2022-11-30
Dal Papa no al radicalismo puritano che impone il rifiuto del dissenziente
Papa Francesco (Getty Images)
Jorge Maria Bergoglio prende le distanze dal furente gnosticismo. Indica la via che consente di sfuggire al totalitarismo dolce contemporaneo. Si schiera contro la polarizzazione di società e politica: «Non è cattolica ed è divisiva». Il costante e spesso mistificatorio sfruttamento mediatico che si fa delle parole di papa Francesco impedisce talvolta di cogliere alcune perle minute del suo pensiero, le quali tuttavia forniscono spunti illuminanti. Una di queste il Pontefice l’ha depositata qualche giorno fa durante la lunga conversazione condotta con alcuni giornalisti statunitensi, che lo hanno interrogato a proposito della forte (e a tratti feroce) «polarizzazione» della società e della politica americana. Le risposta che il Papa ha fornito è probabilmente una delle più interessanti analisi politiche udite negli ultimi anni.«La polarizzazione non è cattolica. Un cattolico non può pensare aut-aut e ridurre tutto alla polarizzazione. L’essenza di ciò che è cattolico è et-et. Il cattolico unisce il bene e il non tanto bene», ha detto Francesco. «Il popolo di Dio è uno solo. Quando c’è polarizzazione, entra una mentalità divisiva che privilegia alcuni e lascia indietro altri. […] Lo Spirito Santo nella Chiesa non riduce tutto a un unico valore, ma crea l’armonia tra le differenze degli opposti. E questo è lo spirito cattolico. Più c’è armonia tra le differenze e gli opposti, più è cattolico. Più ci si polarizza, più si perde lo spirito cattolico e si cade in spiriti settari. Questo non è mio, ma lo ripeto: ciò che cattolico non è aut-aut, ma è et-et, sommando le differenze. Ed è così il modo cattolico di affrontare il peccato, che non è puritano».In un colpo solo, Francesco ha identificato il grande dramma dei nostri tempi e ne ha indicato con precisione l’origine. La polarizzazione è, precisamente, il flagello che ha funestato la società italiana negli ultimi due anni, e che continua a funestarla. Non si tratta semplicemente dell’antica tendenza alla divisione fra guelfi e ghibellini, ma di qualcosa di nuovo, di più moderno e importato, e che in effetti non riguarda soltanto noi ma l’intero Occidente. In parole povere, non si tratta di banale tifo calcistico per la propria fazione: la polarizzazione attuale postula l’esistenza di un Bene assoluto che si deve per forza contrapporre a un Male altrettanto assoluto. E non è affatto un caso che il Papa citi il puritanesimo, perché è proprio da questa versione protestante e specificamente anglosassone del cristianesimo che scaturisce l’attuale battaglia ideologica.Come spiegò Luciano Pellicani, già il calvinismo aveva come programma politico quello di «stabilire il regno di Dio in terra». Il settarismo puritano si spinse oltre: «I puritani radicalizzarono l’attivismo calvinista ed elevarono la politica al rango di piano della salvezza collettiva, identificandola con la metodica riplasmazione dell’esistente secondo un disegno intelligibile solo a pochi eletti: “i santi”». Nella visione puritana, il mondo avrebbe dovuto essere ridisegnato per giungere alla creazione di una «società affratellata dalla Vera Fede e diretta da una “élite divina chiamata per decreto provvidenziale al governo e al completamento della Riforma nel mondo e in Patria”».In tale concezione religiosa risiedono le fondamenta dell’attuale pensiero liberal-progressista, che negli Stati Uniti ha assunto le sembianze estreme dell’ideologia cosiddetta Woke, laddove Woke sta appunto per «risvegliati», cioè persone in qualche modo «illuminate», in possesso della conoscenza gnostica della vera fede. Se la schiera degli eletti è in possesso delle chiavi per entrare nel Paradiso terrestre, è evidente che chiunque ne ostacoli l’avanzata dev’essere per necessità malvagio, disturbato, deviato. Malato di mente è infatti chi critica gli eccessi dell’attivismo arcobaleno. Disturbato (tanto che da qualche parte, ad esempio in Ontario, si consiglia di trattarlo come paziente psichiatrico) è chi rifiuta di sottoporsi alla vaccinazione. Malvagio è immancabilmente il «Fascista» e il «Razzista» che si oppone all’immigrazione di massa. All’interno di questo corto orizzonte settario, il dialogo non esiste più, il confronto è annichilito. Il dissenso non è tollerato perché il malvagio o il pazzo non possono godere dello stesso status del Buono e del Giusto. Non sorprende, dunque, che oggi si metta in atto la sistematica patologizzazione del dissenziente o più in generale dell’avversario politico. A tale proposito è