2021-12-30
Promossi e bocciati: le pagelle della A
Promosso: Dusan Vlahovic. Bocciato: Paulo Dybala (Ansa)
Fra i migliori del girone d’andata c’è Osimhen. Premio al merito per Kjaer. Tris croato fa le gioie di Inter e Atalanta: Brozo-Perisic-Pasalic. L’oggetto del desiderio è Vlahovic. Sandro Tonali ha avuto buoni momenti, ma serve continuità. CR7 non c’è più e con Kean-Dybala l’attacco Juve è triste. Godin e Reina sono alla frutta, il «Gallo» Belotti deve tirarsi fuori dal buco in cui è precipitato.I PROMOSSI:1) Vanja Milinkovic SavicLa rivincita del fratello minore, quello che gioca in porta perché tutti gli altri ruoli sono occupati. Ragazzone di due metri con apertura alare alla Samir Handanovic, il numero uno del Torino e della nazionale di Serbia è il classico portiere balcanico, solido fra i pali e con qualche smarrimento in uscita. Se i granata vantano la quarta difesa del campionato (solo 19 gol subìti, meglio di Milan e Atalanta), il merito è soprattutto suo e del corazziere Bremer, padroni assoluti dei palloni alti. Vanja ha un piede educatissimo e in allenamento tira punizioni a fil di traversa che entusiasmano mister Ivan Juric. Urbano Cairo non ha battuto ciglio quando è partito Salvatore Sirigu, adesso i tifosi ne conoscono il motivo. 2) Simon KjaerQuesta è una medaglia al valore, il riconoscimento del percorso di un atleta e di uomo che merita il presentat-arm di mezzo inverno. Senza di lui la difesa del Milan non sarebbe solida com’è stata nei primi quattro mesi di campionato; senza di lui forse Christian Eriksen non sarebbe qui a raccontarla. Azzoppato dall’infortunio più grave per un calciatore (rottura del crociato), questa stagione non giocherà più ma nessuno può dimenticare il 2021 del danese, capace di fare reparto quasi da solo e di aiutare Fikayo Tomori a diventare un centrale affidabile. Anche Paolo Maldini sa cosa ha perso, non per niente sta confezionando un colpo di mercato. Se davvero arriva Abdou Diallo dal Psg, il Diavolo questa volta ha fatto anche i coperchi; 25 milioni sono tanti, bisogna far capire ai manager del fondo Elliott che il moltiplicatore scudetto li vale eccome. 3) Gleison BremerPiede brasiliano e testa tedesca, una sicurezza. Juric lo incolla regolarmente alla punta avversaria più pericolosa e lui spesso la annulla come ha fatto a San Siro contro Lautaro Martinez nell’ultima sfida prima della sosta. Il centrale che si ispira a Lucio e arriva dall’Atletico Mineiro è un difensore puro, notevole colpo di mercato degli osservatori del Toro tre anni fa: comprato per 4 milioni, oggi ne vale almeno 20. È finito nel mirino dell’Inter per sostituire Stefan De Vrij, scelto per fare cassa l’estate prossima. Interprete perfetto della difesa a tre, ha un difetto: oltre le colonne d’Ercole del centrocampo perde la bussola. Ma non è mai troppo tardi per imparare anche a costruire quel poco che serve. 4) Alessandro BastoniDopo una partenza svagata da golden boy predestinato, il giovane centrale interista è rientrato in carreggiata e negli ultimi due mesi non ha sbagliato un pallone, né in campionato né in Champions League. Fondamentale nel sistema di gioco di Simone Inzaghi, Bastoni interpreta il ruolo da incursore aggiunto ed è un fattore anche in area di rigore avversaria. Costruito giorno dopo giorno da un sergente di ferro come Antonio Conte, ha 22 anni e un orizzonte da città di mare: il limite non si vede. Valutato 60 milioni, ha rinnovato con l’Inter fino al 2024; vorrebbe vincere il secondo scudetto con la maglia che sognava da bambino per poi spiccare il volo verso la Premier. Pep Guardiola e Jürgen Klopp lo hanno inserito nella loro difesa ideale, serve altro?5) Juan CuadradoNella retroguardia più anziana e carica di gloria d’Italia, il vecchio leone colombiano è l’unico a dare garanzie di continuità. Se la Juventus sembra una Bentley scarburata, Juan Cuadrado rimane