2023-06-11
Ottant'anni fa gli Alleati sbarcano sul primo lembo d'Italia: Pantelleria
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Pantelleria, 11 giugno 1943. Uomini della 1st Infantry Division britannica poco dopo lo sbarco sull'isola (Getty Images)
L’11 giugno 1943 gli Alleati conquistarono il primo pezzo d’Italia, l’isola di Pantelleria, che si arrese senza combattere. Questo episodio contribuì alla caduta del regime, ma cosa sarebbe successo se la roccaforte nel Mediterraneo avesse resistito?Quando è davvero finito il regime fascista? Si potrebbe rispondere il 25 luglio o l’8 settembre del 1943, oppure il 28 aprile del ’45 con l’uccisione di Mussolini. Ma in realtà forse la morte del fascismo è avvenuta prima: risale esattamente a 77 anni fa, l’11 giugno 1943, quando la prima parte del territorio italiano, l’isola di Pantelleria, è stata conquistata (o liberata) dagli Alleati senza colpo ferire. In quel momento la storia d’Italia è cambiata e tutti i fatti successivi, dalla seduta del Gran Consiglio all’Armistizio dell’8 settembre, sono stati le inevitabili conseguenze di quell’indecorosa resa.Di questo episodio chiave della Seconda Guerra Mondiale non se ne è mai parlato molto: per alcuni anni è stato al centro di polemiche per il presunto tradimento di alcuni vertici militari, ma poi tutto è caduto, certo volutamente, nel dimenticatoio.Ma perché si può attribuire la fine del regime fascista proprio a questo episodio?Perché quello che è avvenuto in quei giorni avrebbe dell’incredibile nei resoconti di qualsiasi conflitto bellico.Ma è accaduto davvero.Quando mai il capo indiscusso di un regime, che solo tre anni prima ha dichiarato guerra al mondo e sta occupando mezza Europa con centinaia di migliaia di soldati, ha ordinato di cedere, senza combattere, una parte così importante del proprio territorio?E quando mai il comandante — l’ammiraglio Gino Pavesi — di un’isola all’apparenza inespugnabile, difesa da oltre 11.000 soldati, con 21 batterie di cannoni, si è arreso prima di sparare un colpo, solo perché i bombardamenti avevano provocato “pesanti danni” e stavano scarseggiando le provviste d’acqua?E quando mai una flotta, nonostante tutto fra le più temibili del mondo, di stanza a poche centinaia di miglia — nel porto di Taranto — non ha alzato le ancore in soccorso dell’isola minacciata?Tutto questo è successo nel giugno 1943 a Pantelleria, quella che era stata definita da Mussolini “la nostra roccaforte nel Mediterraneo”, nella quale erano stati installati potenti sistemi difensivi, fra cui un inattaccabile hangar sotterraneo in cemento armato, il cui progetto è attribuito all’ingegnere Pier Luigi Nervi, definito il più bello del mondo e capace di contenere 80 aerei da combattimento.I retroscena di quei giorni convulsi, in cui le truppe dell’Asse avevano appena abbandonato l’Africa, mentre gli Alleati stavano completando i piani d’invasione della Sicilia, sono ancora avvolti dal segreto e probabilmente la realtà, fatta di contatti fra governi in guerra, di promesse, di accordi sotterranei, di timori, e, forse, di tradimenti, non si conoscerà mai.Non per nulla nei presunti carteggi fra Churchill e Mussolini è comparsa anche una lettera, in parte strappata, inviata dal Maresciallo Badoglio all’ammiraglio Maugeri, capo dei servizi segreti della Marina, datata 8 giugno 1943, in cui afferma “… Con l’occupazione di Pantelleria segneremo il primo passo origine crisi investire regime determinare emozione popolare consona progetto”. Anche se sono stati sollevati molti dubbi sull’autenticità di questo documento, resta la certezza che la Regia Marina italiana non ha fatto nulla per cercare di salvare in quel momento l’integrità del territorio nazionale.Sicuramente anche la difesa all’ultimo uomo di Pantelleria o una cruenta battaglia navale nei suoi fondali non avrebbero cambiato l’esito finale della guerra: quindi le decisioni prese in quei giorni, che hanno salvato migliaia di vite, sono state le più sagge. Ma è altrettanto certo che, se si fosse assistito a una strenua difesa dell’isola, tutti gli episodi successivi di quella drammatica estate del ‘43 sarebbero cambiati. Non a caso l’operazione che ha portato all’invasione di Pantelleria era stata chiamata “Corkscrew”, vale a dire “Cavatappi”, perché appunto si proponeva di far saltare come un “tappo” la prima delle difese italiane. E così è stato.A Pantelleria gli Alleati avevano deciso di testare le capacità di difesa e di resistenza degli italiani in vista dello sbarco in Sicilia, ma in realtà non avevano alcun interesse a invadere l’isola, per il numero eccessivo di vittime che avrebbe comportato uno sbarco, con in più il rischio di una grave e possibile sconfitta, viste le caratteristiche di Pantelleria, costellata per lunghi tratti da scogliere, colate laviche, faraglioni e piccole insenature. Dopo le cocenti sconfitte in Russia e in Africa, una vittoria dei difensori italiani, con gli invasori “congelati sulla linea del bagnasciuga”, come proclamava Mussolini, avrebbe rafforzato il regime e poteva addirittura far rivivere i momenti della strenua difesa del territorio nazionale