2023-04-03
Pasqualina e le altre: con le torte salate la primavera va a tavola
Anche prima della Resurrezione di Cristo era abitudine regalare uova a fine inverno: di qui lo sviluppo di questi tipici piatti festivi, adatti per il pranzo in famiglia o i picnic.Abbiamo visto l’anno scorso, in occasione del pezzo sull’uovo di Pasqua, come l’uovo di cioccolato tipicamente pasquale trovi la sua origine nell’uovo vero. L’uovo di Pasqua è un’istituzione del cibo pasquale al pari della colomba. La simbologia si è estesa all’uovo di cioccolato, ma prima di questo passaggio ciò che oggi facciamo rappresentare all’uovo di cioccolato era simboleggiato dall’uovo di gallina. Non solo dal cristianesimo in poi. Prima della cristianità, l’uovo era simbolo cosmogonico in India, Africa, America ed Europa antiche. Poi, iniziò a rappresentare questioni più «piccole», come la rinascita della natura in primavera. Con questo significato, si donavano le uova di gallina a fine inverno già in epoca pre cristiana. Poi, la cristianità adattò la simbologia a significare anche la Resurrezione di Gesù. In Mesopotania i primi cristiani coloravano con erbe le uova di rosso in ricordo del sangue versato da Gesù sulla croce. Ancora nel Medioevo, per la festa della Resurrezione ossia la Pasqua si donavano uova di gallina, magari decorate. Poi, col passare del tempo e, con esso, con l’uovo preziosissimo di Fabergé contenente un dono, poi il consumismo, la civiltà dell’abbondanza, la rivisitazione di usanze e ricette e la laicizzazione di festività in precedenza religiose o la semplice evoluzione di tradizioni storiche, quelle uova di gallina sono diventate le odierne di cioccolato con sorpresa. Se i cristiani a Pasqua festeggiano la Resurrezione, chi non crede celebra solo la rinascita primaverile: l’uovo non simboleggia il divino perpetuarsi della vita di Gesù ma l’involucro di un regalo. Proprio per questa radicata tradizione millenaria del donare uova a inizio primavera, esistono tutta una serie di preparazioni culinarie che contemplano la presenza dell’uovo. Dolci, certo, ma anche salate. Anche per il fatto, estraneo a simbologie religiose o del semplice ciclo naturale, che le galline in primavera iniziano a depositare più uova rispetto all’inverno appena finito, la storia della nostra cucina mostra come le uova finiscano non sono solo sode nella colazione salata della Pasqua o il picnic della Pasquetta, ma anche intere oppure come ingrediente in molte torte salate. La più nota delle torte salate di Pasqua è certamente la Torta pasqualina. P.A.T. cioè Prodotto Agroalimentare Tradizionale della Regione Liguria, la Torta pasqualina è una torta ripiena tipica del Genovesato e di Borgotaro. Presenta ingredienti tipici dei pasti festivi, da ricorrenza, ingredienti opulenti come il formaggio e le uova, che sono anche ingredienti tipici del periodo primaverile, insieme a cipolline novelle ed erbette. Oltreché del periodo pasquale, anch’esso riflesso nella torta: le sottilissime sfoglie delle versioni antiche erano 33, come gli anni di Cristo morto e poi risorto. Citate nel XVI secolo da Ortensio Lando nel Catalogo delli inventori delle cose che si mangiano et si bevano, le antenate delle Torte pasqualina si chiamavano anche gattafura perché «le gatte volentieri le furano et vaghe ne sono». Insomma, erano e sono ancora tutti matti per questa squisita torta fatta di sfoglie di un impasto di acqua, farina, sale e olio, sfoglie che, poste una sull’altra intervallate da una spennellata di olio, compongono il fondo e la copertura. Risalgono al XIX secolo testimonianze di 27 sfoglie, 10 per il fondo e 17 per la copertura. Nel ripieno abbiamo bietole o altro tipo di erbette, cipolline, uova sbattute, maggiorana, formaggio grattugiato, tocchetti di quagliata (è il formaggio tipico ligure, la prescinsêua) scolata e poi uova intere (senza guscio, fatte cadere dentro incavi praticati nel ripieno) che, cotte in forno, diverranno rapprese/sode. Se la torta non si compone a strati di verdure, cagliata e uova, ma questi ingredienti si mescolano tutti insieme, allora la torta non si chiama Torta pasqualina ma Torta cappuccina. Si prepara la Torta pasqualina anche fuori dall’area genovese, per esempio a Ventimiglia, dove si impiegano erbe campestri come caccialepre, ortica, allattalepre e songino. Dal nord balziamo al sud, per osservare come uova sode o meglio rassodate dalla cottura in forno sono anche il «marchio di fabbrica» del Casatiello e del Tortano, altre due torte salate tipiche del periodo pasquale campano. Il Casatiello, inventato - pare - ad Arzano, si prepara con farina, sugna o strutto, salumi, ciccioli (residui della