un’arma letale per due motivi: nessuno come lui conosce i segreti della fascia laterale, nessuno come lui - o forse solo Ivan Perisic - sa trasformarsi in ala quando vede la porta. Ordinato e preciso in copertura (a 33 anni essere saggi e furbi è obbligatorio), è sempre micidiale nei ribaltamenti e da fuori area punisce i portieri con continuità. Fra compagni in cerca d’autore, pur con meccanismi di gioco poco Allegri, è riuscito a mettere insieme 17 presenze in campionato e 4 gol. Chapeau.6) Franck KessiéSe Ibrahimovic è il filosofo presocratico del Milan di Pioli, Kessié è il motore inesauribile, il braccio che serve per scaricare in concreto sul prato gli impulsi dello spogliatoio. Quando non gioca, il vuoto è incolmabile; quando è in giornata, insegue tutti e diventa immarcabile. Perfetto come incursore, più volte ha ribaltato partite complicate. E sempre, con il suo impasto di muscoli e adrenalina, è entrato nei successi decisivi. C’è un doppio problema: alla ripresa l’ivoriano sarà via per la Coppa d’Africa e non ha intenzione di rinnovare il contratto che scade a giugno. Leonardo vuole portarlo al Paris Saint Germain. Dopo i casi di Gigio Donnarumma e Hakan Calhanoglu meglio sbrigarsi a blindarlo. 7) Marcelo BrozovicIl maratoneta di genio. Con 11,5 chilometri percorsi ogni maledetta domenica (e pure il mercoledì) è il secondo centrocampista infaticabile del torneo dopo Antonin Barak del Verona (11,6). Con la differenza che il croato è un regista, quindi ha la necessità di unire il fosforo alla dinamite muscolare. Spesso marcato a uomo, va a prendere il pallone dove l’avversario non arriva ed è interprete decisivo del tiki-taka della capolista. Svagato pazzariello dell’Inter di Mancini e Spalletti (certi suoi retropassaggi sono ancora da suicidio), con Conte è diventato un formidabile tessitore e con Inzaghi insostituibile. Chi l’avrebbe mai detto? È nel mirino del Barcellona e non ha ancora rinnovato. Allarme rosso, anche se Beppe Marotta è un maestro nel convincere i perplessi. 8) Mario PasalicScelta strana perché Lorenzo Pellegrini della Roma è più forte. Scelta originale perché il suo compagno Ruslan Malinovskyi è un fighter con un tiro da paura. Scelta esterofila perché Davide Frattesi del Sassuolo è il progetto più ghiotto per una big. Ma non scelta sbagliata perché i numeri premiano il croato: 7 gol e 5 assist in 19 partite, roba mostruosa. Pur essendo l’interprete perfetto del grido di battaglia orobico («Adess adoss»), fatica a entrare stabilmente nei meccanismi di una macchina da guerra come quella di Gian Piero Gasperini. Ma non è certo colpa sua. Con quella duttilità e quella concretezza sarebbe titolare in tutte le altre squadre di Serie A. Poiché il tecnico dei bergamaschi è un signore geniale e molto originale, Super Mario si deve conquistare il posto ogni settimana. 9) Ivan PerisicChi ha detto che le minestre riscaldate non sono buone? Croste di parmigiano, fagioli cannellini e olio di frantoio. Prosit. Partito, tornato, immusonito e poi convinto a diventare «quinto» di sinistra, oggi è l’uomo ovunque dell’Inter. Neppure lui è persuaso di dover vivere da pendolo, si sente un’ala dimezzata e per questo vorrebbe chiudere l’esperienza milanese a giugno per rientrare in Germania dopo un’estate dedicata allo sport che ama di più, il beach volley. Nel frattempo il suo fisico da decathleta, la sua esperienza (32 anni) e l’attitudine a ribaltare il fronte sono fondamentali per Simone Inzaghi, che da quella parte spesso riesce a sfondare le difese avversarie dopo averle accerchiate. Proprio come Annibale a Canne.10) Dusan VlahovicÈ l’uomo mercato, il centravanti del presente e del futuro, a 21 anni è il potenziale crac europeo dopo Erling Haaland. Per i tifosi della Fiorentina l’ariete di Belgrado costruito in casa è già l’erede di Omar Batistuta: 16 gol in 19 partite, a tratti devastante, capace di