2021-11-01
Pandemia e vaccino, due parole fuori luogo
La prima, come ha spiegato anche Anthony Fauci, non ha alcun valore scientifico. Può essere applicata a ebola, ma non al Covid, che ha una letalità molto bassa. Con la seconda si indicano i farmaci che ci somministrano, che però non ci possono immunizzare.Un altro campo dove il verbo ha massacrato la realtà è stato la guerra alla pandemia. La parola pandemia come ha spiegato lo stesso Anthony Fauci non alcun valore scientifico. La parola deriva dal greco e vuol dire «tutta la popolazione», è utilizzata per indicare una malattia contagiosa che si applica all'intero pianeta e, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, per poterne parlare occorrono tre condizioni: la comparsa di un nuovo microrganismo, verso il quale non sono conosciute cure efficaci, la capacità di tale agente di colpire gli esseri umani e la capacità di tale agente di diffondersi rapidamente per contagio.Questa definizione è incompleta perché mancano gli indici di letalità, e quindi può essere applicata a patologie spietate come l'ebola o a patologie molto miti, che grazie a questa parola paralizzano l'economia e la vita civile, e le cure mediche. La Sars-CoV-2, ove non esistano patologie pregresse ed età avanzata, ha un tasso di letalità bassissima, calcolato dalla stessa Oms allo 0,05% per le persone al di sotto di cinquant'anni. Secondo i dati dell'Istat, i morti da sola Covid-19 in Italia sono meno di 4.000. Durante il cosiddetto lockdown l'unica attività medico chirurgica che non è stata interrotta sono stati gli aborti volontari. Non sono state fatte le endoscopie: migliaia di cancri sono stati scoperti in ritardo. Non sono state fatte prove da sforzo: migliaia di infarti non sono stati prevenuti. Il Covid-19, in tutti i casi, non dovrebbe rientrare nella definizione di pandemia, perché da sempre ne esistono buone cure domiciliari: sono esattamente le stesse che hanno curato la Sars nel 2003. Tutti i medici che le hanno applicate dal primo istante, a cominciare dal professor Luigi Cavanna per finire ai medici dell'isola Mauritius, hanno abbattuto la mortalità a dati più bassi di una normale influenza.Un altro campo in cui il verbo si è sostituito alla realtà è il vaccino. La parola vaccino è attribuita a farmaci a Rna iniettivi genici, impropriamente denominati vaccini perché non possono immunizzare.Altrettanto ridicola quindi la parola immunizzato per indicare una persona a cui sia stato somministrato un farmaco come questo, che non immunizza, e ancora più buffa è la dizione immunità di gregge che dovrebbe saltare fuori dall'inoculazione di farmaci che in effetti non immunizzano. Questo simpatico gioco delle tre carte permette di accusare chi non ha voluto subire questo trattamento del mancato raggiungimento di una millantata immunità di gregge che è ridicolamente impossibile.la proteina spikeLa proprietà immunogena è un carattere delle molecole proteiche e dunque un acido nucleico non è dotato di capacità immunostimolanti. L'antigene proteico portatrice di epitopi, i siti con proprietà immunogena specifica, risiede su un virus. L'antigene, in questo caso la Spike, è una proteina biologicamente estranea all'organismo in cui è penetrata (per via naturale o iniettiva), è riconosciuta come tale, estranea: e viene aggredita dai macrofagi, che la elaborano per trasferirne i prodotti di scomposizione alle Antigen Presenting Cells APC, che trasferiscono i prodotti della loro azione funzionale ai linfloblasti che, stimolati da questo insulto antigenico, vengono attivati, proliferano, espandono il numero di cellule immuno-competenti, e generano un clone linfo-plasmacellulare immunologicamente specifico per uno specifico antigene e, soprattutto, quantitativamente adeguato: una leggera immunostimolazione genera una risposta anticorpale adeguata. Questa cascata immunogena porta alla formazione di proteine anticorpali IgM, anticorpi della durata media di 45 giorni, e