2022-06-16
«Passai da “Sanremo” a lavori umili. Un addio al successo per la famiglia»
L’ex leader dei «Milk and Coffee» Giancarlo Nisi torna col brano «Sogno Ischia»: «Con me in tour, per mia moglie era impossibile crescere tre figli. Non rimpiango di aver rinunciato alla fama. Ma ora son pronto a ripartire».La vita di un artista è costellata di tanti momenti, belli e brutti. La storia di Giancarlo Nisi, leader dei Milk and Coffee dalla metà degli anni Settanta alla metà degli anni Ottanta, è esemplare: una lunga gavetta, una fortunata partecipazione al Festival di Sanremo, il successo internazionale, infine una decisione che taglia in due la sua carriera, ma lo riconcilia con la vita. Adesso si riaffaccia sul palcoscenico con un tormentone estivo, Sogno Ischia. Un sogno di rinascita.Quando ha cominciato a cantare?«Sono nato in borgata, a Roma, zona Alberone. Fin da bambino, mi sono talmente appassionato alla musica che prendevo il manico della pattumiera per trasformarlo nell’asta del microfono. Mi pettinavo i capelli all’indietro, rubavo la matita a mia madre e mi dipingevo i baffetti, poi andavo nella piazzetta sotto casa e cantavo Volare, imitando Modugno!».C’era un pubblico?«Si affacciavano tutti alle finestre, venivano giù e mi regalavano una liquirizia: è stato il mio primo cachet! La passione per la musica era un fatto di Dna perché papà suonava nelle sagre nelle Marche e mia madre, da buona romagnola, cantava i brani della sua terra».Come ha coltivato questa passione?«Ho formato sui banchi di scuola il mio primo complessino, in piena epoca Beatles, ma non mi potevo permettere né gli stivaletti con l’elastico né i capelli lunghi perché mio padre mi picchiava se mi facevo crescere i capelli! Il gruppo si chiamava The Spiders, I ragni, abbiamo partecipato a Canta Lazio e abbiamo suonato nelle feste di piazza e nei locali nati sull’onda del Piper. Si suonava alle cinque del pomeriggio. Ci pagavano 5.000 lire!».Quando ha cominciato a scrivere canzoni sue?«Ho avuto come un’illuminazione. Il giorno della partenza per il militare, alla stazione Termini, a mio padre, quell’uomo forte, gli è scesa una lacrima dagli occhi. Questo episodio mi ha dato lo spunto di scrivere una canzone che tengo per me e faccio sentire solo agli amici e ai figli».Ha un titolo?«Una storia comune. Mi è uscita di getto, la musica e il testo, come per incanto. In quel momento mi sono scoperto compositore. Durante la naja ho cominciato a scrivere dei brani e ho continuato anche dopo. Un giorno un amico di mio padre, lo sceneggiatore Mario Casacci, che scriveva con Alberto Ciambricco i gialli televisivi del tenente Sheridan, mi ha portato a fare un provino, chitarra e voce, alla Cbs. Ho fatto ascoltare alcuni brani al direttore artistico, il quale alla fine mi ha detto: “Ma lei che cosa vuole fare?”. “Vorrei fare il cantautore”. “Ah, vuole fare il cantautore? Sa che ci sono tanti mestieri da fare all’età sua?”. Mi ha bocciato, la mia prima bastonata. In più un’altra casa discografica mi aveva promesso, con tanto di contratto, che avrebbe pubblicato un mio disco, invece la cosa non è andata in porto».Un’altra delusione…«La casa discografica era la stessa de I Santo California che stavano avendo un successo strepitoso con Tornerò. Uno degli autori era Claudio Natili de I Romans, che era anche un produttore. Allora mi sono detto: “Questo Natili lo devo rintracciare!”. Sono andato dalla portiera dello stabile dove c’era la casa discografica e le ho chiesto: “Lei conosce Claudio Natili?”. «Come no. Chiedo il numero alla casa discografica e glielo do». Sono passato dopo alcuni giorni e lei mi ha dato il numero di Natili. L’ho chiamato: “Io sono un cantante, scrivo canzoni…”. Gli ho parlato del disco e lui mi ha detto: «Vengo a trovarti a casa tua». Ho pensato: “Ma chi è questo? Un angelo venuto dal cielo?”». Com’è andata con lui?«Claudio portava i capelli molto lunghi e quando mio padre lo ha visto ha esclamato: “Chi è questo capellone?”. Nella mia cameretta gli ho fatto sentire vari brani, tra i quali Coniglietto. Claudio mi ha detto: “Questa mi piace tanto, la incidiamo noi de I Romans, sei contento?”. “Mamma mia! Veramente?”. È arrivata ai primi posti della Hit Parade di Lelio Luttazzi. Siccome quando finiva il programma nominavano gli autori della canzone, Coniglietto di Polizzi-Natili-Nisi, aspettavo che pronunciassero il mio cognome per festeggiare con mia madre e mio padre! E pensare che era una delle canzoni scartate dal direttore della Cbs!».Così finalmente è entrato nel mondo della musica.