fare reparto da solo, è croce e delizia del bellicoso e romantico pianeta viola. Delizia per tutto ciò che sta mostrando, croce perché non ne vuol sapere di rimanere dopo avere saputo a quali cifre (almeno 12 milioni all’anno) lo vorrebbero firmare Real Madrid e Bayern Monaco per sostituire Karim Benzema e Robert Lewandowski, due monumenti. Anche la Juventus, pur con il bilancio che continua a scricchiolare, ha mezzi e relazioni per tentare il colpaccio e tenerlo in Italia. Lanciato a rete è praticamente immarcabile e qui si prende tutto lo spazio possibile. Chi gli sta di fianco deve adattarsi a fare da seconda punta perché la prima è lui. 11) Victor OsimhenFino a quando l’attaccante nigeriano ha giocato al centro dell’attacco, il Napoli è stato lassù in cima alla classifica (10 partite, 5 gol). Poi l’infortunio di San Siro ha rovinato tutto e il giovane ha dovuto fermarsi ai box. Ora è a Lagos e Aurelio De Laurentiis vorrebbe evitare che ci rimanesse per la Coppa d’Africa. Operazione diplomatica difficile, l’erede di Didier Drogba non intende mancare a quella che potrebbe essere la consacrazione internazionale. Il braccio di ferro è in pieno svolgimento, di sicuro Osimhen è un bomber modernissimo, con le movenze di Romelu Lukaku e l’elevazione di Cristiano Ronaldo. A Luciano Spalletti manca moltissimo. La sua esplosione non deve far dimenticare, nel ruolo, la stagione pazzesca di Giovanni Simeone: 12 gol in 15 partite a Verona. Mostruoso. Mister: Vincenzo ItalianoZdenek Zeman lo ha definito il suo erede, ma l’allenatore della Fiorentina difende meglio, molto meglio di mister Chesterfield. L’ex emigrante (nato a Karlsruhe) è il tecnico rivelazione della stagione, sia perché è riuscito a far fare alla Fiorentina un salto dentro il calcio moderno (dopo un decennio di ribollite), sia perché ha saputo entrare in sintonia con un pubblico innamorato e storicamente molto esigente come quello viola. Rigoroso, dogmatico, amante dei dettagli, Italiano predilige un calcio offensivo, aggredisce il portatore avversario, fa pressing sempre. E fin qui ha saputo mandare in orbita un fuoriclasse bambino come Vlahovic. Con un possibile ritorno milionario per un Paperone brontolone come Rocco Commisso. I BOCCIATI1) Pepe ReinaNon tutti arrivano a 40 anni come Zlatan Ibrahimovic, anche se giocano con le mani. Il torero della Lazio, che li compirà in agosto, scricchiola da qualche anno e sembra un lontano parente del gigantesco Reina delle biografie. La sua fama lo precede e adesso lo oscura; quel gatto bagnato che fra papere e uscite balbettanti irrita i tifosi laziali non può essere parente di un campione del mondo, doppio campione d’Europa, saracinesca del Liverpool, del Bayern e (già arrugginita) del Napoli. A questa età o sei un highlander o fai spogliatoio, caratteristica che sa di rispettosa consolazione. Gli esperti lo danno ancora «abile con il pallone fra i piedi». Sarebbe più utile «con il pallone fra i pali», ma quello non lo intercetta più. 2) Faouzi GhoulamSembra a fine corsa, almeno a Napoli. Dopo sette anni sotto il Vesuvio, l’esterno franco-algerino che ai tempi della macchina perfetta di Maurizio Sarri pareva una locomotiva, oggi è più decisivo quando non gioca che quando scende in campo (4 presenze e 14 minuti in mezzo campionato). Ormai è un comprimario senza idee, limitato anche da un paio di infortuni pesanti (due volte il crociato), che Luciano Spalletti non vede e potrebbe partire in questa finestra di mercato. Nel ruolo ha davanti Mario Rui, Giovanni Di Lorenzo, Kevin Malcuit, praticamente tutti. Soprattutto, Aurelio De Laurentiis ha dato mandato di liberare i 2,4 milioni di stipendio per qualcuno più utile. Anche un ferro da stiro, ma che sappia almeno tenere la posizione. 