istruttiva la lettura dell’ultimo numero di Mind, supplemento della rivista Le Scienze, dedicato all’autoritarismo. Sfogliandolo si trovano vari articoli di illustri psicologi di livello internazionale come Laurent Bègue-Shankland, secondo cui «derive nazionaliste, pulsioni identitarie, settarismi, comunitarismi» non sono altro che prodotti di «un pregiudizio annidato da millenni nel nostro cervello che ci spinge a privilegiare i membri del nostro gruppo a spese di altri». Dove conduca il ragionamento è chiaro: per prima cosa si stabilisce una sovrapposizione fra posizioni destrorse e autoritarismo. Poi si spiega che visioni politiche del tutto legittime come il nazionalismo e il comunitarismo sono in realtà frutto di un processo mentale storto. Un processo che, tramite appropriata cura, si può eventualmente raddrizzare. In un lampo, la patologizzazione è servita.Lo svilimento e la disumanizzazione del dissenziente sono i frutti marci della polarizzazione di cui parla Francesco. Bene assoluto contro Male assoluto, Puro contro Impuro. Già Jean Guitton aveva rintracciato in questa contrapposizione l’influenza della setta ereticale albigese, e il Papa - nel suo splendido elogio delle sfumature - sembra ricalcarne le orme.A ben vedere, la via che Bergoglio indica, ovvero la presa di distanza del furente gnosticismo rivoluzionario, è l’unica che consenta di sfuggire al totalitarismo dolce contemporaneo. Contemplare l’impurità significa anche aprirsi all’altro, rispettare la differenza, accettare la diversità. L’alternativa è il radicalismo di matrice puritana, che può condurre in un solo luogo: la piazza in cui si mettono al rogo gli eretici.
A condurre, il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin. In apertura, Belpietro ha ricordato come la guerra in Ucraina e lo stop al gas russo deciso dall’Europa abbiano reso evidenti i costi e le difficoltà per famiglie e imprese. Su queste basi si è sviluppato il confronto con Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, società con 70 anni di storia e oggi attore nazionale nel settore energetico.
Cecconato ha sottolineato la centralità del gas come elemento abilitante della transizione. «In questo periodo storico - ha osservato - il gas resta indispensabile per garantire sicurezza energetica. L’Italia, divenuta hub europeo, ha diversificato gli approvvigionamenti guardando a Libia, Azerbaijan e trasporto via nave». Il presidente ha poi evidenziato come la domanda interna nel 2025 sia attesa in crescita del 5% e come le alternative rinnovabili, pur in espansione, presentino limiti di intermittenza. Le infrastrutture esistenti, ha spiegato, potranno in futuro ospitare idrogeno o altri gas, ma serviranno ingenti investimenti. Sul nucleare ha precisato: «Può assicurare stabilità, ma non è una soluzione immediata perché richiede tempi di programmazione lunghi».
La seconda parte del panel è stata guidata da Giuliano Zulin, che ha aperto il confronto con le testimonianze di Maria Cristina Papetti e Maria Rosaria Guarniere. Papetti ha definito la transizione «un ossimoro» dal punto di vista industriale: da un lato la domanda mondiale di energia è destinata a crescere, dall’altro la comunità internazionale ha fissato obiettivi di decarbonizzazione. «Negli ultimi quindici anni - ha spiegato - c’è stata un’esplosione delle rinnovabili. Enel è stata tra i pionieri e in soli tre anni abbiamo portato la quota di rinnovabili nel nostro energy mix dal 75% all’85%. È tanto, ma non basta».
Collegata da remoto, Guarniere ha descritto l’impegno di Terna per adeguare la rete elettrica italiana. «Il nostro piano di sviluppo - ha detto - prevede oltre 23 miliardi di investimenti in dieci anni per accompagnare la decarbonizzazione. Puntiamo a rafforzare la capacità di scambio con l’estero con un incremento del 40%, così da garantire maggiore sicurezza ed efficienza». Papetti è tornata poi sul tema della stabilità: «Non basta produrre energia verde, serve una distribuzione intelligente. Dobbiamo lavorare su reti smart e predittive, integrate con sistemi di accumulo e strumenti digitali come il digital twin, in grado di monitorare e anticipare l’andamento della rete».
Il panel si è chiuso con un messaggio condiviso: la transizione non può prescindere da un mix equilibrato di gas, rinnovabili e nuove tecnologie, sostenuto da investimenti su reti e infrastrutture. L’Italia ha l’opportunità di diventare un vero hub energetico europeo, a patto di affrontare con decisione le sfide della sicurezza e dell’innovazione.
Continua a leggereRiduci
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)