conservazione in situazioni troppo asfittiche, una sorta di marcitura interna che, naturalmente, le rende immangiabili. Cuore cavo, invece, è la fisiopatia per cui la patata cresce all'esterno ma non all'interno, dovuta a errori nella concimazione o nell'irrigazione.
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