3) Kostas ManolasCi prende già una certa malinconia, perché solo due anni fa questa squadra sarebbe stata in testa al campionato. I due centrali, da bronzi di Riace si sono trasformati in statue di sale. Il primo è Kostas il greco, limitato dai guai fisici e da un sorprendente crollo psicologico; a 30 anni si è troppo giovani per andare in pensione. Veloce e feroce, è stato la spalla ideale prima di Antonio Rudiger alla Roma, poi di Kalidou Koulibaly nella difesa top del Napoli. Adesso è ufficialmente un ex, piantato in asso e libero di tornare a Nasso. Casa sua. Per sei mesi ha timbrato il cartellino solo per i contributi e Luciano Spalletti, pur sapendo che Koulibaly sarà via per la Coppa d’Africa, ha autorizzato l’allontanamento «spintaneo».4) Diego GodinL’altra faccia del declino. Sembrano lontani anniluce i fasti dell’Atletico Madrid, quando era il testimonial della «garra charrua» uruguagia urlata a tutta tonsilla in tv da Lele Adani. Nell’anno all’Inter ha perso le certezze della difesa a quattro, si è dovuto reinventare e l’età ha fatto il resto (ne ha 35). Si è trasferito a Cagliari per amore (nel capoluogo sardo è nata e cresciuta la moglie Sofia), ma il suo destino non è cambiato: da campione a gregario, con la fatica di trovare posto nella squadra senza idee di Walter Mazzarri. Nel frattempo fa il filosofo situazionista e scrive su Twitter mentre si allena ai pesi: «La pazienza non è la capacità di aspettare, è il modo in cui ci comportiamo mentre aspettiamo». Un messaggio per il Valencia, dove vorrebbe scappare anche subito. 5) Manuel LazzariCome si (auto) distrugge un potenziale campione. Era il «quinto» più europeo d’Italia, due anni fa c’era chi lo paragonava ad Ashraf Hakimi e con Simone Inzaghi in panca sfrecciava sulla fascia a velocità doppia rispetto al mondo per crossare palloni di zucchero per Ciro Immobile o Sergej Milinkovic Savic. Ecco, quel giocatore è scomparso in due mosse. Uno: il laterale di Valdagno (28 anni) si è convinto di essere un fenomeno e ha abbassato il livello d’intensità, errore letale in un campionato competitivo come quello italiano. Due: secondo il dogma che «a vincere è sempre il modulo», Maurizio Sarri ha deciso di trasformarlo in terzino puro, di fatto annullandone i pregi (scatto e intraprendenza) per acuirne i difetti (posizione e scarsa attitudine difensiva). Risultato: lui vive di rimpianti e la Lazio ha un’arma in meno. Un capolavoro. 6) Adrien RabiotSette milioni e mezzo all’anno di rimpianti. È la sensazione suscitata dal moschettiere francese del centrocampo della Juventus, quel ragazzone dinoccolato che sbaglia un passaggio su due, rientra quando ha voglia e raramente offre ciò che promette: idee e rupture. Più che altro è una rottura di satelliti per i tifosi bianconeri, che in una stagione di per sé complicata non lo vedono giocare ma «condiscendere», abbassarsi a dare una mano a les italiens senza sporcarsi più di tanto i gomiti. Quando arrivò a Torino fu presentato come un impasto fra Patrick Vieira e Marco Verratti, con l’eleganza di Marco Van Basten. Con tutto il rispetto, sembra Geoffrey Kondogbia prima maniera, autoreti escluse. Però Max Allegri gli vuole bene, lo vede campione. E questo è un buon inizio per rinascere. 7) Sandro TonaliDiscorso duro e complicato ma necessario. È giovane (21 anni), ha colpi da fenomeno, forse diventerà il nuovo Pirlo. Ma non esiste un calciatore pagato 40 milioni che in un anno e mezzo non abbia fatto davvero la differenza per un mese intero. I media hanno innalzato alleluja all’ottobre di Tonali, in realtà allora fu tutto il Milan ad essere stellare. Poi è arrivato in anticipo l’inverno, con gli 11 punti persi dall’Inter in un mese e mezzo (da +7 a -4). Non soltanto rose e struggimenti, quindi, per il centrocampista di Lodi, che ha numeri pazzeschi ed è pregato di cominciare a mostrarli con continuità. Se ci riuscirà, il Diavolo costruito da un artigiano raffinato come Stefano Pioli potrà tornare a imporre il proprio gioco. E non limitarsi a ribaltare in ripartenza quello degli altri. 