2021-12-08
Passata l’inflazione saremo affondati da nuove tasse verdi
Bankitalia appoggia l’idea della carbon tax legata alla revisione Iva. Alert sul nuovo Catasto: occhio ai picchi di valore di mercato.Della legge delega al governo sulla riforma fiscale si è occupata anche Bankitalia. È stato diffuso ieri il rendiconto dell’audizione di metà novembre alla Camera. I tecnici della Banca d’Italia si sono dilungati sulla possibilità e necessità di portare avanti un riequilibrio di pressione sui redditi Irpef, Ires e sui redditi riferibili al capitale all’interno di uno schema duale. Altri passaggi su Iva e Irap e poi due chicche. La prima di fatto una excusatio non petita. Bankitalia in merito alla riforma del Catasto scrive chiaramente che la riorganizzazione consentirà di intervenire sul valore patrimoniale, ma che non è prevista una concreta applicazione fiscale. Salvo poche righe dopo sentire la necessità di accendere un alert. L’importante - scrive Bankitalia - è che i picchi dei prezzi di mercato vengano spalmati su medie almeno decennali. Come dire: palese il rischio di una impennata di prelievo da parte dell’Agenzia delle entrate. Ma la vera chicca riguarda l’articolo 4 della delega fiscale. O meglio, riguarda il commento all’articolo 4 e certamente è inconsapevole. Qui si analizzano i criteri direttivi per la razionalizzazione dell’Iva. «Condivisibile», si legge, «è la previsione di rivedere le esistenti forme di tassazione ambientale in modo coerente con le più recenti iniziative europee volte a promuovere la tutela dell’ambiente, riducendo il ricorso alle fonti energetiche più inquinanti e incentivando le rinnovabili». Pur raccomandandosi di fare attenzione all’impatto redistributivo, Bankitalia sposa la linea dell’European green deal e benedice le tasse verdi. In pratica in poche righe viene descritto il futuro che dobbiamo attenderci a partire dal 2023. Dopo aver fatto la traversata nel deserto per affrontare i picchi di inflazione causati dai colli di bottiglia della supply chain mondiale e dalle politiche di transizione ecologica dell’Ue, fra un anno e poco più entrerà in vigore la riforma fiscale e a quel punto le aziende già fiaccate dal caro bollette e in generale dagli astronomici aumenti delle materie prime si troveranno pure a dover assorbire un’altra mazzata fiscale. Vale la pena ricordare che da quasi due anni l’imposta sulla plastica slitta. Per fortuna non è ancora entrata in vigore grazie alle pressioni di chi mira a salvaguardare un grande polo industriale sviluppata soprattutto in Emilia Romagna. Il governo mira a incardinare il percorso d’Aula della riforma prima della fine di gennaio. Prima dell’avvio del voto per il successore di Sergio Mattarella. Una volta messi a terra i decreti attuativi non solo partirà il nuovo Catasto, ma saremo certi che dal 2023 l’Italia adotterà la cosiddetta carbon tax. Non basta l’osceno schema delle imposte sull’emissione della CO2, ci sarà anche la nuova Iva accoppiata, giusto per non farsi mancare nulla, alla revisione delle agevolazioni e delle detrazioni fiscali. Nel frattempo non sarà pronto nemmeno oggi il maxi emendamento di governo mirato a definire i dettagli del fondo da 8 miliardi taglia tasse. Lì ci sarà anche una piccola riserva che sarà destinata a finire nell’importo di compensazione del caro bollette. Il testo sarà pronto forse lunedì. Sono infatti ancora in corso gli incontri bilaterali di relatori alla manovra e governo con i singoli gruppi di maggioranza per gli emendamenti «segnalati». Per questi ultimi è stata superata la soglia concordata di 600 proposte e ce ne sono sul tavolo circa 700, anche se in realtà diversi emendamenti si sovrappongono e quindi sarebbero circa 500 le proposte di modifica sulle quali cercare, almeno nella maggioranza, di arrivare a una scrematura e a una sintesi compatibile con la previsione di spesa disponibile di 600 milioni. Tra questi sembra ampiamente condiviso un intervento su Tosap e Cosap. Gli incontri sui tre macro temi rimasti (oltre al caro bollette, il reddito di cittadinanza e il Sismabonus) si dovrebbero tenere giovedì mattina. Ovviamente tutto gira attorno alle coperture. Solo per l’intervento su Tosap e Cosap una proroga di sei mesi comporterebbe un onere di 150 milioni. La questione non dovrebbe riguardare il reddito di cittadinanza perché, viene riferito, è stato inserito tra i macro temi (su cui non dovrebbero essere presentati emendamenti parlamentari di maggioranza) solo per non modificarlo. Sul resto, i gruppi politici attendono o riformulazioni da parte dei relatori oppure proposte del governo che potrebbero anche confluire in un emendamento omnibus che contenga anche le novità del decreto fiscale. Rischierebbe però di essere un grande pasticcio.