2025-04-23
Il porno-teologo Tucho, la suora Lgbt. Chi sono i «miracolati» di Francesco
Victor Manuel Fernandez (Imagoeconomica)
Nel cerchio magico del Pontificato, il prefetto delle benedizioni gay; il gesuita arcobaleno padre James Martin e quello pro migranti, Antonio Spadaro; il cardinale accusato di molestie e il vescovo condannato ma «graziato» dal Vaticano.Ogni Papa è un uomo e ogni uomo al comando ha un cerchio magico. In quello di Francesco non sono finiti sempre i teologi più raffinati, gli amministratori più oculati e i pastori più prudenti.Il personaggio forse più influente, così in sintonia con il principale da essere collocato, nel 2023, a capo del cruciale Dicastero per la dottrina della fede, è il cardinale Víctor Manuel Fernández, detto Tucho. Argentino come il defunto Jorge Mario Bergoglio, è stato il principale artefice del pasticcio sulle benedizioni gay: quella che doveva essere una storica apertura, tale da ribaltare la posizione del Sant’Uffizio espressa già nel 2000 da Joseph Ratzinger, si è trasformata in una specie di rituale di serie B, con la richiesta che il gesto non venisse compiuto «in un posto importante dell’edificio sacro o di fronte all’altare» e durasse al massimo «10 o 15 secondi». Il contentino Lgbt ha innescato la rivolta dei vescovi di mezzo mondo, a cominciare dalla Chiesa africana. Nei trascorsi sudamericani del porporato, peraltro, si annoverava una pruriginosa pubblicazione sulla Passione mistica, nella quale lo studioso si era spinto a descrivere una sorta di incontro erotico tra una adolescente e il Cristo («Accarezzo le tue labbra e in un impulso di tenerezza inaudita mi permetti di baciarle dolcemente»). «Un libro di gioventù che certamente non scriverei adesso», aveva tagliato corto il porno-teologo, una volta che quelle righe erano state riportate alla luce.L’ultimo Pontificato ha consacrato anche la figura di Andrea Tornielli, già vaticanista della Stampa, nominato, nel 2018, direttore editoriale dei media della Santa Sede. A proposito di cerchi magici, il giornalista vantava una carriera da maghetto per bambini prima e da mentalista poi. Le abilità di prestigiatore gli sono di sicuro servite per coordinare gli organi d’informazione d’Oltretevere, avendo dovuto gestire le uscite di un Papa allergico ai protocolli. Come quando - era il 2021 - Francesco concesse un’intervista a Canale 5 e Sportweek, con ogni probabilità senza consultarsi con il Dicastero per la comunicazione, che trasmise l’ordine di dare poco risalto alle notizie: «Non vanno socializzate», disponeva una mail interna. E chissà l’imbarazzo di Tornielli per le tirate sul «chiacchiericcio roba da donne» e la «troppa frociaggine» nei seminari.Tra i pupilli di Bergoglio va certamente ricordato il confratello gesuita, padre Antonio Spadaro. Fidato accompagnatore nei lunghi viaggi del Pontefice, che proprio in aereo consegnava ai cronisti i commenti più esplosivi, l’ex direttore della Civiltà Cattolica gli è stato tanto vicino da essere definito «l’uomo che sussurra al Papa». Il quale, nel 2023, lo ha sì gratificato con un incarico, ma forse non tra i più prestigiosi: prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione. E pensare che, da anni, Spadaro ostentava le credenziali progressiste: estimatore dello scrittore convertito Pier Vittorio Tondelli, feroce critico dei cardinali conservatori dei Dubia, autore di una sorta di manifestino ideologico ispirato alla passione per le migrazioni e alla crociata per la diversità etnica.Alla corte del successore di Pietro, non sono mancati esponenti del clero talmente impegnati nella causa Lgbt, da aver sposato delle posizioni al limite dell’eresia. È il caso di un altro gesuita, padre James Martin, ovviamente tra i primi a pubblicizzare sui social le «benedizioni pastorali» che aveva iniziato a impartire ai fedeli gay, appena uscito il controverso documento di Tucho. Nel luglio 2024, il sacerdote ha toccato il vertice della blasfemia, celebrando una messa a New York con la bandiera arcobaleno issata sull’altare e un’icona della Madonna avvolta in quel vessillo.È noto pure il sostegno accordato da Bergoglio a suor Jeannine Gramick: un passato di rapporti burrascosi con la diocesi di Washington e il Dicastero della fede, che la sanzionò nel 1999, quando era prefetto Ratzinger; firmataria di un appello a Barack Obama affinché aumentasse gli stanziamenti per garantire l’aborto alle vittime di stupro e incesto all’estero; eppure, «riabilitata» dal Papa, che la ricevette a Santa Marta nell’ottobre 2023, mentre lei andava blaterando sul Quotidiano Nazionale di matrimoni gay da celebrare in chiesa.Sui protégé del Pontefice venuto dalla fine del mondo, comunque, si sono addensate negli anni ombre financo più oscure. Basti pensare al ruolo del cardinale honduregno Óscar Rodríguez Maradiaga, grande elettore di Francesco al conclave 2013, per un certo periodo messo alla guida del C9, il collegio di porporati che avrebbero dovuto affiancare Bergoglio nel governo collegiale della Chiesa. Maradiaga era stato amico di Theodore McCarrick, l’arcivescovo americano protagonista dello scandalo sugli abusi sessuali a danno di adulti e minori, con il quale avrebbe orchestrato varie nomine diocesane negli Usa, fino ad accreditarsi in Vaticano quale mediatore con l’amministrazione Obama. Nel 2017, L’Espresso gli rinfacciò uno stipendio monstre da 35.000, percepito per diverso tempo dall’Università Cattolica di Tegucigalpa, oltre ad alcuni ricchi investimenti operati con il suo ausiliare, in seguito costretto a dimettersi per le accuse di molestie indirizzategli da decine di seminaristi.Rimarrà agli annali anche il rapporto con Gustavo Óscar Zanchetta, vescovo emerito di Orán, in Argentina, pure lui investito da uno scandalo sessuale legato alle violenze che avrebbe perpetrato su tre aspiranti sacerdoti maggiorenni. Nel 2017, quando iniziarono a circolare delle voci, il Pontefice gli assegnò la carica di assessore presso l’Amministrazione del patrimonio della Santa Sede, benché, in un’intervista, lo avesse definito «economicamente disordinato». Bergoglio scelse di credere a Zanchetta, allorché vennero ritrovate foto spinte sul suo smartphone e lui giurò che il dispositivo era stato hackerato. Nel 2022, però, arrivò la condanna in Argentina: quattro anni e mezzo per «abuso sessuale aggravato e continuato». L’ultimo appello contro il verdetto è stato bocciato quest’anno, mentre non risultano provvedimenti disciplinari adottati dalla Chiesa, né sono noti gli eventuali esiti di un’indagine che il Pontefice aveva affidato al Dicastero retto dal cardinale Fernández. I panni sporchi sono stati lavati in casa.La morte di Francesco si sarà accompagnata, almeno nei suoi prediletti dalle biografie più ambigue, alla consapevolezza che una sorpresa al prossimo conclave potrebbe ribaltarne le fortune. I suoi «miracolati», come le donne di Gerusalemme, piangono anche su loro stessi.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
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