8) Stefano SensiDoveva essere un alieno - piedi di Xavi e genio di Iniesta, almeno così flautavano gli aedi - invece sta in panchina a fianco del massaggiatore. Da settembre ha collezionato 169 minuti in 8 presenze, neppure due partite intere nell’Inter fra campionato e Champions. Molto limitato dagli infortuni, il centrocampista è scivolato in fondo alle preferenze di Inzaghi, deluso anche da un atteggiamento rinunciatario del giocatore in allenamento. Difficile piazzarlo nel mercatino di gennaio, anche perché lo staff tecnico della capolista è convinto che l’unico vice-Brozovic naturale sia ancora lui. Hakan Calhanoglu si adatta e ha vissuto un momento magico, ma non sarà mai un regista. 9) Paulo DybalaPoiché il fuoriclasse della Juventus ha mantenuto la posizione da flop conquistata a fine 2020, vale la pena ripetere un vecchio concetto: il senso della pagina è mettere in evidenza non chi è mediocre di suo (capirai che coraggio) ma chi si è tuffato partendo dal trampolino più alto. Ecco, ancora una volta Paulo Dybala ci ha messo il carpiato con avvitamento. Se la corazzata degli Agnelli mostra segnali di involuzione soprattutto nella percentuale di genialità offensiva, la colpa è anche del fantasista argentino che sembra avere perso il fuoco sacro e ha finito gli alibi. L’anno scorso era colpa di Cristiano Ronaldo, troppo accentratore. Quest’anno di chi altri? Se Andrea Agnelli non è convinto di sborsare 10 milioni a stagione per lui (il contratto in scadenza a giugno 2022 è una serie monumentale come The Crown), significa che lo stesso Dybala dovrà fargli cambiare idea in campo. Parolina magica, Champions. 11) Andrea BelottiLe coq est mort? Non ci crediamo. Ma neppure riusciamo a capire come un guerriero bergamasco di 28 anni riesca a scomparire in un buco nero senza apparente via d’uscita. D’accordo la raffica di infortuni (l’ultimo al bicipite femorale destro), d’accordo la mediocrità delle penultime panchine del Torino (Mazzarri-Giampaolo-Nicola) ma quest’anno la squadra ha un senso compiuto e un tecnico come Ivan Juric è garanzia di solidità. Eppure il Gallo latita, ormai fuori anche dall’orbita della Nazionale, avvolto nella nebbia della negatività che nello sport significa declino o necessità di cambiare aria. I numeri sono spietati. Nelle ultime tre stagioni è passato da 22 gol in 44 partite a 13 in 36, infine a 2 in 9. Un dirigibile sgonfiato. Juric ha commentato così l’ultima fermata ai box: «Spero di rivederlo a febbraio». Non ha specificato con quale maglia. 11) Moise KeanSe sei la punta emergente della Juventus e segni 4 gol in 18 partite (Champions compresa) significa che qualcosa non va. Tornato a casa da Parigi con muscoli, fosforo ed esperienza, Kean fatica a ingranare e soffre più di altri quello che gli esperti definiscono «un anno di transizione». Ha 21 anni e tutte le giustificazioni possibili, ma nel girone d’andata ha mostrato anche la consistenza di un fantasma. È in buona compagnia, ha fatto pari con un monumento come Olivier Giroud al Milan (15 partite, 4 reti) e meglio di nonno Fabio Quagliarella alla Sampdoria (19-3). Ma a differenza loro dovrebbe avere un futuro, non solo un grande passato. mister: Maurizio Sarri Scelta da mal di testa perché in questa prima parte di stagione i re decaduti in panchina sarebbero tre, compresi Josè Mourinho e Max Allegri. Tutti nello stesso girone degli ipocondriaci, chiusi in casa con tachipirina e vigile attesa a ripetere a memoria gli schemi delle loro vite precedenti. Per Sarri un tiki-taka complicato se applicato a una Lazio abituata a correre da 10 anni; per Mou a Roma un contropiede senza la ferocia dei giorni interisti; per Allegri una replica con giocatori invecchiati, stanchi, solo concentrati sull’ultimo valzer in Europa. Allora per decidere abbiamo fatto come l’Uefa: sorteggio. Ma senza replica.