vissuti 26 anni prima lungo la linea del Piave. Gli Alleati questo lo sapevano, come ha ricordato il generale Eisenhower al termine del conflitto: “Pantelleria presentava ostacoli quasi spaventosi per un assalto. Molti dei nostri comandanti, ufficiali di Stato Maggiore ed esperti erano decisamente contrari all’operazione…”.I piani iniziali prevedevano quindi solo una massiccia serie di bombardamenti, in grado di fiaccare la resistenza degli assediati e di distruggere le batterie di cannoni, quelle antiaeree e la pista dell’aeroporto. Per ottenere questo risultato furono lanciate sull’isola oltre 6.000 tonnellate di bombe nel corso di decine di attacchi aerei, dai primi di maggio fino alla mattina del 11 giugno 1943: l’isola non era quindi più in grado di costituire un ostacolo per l’ormai prossima invasione della Sicilia.All’inizio di giugno il Comando Supremo italiano ordina peraltro di predisporre la difesa a oltranza di Pantelleria e delle isole Pelagie (Lampedusa, Linosa e Lampione), mentre inglesi e americani sono ben lungi, come abbiamo visto, dall’idea di invadere l’isola. A questo punto però cambiano le carte in tavola e iniziano i contatti, ai più svariati livelli, per giungere alla resa incondizionata dell’isola. Mentre continuano i bombardamenti, l’8 e il 10 giugno piovono sull’isola migliaia di manifestini che intimano la resa (quando mai sono stati preannunciati gli sbarchi delle truppe con un volantino?), a cui il comandante del presidio, l’Ammiraglio Pavesi, risponde con un no secco, tanto da ricevere da Mussolini un telegramma con il “vivissimo elogio. Eroica resistenza guarnigione Pantelleria”.Nel frattempo però qualcosa accade: la paura di una carneficina, gli accordi segreti, le promesse di futuri vantaggi, il tradimento di alcuni degli uomini chiave? Non lo sapremo mai, ma probabilmente tutti questi fattori entrano in gioco quando la sera del 10 giugno l’Ammiraglio Pavesi decide di chiedere a Mussolini il permesso di arrendersi la mattina successiva. E qui accade l’incredibile. Un messaggio di tale importanza arriva sul tavolo del Duce quasi 12 ore dopo: solo alle 10 di mattina Mussolini risponde, e non, come ci si aspetterebbe da uno spietato dittatore, con un “No, difendete il sacro suolo della Patria, resistete fino all’ultimo uomo”, ma con un molto più rassicurante “Data impossibilità rifornimenti acqua potabile popolazione isola et presidio Vi ordino che per suddetto motivo et solo per esso a partire dalle ore 12 di oggi cesserete resistenza.…… Vi è conferita sul campo la Croce di cavaliere dell’Ordine militare di Savoia”. Il messaggio arriva a Pantelleria alle 12 di mattina ma, incredibile ma vero, l’isola si è già arresa un’ora prima, per ordine autonomo dell’Ammiraglio Pavesi che decide anche di non distruggere l’aeroporto, l’hangar e le batterie di cannoni: per tutto questo verrà condannato a morte nel maggio 1944 dal tribunale della Repubblica di Salò. Pena fortunatamente non eseguita, essendo l’Ammiraglio prigioniero degli inglesi.Quindi, come considerare questo combattente? Un traditore della Patria o l’uomo che per primo ha dato il suo contributo a liberare l’Italia? Ognuno può dare il suo giudizio, certo è che con la sua decisione ha evitato una strage che avrebbe provocato ulteriori dolori agli italiani, per cui può essere assolto da ogni colpa.Ma come giudicare l’operato di Mussolini? Il suo profilo di condottiero e di guerrafondaio ne esce certamente ridimensionato, ma ne guadagna la figura dell’uomo che, aldilà delle apparenze, era ancora legato a certi principi della prima giovinezza. La sua scelta però forse è stata dettata dagli stessi motivi che l’hanno portato, poco più di un mese dopo, ad accettare senza combattere le decisioni del Gran Consiglio. Mussolini, nonostante le rassicurazioni di Hitler, aveva capito che la guerra era persa ed era alla disperata ricerca di qualsiasi possibilità o soluzione per uscire dal vicolo cieco in cui era finito lui assieme all’Italia.E Badoglio? E il re? E i vertici militari? Anche loro naturalmente avevano capito che la guerra era persa e, con i loro contatti, attraverso molteplici canali segreti, compresa la Massoneria, contribuirono certo ad accelerare la caduta del fascismo e, in definitiva, la sconfitta dell’Italia.L’eterna lotta fra Guelfi e Ghibellini, che ha diviso per secoli la nostra Terra in quei mesi è tornata ad accendersi e probabilmente da allora non si è mai spenta.Ma cosa sarebbe successo se la roccaforte Pantelleria avesse resistito a oltranza? Probabilmente lo sbarco in Sicilia sarebbe stato rinviato, mentre la conquista del resto dell’Italia, allora mai considerata strategica dagli Alleati, forse non sarebbe neppure iniziata, dato che l’obbiettivo vero è sempre stato lo sbarco nel nord della Francia in vista dell’attacco finale alla Germania. Forse decine di migliaia di vittime sarebbero state risparmiate e forse la storia dell’Italia negli ultimi 80 anni sarebbe cambiata. Ma si sa, la storia non si fa con i se, i ma e i forse.Mario Simoni
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
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