2018-12-07
Parli di famiglia? Sei un omofobo. L’attacco Lgbt al Festival di Trento
La manifestazione, che oggi ospiterà il leghista Simone Pillon, presa di mira perché utilizza il termine al singolare. «È oppressione eteropatriarcale». Intanto Repubblica la spara: «Il governo ce l'ha con donne e bambini».Presto dovremo aggiungere un altro termine alla lista delle parole proibite, quelle che basta pronunciarle e immediatamente diventi un pericoloso reazionario con il cappellone da puritano in testa. La parola in questione è «famiglia». L'asticella si è abbassata ulteriormente: prima, per farsi guardare di sbieco, bisognava citare per lo meno la «famiglia naturale». Adesso è sufficiente scandire «famiglia», al singolare. Subito ti rimproverano: bisogna dire «famiglie», al plurale. Utilizzare il singolare è «discriminatorio», roba da primitivi. A Trento, fino a domenica, si tiene la settima edizione del Festival della famiglia (al singolare). Nemmeno il tempo di cominciare, e subito sono piovute proteste e improperi. Un folto gruppo di associazioni femministe e arcobaleno ha iniziato a dare battaglia. Non una di meno, Collettivo transfemminista queer, Arcigay, Agedo, I sentinelli, Famiglie arcobaleno, Se non ora quando, Lila, persino i Laici trentini per i diritti civili: tutti insieme appassionatamente hanno deciso di scendere in piazza. Non si sono limitati a contestare il festival. No, hanno organizzato un Contro festival delle famiglie (al plurale). La pantomima andrà in scena oggi, in occasione della presenza a Trento di Simone Pillon, il leghista autore del disegno di legge sull'affido condiviso, una delle proposte che più disturbano i bravi progressisti italici. «L'intento», spiegano le associazioni, «è quello di rivendicare i nostri ed i diritti di tutte quelle famiglie che decidono di non riconoscersi nel modello unico etero-patriarcale e di farlo portando in piazza i nostri corpi liberi e autodeterminati e le nostre idee. Vogliamo una piazza che possa esprimere pacificamente ma a a gran voce il nostro dissenso e dia forma e parola alla nostra idea di famiglie: plurali, dalle molte forme, che rifiutano gli stereotipi e l'oppressione dell'eteropatriarcato». Ah, la buona vecchia oppressione dell'eteropatriarcato. Ti svegli la mattina e senti un peso sullo stomaco, ma non sono i peperoni della sera prima: è l'oppressione eteropatriarcale. Oppressi o meno, gli attivisti arcobaleno sono piuttosto battaglieri. La questura di Trento ha autorizzato il loro contro festival, ma a una condizione: che non siano utilizzate attrezzature per l'amplificazione (casse, megafoni eccetera). La ragione è chiara: già scendi in piazza per contestare un evento altrui, almeno abbi la decenza di non disturbarlo del tutto facendo un baccano infernale. Le associazioni non l'hanno presa bene. Ribadiscono che loro combatteranno in nome dei «valori di antifascismo, antisessimo, antirazzismo e anti-omobitransnegatività». Al di là delle facili ironie, l'atteggiamento di questi militanti è emblematico. In Italia si organizzano manifestazioni Lgbt a profusione. Gay pride, festival cinematografici e letterari, mostre, spettacoli teatrali, addirittura progetti per le scuole. Spesso, fra l'altro, sono le istituzioni a pagare. Se qualcuno si lamenta o osa criticare, scatta l'accusa: «Omofobo, fascista!». Gli eventi arcobaleno nemmeno si possono sfiorare. Ma se si organizza un Festival della famiglia, ah beh, in quel caso ogni attacco è concesso. Bisogna combattere gli «eteropatriarcali», bisogna contestare Pillon, il ministro Lorenzo Fontana e tutti i loro perfidi adepti, colpevoli di parlare della «famiglia» e non delle «famiglie». Se usi il termine «famiglia» vai bastonato a prescindere. Pensate che stiamo esagerando? Date un'occhiata al modo in cui una larga fetta del mondo progressista ha accolto alcuni provvedimenti contenuti nella manovra. Ieri, in prima pagina su Repubblica, Maria Novella De Luca ha scritto che questo governo «punisce le donne» e penalizza i bambini. Essi sarebbero «vittime collaterali di un governo sovranista-familista che innalza sul podio una ipotetica e inesistente “famiglia naturale" per poi affondare, invece, la famiglia reale». Di nuovo, e prima di tutto, è il riferimento alla famiglia a infastidire i sinceri democratici. Per quale motivo, secondo Repubblica, l'esecutivo odia donne e bambini? Intanto perché, nella manovra, sono contenute alcune novità. La prima è che le future mamme potranno restare al lavoro fino al nono mese di gravidanza. Potranno, non dovranno. E solo con l'approvazione del medico. Sul tema è intervenuta pure la Cgil, secondo cui la misura danneggerà le lavoratrici precarie. Curioso. Se una donna - che magari lavora a partita Iva - se la sente di lavorare fino al nono mese, perché bisogna impedirglielo? Dov'è il danno nel concedere a una madre di usufruire dei cinque mesi di congedo obbligatorio dopo la nascita del figlio? In questo modo, chi se la sente può ottenere due mesi in più da spendere con il neonato. È buonsenso, ma pur di attaccare il governo «familista» si pretende di limitare la libertà femminile. Ovviamente la Cgil e Repubblica fingono di non conoscere le altre novità della manovra. Ad esempio l'aumento del congedo per i padri, che diventa di cinque giorni: non tantissimi, ma uno in più di prima. È comunque un passo avanti, specie se si considera che i governi precedenti pensavano di ridurlo a due. Inoltre, c'è un aumento del bonus per l'asilo nido, che passa da 1.000 a 1.500 euro. Tutto ciò danneggia la famiglia? Non scherziamo. Ah, certo: Repubblica sostiene che il governo odi i bambini perché avrebbe tagliato i fondi agli orfani dei femminicidi. La realtà è un po' diversa: non è stato approvato un emendamento presentato da Mara Carfagna che prevedeva di stanziare 10 milioni di euro per il fondo destinato agli orfani dei femminicidi (circa 1.600 in Italia). La manovra 2017 aveva già stanziato 7,5 milioni fino al 2020 per tale fondo. Dunque un po' di soldi ci sono. Inoltre, il governo è al lavoro per ridefinire il fondo per le vittime di mafia e di reati violenti (Salvini, per altro, ha fatto sapere che l'emendamento della Carfagna sarà riconsiderato a breve). Insomma, anche questa polemica appare un po' pretestuosa.Ma non stupisce. Il vero problema sappiamo quale sia: l'esecutivo dice di volere difendere «la famiglia». E questo proprio non si può accettare.