preparazione della sugna), uova e formaggio pecorino. Il nome casatiello, infatti, deriva da caso ossia formaggio. È un pane salato molto simile al Tortano, le differenze però sono precise. Nel Casatiello le uova sono già sode e messe a tocchetti nell’impasto e poi, intere, con tutto il guscio e crude, sono posizionate in cima e ricoperte con fettucce di impasto disposte a croce sopra ogni uovo. L’abbinata di questi pani coi salumi, i formaggi e le uova sode è un grandissimo classico della Pasqua nello Stivale. Dal sud, ora, zompiamo al centro. Tipica delle Marche, ma estesa in tutto il centro (si trova in tutti i supermercati romani), è la Crescia di Pasqua anche detta Torta di Pasqua o Torta al formaggio, Pizza de cacio o Crescia brusca o Ciaccia col formaggio o Pizza di Pasqua. Si tratta di un pane alto e morbido, che si mangia a Pasqua a colazione con ciauscolo o salame corallina e uova sode oppure nel picnic di Pasquetta, sempre come pane di un companatico fatto di salumi, formaggi & Co. Oggi presenta sempre più spesso una forma cilindrica con cupola, a panettone, ma la Crescia di Pasqua marchigiana andrebbe fatta lievitare e cuocere nell’apposito tegame a forma conica, che gli dà un aspetto finale molto diverso da quello del panettone. In passato era di coccio, oggi è di alluminio, con manici, ha diametro di 20 cm al fondo e un po’ di più in alto (è la forma conica) e si chiama pentola caldaia. Questa Pizza di Pasqua al formaggio è un prodotto tipicamente marchigiano, infatti si chiama Crescia di Pasqua per differenziarla dalla squisita crescia sfogliata di cui abbiamo scritto nel numero de La Verità del 6 febbraio 2019 dedicato ai «pani nani». La crescia di Pasqua è P.A.T. dell’Umbria, dove per la precisione si chiama Torta al formaggio o di Pasqua. Esiste anche una variante dolce, ma provate assolutamente quella salata durante la Pasqua che sta per arrivare, compratela o fatela voi con la ricetta che vi diamo nel box. Laddove si chiami «pizza di Pasqua», non si deve pensare alla pizza mozzarella e pomodoro. Questa è l’accezione della parola creduta unica ad esistere da molti da quando la pizza è diventata un piatto nazionale, ma nel latino del Medioevo col termine pizza si intendeva una focaccia, dolce o salata, piena o ripiena, ben più alta della pizza in senso stretto. «Il termine piza nel latino medievale è attestato per la prima volta nel 966 a Napoli e nel 997 a Gaeta, e veniva usato anche per designare cibi cerimoniali cucinati per la Pasqua come le pizze pasquali», spiega Wikipedia. O preparazioni simili, come la Pizza di Ricotta. La crescia di Pasqua marchigiana nasce in epoca medievale per mano delle monache del monastero anconetano di Santa Maria Maddalena di Serra de’ Conti. Le notizie più antiche si trovano nel ricettario scritto dalle monache e risalente al 1848, intitolato Memorie delle cresce di Pasqua fatte nel 1848. Antichi ricettari ottocenteschi riportano questa ricetta: «Per 3 cresce, e una per il Padre confessore, ci vuole farina 16 libbre, un mezzo di latte, ova 40, 3 oncie di sale, pepe, un’oncia e mezza grassa, 3 libbre di formaggio secco e 8 fresco, compreso con gli occhi, 2 fogliette d’olio, e mezzo Paolo di zafferano buono, e questa dose basta per 24 persone e il P. Confessore». Le 40 uova previste in questa ricetta dovevano ricordare i 40 giorni di quaresima. La ricetta riportata nelle Memorie delle cresce di Pasqua fatte nel 1848, invece, indica: «Farina 50 libre, formaggio vecchio grattato 10 libre, formaggio fresco a giudizio, latte 3 boccale e mezzo, olio 4 libre e mezzo, ovi quanti ne abbisogna, sale 1 libra e 3 oncie, pepe 3 oncie». Gli ingredienti della Crescia di Pasqua marchigiana sono farina, uova, pecorino romano o parmigiano reggiano (o grana padano) grattugiato, pecorino a tocchetti che fondendosi creerà gli «occhi», olio extra vergine di oliva, lievito naturale, latte, sale e pepe. In alcune versioni si aggiunge zafferano, qualcuno usa altri formaggi, c’è chi mette lo strutto e non l’olio, ma insomma, siamo lì. Questa squisita pizza di Pasqua secondo tradizione si prepara Giovedì o Venerdì santo e si lascia riposare fino a Pasqua, in passato si portava a benedire in chiesa, come si faceva anche con le uova da far poi sode. Un piccolo consiglio dietetico: soprattutto se usate queste ricchissime torte salate per il picnic di Pasquetta, fatele precedere da un’insalata. Una ricerca della Pennysilvania State University ha dimostrato che mangiando un’insalata di lattuga o simili prima di un pasto con un importante apporto di carboidrati, grassi e proteine, come è quello di queste torte, diminuisce leggermente l’apporto calorico del pasto.