
Ora anche Innocent Oseghale, il pusher nigeriano senza permesso di soggiorno, proprietario della mansarda degli orrori di Macerata in cui è stata uccisa e fatta a pezzi Pamela Mastropietro, è accusato di omicidio. La Procura di Macerata lo accusa pure di aver stuprato Pamela prima del delitto, anche se il giudice per le indagini preliminari Giovanni Maria Manzoni ha tagliato via la violenza sessuale dai capi d'accusa formulati per il primo dei tre nigeriani arrestati, lasciando soltanto le ipotesi di omicidio, vilipendio, occultamento di cadavere e spaccio di stupefacenti.
E ora è scontro. Perché la Procura ritiene che il movente del delitto sia da ricercare proprio nell'approccio sessuale di Oseghale che, respinto da Pamela, ha abusato di lei e poi l'ha uccisa per cancellare le prove. Avrebbe dovuto anche farla a pezzi e mangiarla, come hanno svelato gli altri due nigeriani indagati, Desmond Lucky e Awelima Lucky, nel corso di una intercettazione ambientale in carcere. E se il gip, dopo le ulteriori investigazioni, è tornato sui suoi passi per l'accusa di omicidio (in un primo momento l'aveva arrestato solo per occultamento e vilipendio di cadavere), è rimasto invece convinto dell'assenza di riscontri sullo stupro. E nonostante reputi seria l'ipotesi investigativa, allo stato degli atti, ritiene che Oseghale abbia ucciso perché la ragazza si sarebbe sentita male a casa sua dopo aver assunto sostanze stupefacenti.
Il procuratore Giovanni Giorgio non la manda giù. E ieri ha convocato la stampa per illustrare le motivazioni alla base del convincimento della Procura. Gli inquirenti si erano convinti da subito del coinvolgimento diretto di Oseghale, tanto da aver chiesto per lui immediatamente l'arresto in carcere. Dopo le ulteriori investigazioni, le attività tecniche e scientifiche e le intercettazioni, le convinzioni dei magistrati sono cresciute e hanno chiesto il terzo provvedimento restrittivo per Oseghale. «Pamela ha subìto violenza con l'aggravante che era in una situazione di inferiorità psichica perché aveva consumato stupefacenti», tuona il procuratore Giorgio, secondo il quale non ci sarebbe traccia negli accertamenti medico legali «del malore di cui parla il gip». Oseghale, in preda «a un raptus», sostiene il procuratore, si è armato di coltellacci e mannaia e ha assassinato la ragazza. Una tesi che si basa, oltre che sulla ricostruzione logica, soprattutto su uno degli accertamenti scientifici effettuati sul corpo della ragazza: la pulizia dei genitali per cancellare ogni traccia dell'abuso sessuale.
A dare forza all'ipotesi ci sarebbe anche un'intercettazione ambientale durante uno dei colloqui in carcere tra Innocent e la sua compagna italiana: «Oseghale», ha spiegato il procuratore Giorgio, «ha detto di aver fumato una sigaretta con Pamela e poi di non averci capito più niente. Per noi è un'ulteriore prova del raptus che l'avrebbe portato ad abusare di lei e poi a ucciderla per cancellare le prove». A questo va aggiunta una intercettazione telefonica tra Innocent e Awelima Lucky che risale proprio al 30 gennaio, giorno dell'omicidio: Innocent avrebbe offerto all'amico «una ragazza bianca che si era sentita male», ricevendo però dal secondo nigeriano un rifiuto. E se in un primo momento l'indagine sembrava molto complessa, un po' per le difficoltà legate alla lingua dei nigeriani e un po' per il comportamento tendente a depistare, dopo le intercettazioni tutto è diventato più chiaro. Per il procuratore i tre indagati «non hanno mai detto la verità, se non quando era per loro conveniente». I dettagli che non hanno raccontato durante gli interrogatori sono quindi saltati fuori nelle telefonate e nelle chiacchierate tra detenuti tradotte tra mille difficoltà, perché, giallo nel giallo, dopo la scomparsa della prima interprete nigeriana (una ragazza con permesso di soggiorno che in un primo momento aveva dato la sua disponibilità ad aiutare gli investigatori traducendo gli interrogatori, ma che dopo aver lasciato su un tavolo della Procura la traduzione si è resa irreperibile), i magistrati non riescono a reperire consulenti per le traduzioni. «C'è forte timore di eventuali rappresaglie o vendette nei paesi di origine, magari a danno di parenti o familiari», ha spiegato il procuratore che, però, conta di mandare gli indagati alla sbarra al più presto. E afferma: «Ci stiamo sforzando di dare una risposta quanto mai veloce e suffragata da prove in un momento in cui la città è in una situazione di esasperazione mentale». Una risposta veloce è stata chiesta più volte anche da Alessandra Verni, la mamma di Pamela, che ieri mattina ha incontrato il procuratore nella caserma dei carabinieri. La donna era a Macerata insieme a suo fratello Marco Valerio Verni, che è anche l'avvocato della famiglia, per le ultime formalità burocratiche prima del trasferimento a Roma dei resti della povera ragazza che, finalmente, verrà sepolta (dopo i funerali previsti per sabato alle 11) al cimitero del Verano.






