2020-06-23
Pamela senza pace. Archiviato il caso dei presunti abusi
Pamela Mastropietro (Ansa)
Finisce nel nulla l'inchiesta sui due uomini che ebbero rapporti con lei prima dell'omicidio, malgrado fosse visibilmente alterata.Giustizia sospesa per Pamela Mastropietro. A distanza di due anni dall'omicidio della diciottenne, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Macerata Claudio Bonifazi ha archiviato le indagini sui 2 uomini accusati di violenza sessuale. Si tratta di un uomo di Mogliano che aveva dato un passaggio in auto alla ragazza, dopo che si era allontanata dalla comunità Pars di Corridonia e un tassista di origini argentine che la avrebbe ospitata a casa sua la notte del 29 gennaio. Entrambi avrebbero avuto un rapporto sessuale con la diciottenne, malgrado la stessa presentasse evidenti segni di instabilità psichica. Il tutto poche ore prima dell'omicidio per cui è stato condannato all'ergastolo il nigeriano Innocent Oseghale. Entrambi gli indagati erano accusati di aver avuto rapporti sessuali con la ragazza approfittando del suo «evidente stato di difficoltà» e di «minorata difesa». Il procedimento riguardava i momenti successivi alla fuga della ragazza dalla comunità. Arrivata a Corridonia, Pamela incrociò Francesco M.. L'uomo ebbe un rapporto sessuale con lei, poi la portò alla stazione di Piediripa. Da lì, la diciottenne arrivò alla stazione di Macerata, ma il treno per Roma era già partito. Così fece amicizia con il tassista Fernando C., che la invitò a casa sua per la notte. La mattina seguente, Pamela perse di nuovo il treno per Roma, decise di andare in cerca di una dose di eroina, arrivò ai giardini e purtroppo incontrò Innocent Oseghale. Nel processo sull'omicidio, la criminologa Roberta Bruzzone spiegò la natura della patologia psichiatrica di Pamela e l'effetto dei farmaci che prendeva in comunità, per chiarire in quali condizioni fosse. E sulla base della sua consulenza, la Procura ipotizzò il reato di violenza sessuale a carico dei due uomini, che ebbero rapporti con lei in quello stato. Poi, però, il procuratore capo di Macerata Giovanni Giorgio, ha chiesto l'archiviazione delle accuse, perché non era stata presentata la querela e le due presunte violenze non si potevano considerare connesse all'omicidio. La richiesta di archiviazione era stata presentata dalla Procura stessa sulla base del fatto che mancava la denuncia, cioè la querela di parte necessaria a perseguire il reato. E chi avrebbe dovuto presentare la denuncia? «Secondo la legge, se maggiorenne, è la vittima a dover sporgere querela, in questo caso doveva essere Pamela ma purtroppo come sappiamo è stata uccisa 24 ore dopo i presunti abusi». A parlare è Marco Valerio Verni, avvocato della famiglia Mastropietro e zio della diciottenne assassinata e fatta a pezzi nel 2018. «Si tratta di un caso unico che però potrebbe ripetersi. È lo stesso giudice nel provvedimento di archiviazione a rilevare un vuoto normativo in materia. In assenza della vittima, nessuno può presentare querela, nemmeno amministratori o curatori della persona oggetto della presunta violenza. Come avvocato e familiare di Pamela mi sento di fare un appello alle forze politiche affinché si lavori a modificare la legge per consentire, nel caso in cui si verifichino altre tragedie, ai familiari di ottenere giustizia». Giustizia che per l'avvocato Verni non deve essere confusa con giustizialismo, «avremmo semplicemente voluto che la vicenda venisse affrontata e accertata in tribunale, e ciò non vuol dire condannare a prescindere i due uomini coinvolti. Ma l'inadeguatezza di una norma lascerà ancora una volta Pamela senza giustizia». La famiglia Mastropietro, infatti, si era opposta: come avrebbe potuto sporgere denuncia Pamela, uccisa nemmeno 24 ore dopo? «In questi casi», spiega l'avvocato Verni, «nemmeno un tutore o un familiare può sostituirsi alla vittima e presentare querela al suo posto. Tra l'altro, nel merito del reato contestato, il giudice delle indagini preliminari, prendendo in esame parte delle nostre argomentazioni, non sembra aver affatto escluso che Pamela, quel 29 gennaio, potesse essere in condizioni di inferiorità psichica (come ricavabile dalle affermazioni dei consulenti e dei testimoni del processo Oseghale acquisite agli atti) e che queste potessero essere riconoscibili da chiunque avesse avuto un approccio con lei, ma ha respinto l'ipotesi che, la stessa Pamela, per le descritte circostanze nelle quali si sarebbe presentata ai suoi interlocutori, potesse trovarsi in uno stato di abbandono di incapace tale da configurare il presupposto per una eventuale omissione di soccorso che, qualora ulteriormente ipotizzabile, essendo delitto procedibile d'ufficio, avrebbe, invece, nella nostra ottica, potuto permettere di superare l'ostacolo tecnico riguardante il difetto di querela per la violenza sessuale». Un caso difficilissimo da replicarsi, fortunatamente, ma che è capitato, purtroppo e che, dunque, deve servire in qualche modo da «leading case», caso aprifila, nell'ottica della futura produzione normativa, affinché non accada ad altri. Che la vicenda di Pamela possa servire anche a questo.