«È nata una collaborazione con I Romans e ho cominciato a scrivere canzoni per loro. Frequentavano Gianni Boncompagni, che all’epoca produceva Raffaella Carrà. A un certo punto Boncompagni ha detto a Natili: «Dobbiamo fare un supergruppo, tre uomini e tre donne». Aveva in mente di creare un gruppo tipo i Village People, ma anche con le cantanti. Lo stesso Boncompagni ci ha fatto una ripresa con la telecamera mentre cantavamo e ballavamo. Dopo tre-quattro giorni mi ha chiamato Claudio: “Gianni i ragazzi non li vuole, vuole solo le tre donne”. Un’altra mazzata!».Da qui sono nati i Milk and Coffee…«Boncompagni voleva produrre queste tre ragazze, Corinne Testa, Morena Rosini e Yvonne Harlow, la nipote di Jean Harlow, poi però non ha fatto nulla. Natili è stato interpellato da un regista squattrinato, Emimmo Salvi, che stava girando Pugni dollari & spinaci, e insieme a Ignazio Polizzi e Silvio Subelli ha formato il gruppo con me e le tre ragazze per cantare due brani della colonna sonora. Yvonne è tornata subito a Londra ed è stata sostituita da Florence Cavaliere. Era l’epoca della disco-music e noi ci siamo lanciati in questo genere. Non era il mio habitat naturale perché io nasco cantautore, però era una bella occasione». Il film non ha avuto alcuna notorietà…«È stato un flop totale, però Boncompagni si è innamorato del gruppo e ci ha invitato a Discoring con una delle due canzoni, Goodbye San Francisco, poi un’altra, Lady Blu, è diventata la sigla di Alto gradimento, il programma condotto da lui e Renzo Arbore». Com’è nata l’occasione di andare al festival di Sanremo nel 1982?«Abbiamo partecipato al Festival di Viña del Mar, in Cile, con Umberto Tozzi, John Travolta, Gloria Gaynor, The Stylistics e Neal Sedaka, che ci ha aperto le porte di tutto il Sudamerica. A Buenos Aires, io e Natili eravamo nella nostra stanza d’albergo al fresco, mentre fuori faceva un caldo terribile. Ho preso la chitarra, ho cominciato a strimpellare un motivetto e Claudio ha esclamato: “Bella questa!”. Ci siamo messi insieme a comporre le strofe e il ritornello in un inglese maccheronico. Tornati in Italia, Polizzi e Subelli hanno scritto il testo in italiano, mentre la musica era mia e di Claudio. Così è nata Quando incontri l’amore. Abbiamo fatto un bel provino da Boncompagni e lo abbiamo fatto sentire a Gianni Ravera, patron del festival, al quale è piaciuto tantissimo». Era un brano completamente diverso dai precedenti.«Con la disco-music non c’entrava nulla. Avevamo paura. Alle prove del pomeriggio alcuni giornalisti ci davano per vincitori perché le nostre quattro voci erano ben armonizzate, invece poi ha vinto Riccardo Fogli. L’unico rammarico che ho di quel Sanremo è di non aver cantato live con l’orchestra». Com’è proseguita la carriera dei Milk and Coffee? «Dopo Sanremo abbiamo fatto la bellezza di cento serate, siamo stati di nuovo in Sudamerica e siamo andati fortissimi in Francia. A mente fredda, forse abbiamo sbagliato il brano dopo Quando incontri l’amore, nel senso che dovevamo proporre una canzone più forte per mantenerci a certi livelli. Invece L’amore viene e va era un po’ leggerina. Quando cantavamo in inglese, ci chiamavano gli Abba italiani o i Boney M., passando a cantare in italiano, ci prendevano un po’ per una copia dei Ricchi e Poveri e questo ci ha penalizzato». Nel 1986 ha lasciato il gruppo.«Andavamo spesso all’estero e io avevo tre figli piccoli, che mia moglie doveva crescere da sola, poi una delle mie figlie ha avuto un problema di salute e non sapevamo che cosa avesse. Mi sono detto: “Non posso abbandonare la famiglia». Ero consapevole che avrei gettato via tutto quello che avevo fatto in quegli anni, tanta anticamera, tanti sacrifici, però in quel momento era necessario prendere una decisione drastica e quindi ho rinunciato alla carriera e alla fama per stare vicino a loro». Che lavori ha fatto in quel periodo?«Mi sono dovuto adattare a lavori anche umili, di cui non provo vergogna perché quando uno si dà da fare onestamente non si deve mai vergognare. È chiaro che se pensi: «Sei andato a Sanremo e poi ti sei messo a fare il pittore…». Andavo a dipingere le pareti e le finestre, poi ho fatto il rappresentante di cartoleria. Grazie a Dio e alla fede abbiamo superato quei momenti difficili e l’allora bambina è diventata mamma e ci ha regalato due splendidi nipotini, Daniele e Diletta. Questo mi ha dato la forza e l’entusiasmo di rimettermi in gioco come artista. Ho ricominciato a esibirmi con un gruppo, gli Epoca, che ripropone brani beat, e ho appena inciso un brano Sogno Ischia, che sto promuovendo». Com’è nata questa canzone?«È stata un’intuizione di Alberto Zeppieri, un autore che ha scritto per Ornella Vanoni, Patty Pravo, Massimo Ranieri. Lui vive sei mesi in Friuli e sei mesi al caldo di Capo Verde. Stando lì, ha sentito un tormentone, una sorta di reggaeton di due pescatori, che ha avuto un successo incredibile, lo ballavano pure i sassi. Quando è tornato in Italia, mi ha detto: “Perché non facciamo un brano sulla falsariga di questo?”. Così è nata Sogno Ischia in omaggio a una delle perle italiane, amata in tutto il mondo. Sto anche preparando uno spettacolo dedicato agli anni Ottanta, un periodo da riscoprire musicalmente. Faccio tutto con molto serenità d’animo perché la cosa principale era risolvere il mio problema familiare. Adesso sono pronto a ripartire».
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