di proteine anticorpali IgG, gli anticorpi perenni, tramite cui viene costituita la memoria immunologica per la quale un vaccino conferisce una memoria immunobiologica perpetua.Se una persona subisce un'iniezione di mRNA, l'mRNA, nel sito iniettivo, viene captato da cellule locali o, se entra nel torrente circolatorio, viene potenzialmente veicolato a cellule di organi anche lontani dal sito iniettato; qualunque distretto organico può essere interessato. Può essere che questo mRNA possa essere captato anche da cellule del sistema immunitario, ma in questo caso non viene captato da cellule immunitarie per un meccanismo immuno-specifico (visto prima) ma per un meccanismo generale comune a tutti gli stipiti cellulari.perché sono obbligatori?L'mRNA, entrato in una cellula qualsiasi, sviluppa l'azione biochimica che gli è propria: a livello ribosomiale codifica la proteina di cui porta l'informazione; la sintesi di proteine Spike, non anticorpi anti-Spike: non è una risposta immune. Le proteine Spike sono proteine estranee alla biologia dell'organismo inoculato che le sintetizza, pertanto si verifica il paradosso di un organismo che viene a produrre proteine estranee alla propria stessa identità biologica ovvero dotate di azione tossica sullo stesso organismo che le produce! Le Spike, in quanto estranee, vengono captate ed elaborate dai macrofagi che le trasferiscono alle APCells, quindi linfoblasti, quindi linfociti, quindi plasmacellule: questo spiega perché gli individui sottoposti a iniezioni di mRNA presentano una qualche quota di anticorpi anti-spese.Le proteine Spike hanno una presenza effimera all'interno dell'organismo: dunque non possono assicurare una risposta immunitaria efficiente; tant'è che gli inoculati hanno quote anticorpali esigue e clinicamente sono assimilabili a soggetti immunologicamente incompetenti: si infettano, si ammalano e anche in modo grave. La stimolazione immunitaria delle Spike è una stimolazione insufficiente e in quanto tale incapace di garantire la memoria immunitaria perché sono rapidamente denaturate all'interno dell'organismo stesso che sintetizza. Mentre nel caso di una infezione naturale si verifica l'espansione del clone plasmacellulare che da una pur leggera, ma sufficiente, stimolazione antigenica è in grado di sviluppare una adeguata protezione anticorpale, qui, l'insufficiente immunostimolazione delle spese non determina una sufficiente espansione del clone plasmacellulare specifico. Pertanto si realizza la condizione secondo cui gli individui inoculati producono proteine Spike tossiche sullo stesso organismo che le sintetizza, e che in una parte dei casi sviluppa effetti collaterali di importanza clinica, non sviluppano una sufficiente memoria immunologica pertanto vanno ripetutamente re-inoculati. Per qualche tempo, 1-2 mesi, l'individuo inoculato sintetizza una quota di proteine ad attività anticorpale anti-Spike e dunque riduce la possibilità di sviluppare forme gravi di infezione, dopodiché, in assenza di un adeguato sviluppo del clone plasmacellulare specifico, la sintesi di proteine anti-Spike decade, da qui la necessità di ulteriori inoculazioni. Per quale motivo gli inoculati non vengono continuativamente sottoposti a conta anticorpale (sierologico)? La soluzione a un titolo anticorpale basso non è la terza, quarta, ventesimo dose, ma piantarla di inoculare farmaci poco efficaci. Come ho già ricordato in molti articoli, in alcuni individui ove sia presente l'enzima transcriptasi-inversa, che dallo stampo dell'mRNA genera il relativo gene Dna, si ha una modifica genomica che codificherà la Spike per tutta la vita dell'inoculato, con azioni biologiche imprevedibili. Il questi casi non si può escludere che la proteina possa essere contagiata anche ad altri. Un ultimo verbo. Un'ultima parola. Perché questi farmaci devono essere obbligatori?
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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