2024-01-30
Tregua e ostaggi: l’intesa sembra più vicina
Gerusalemme, Washington, Doha e Il Cairo trovano un accordo da sottoporre ad Hamas: 35 prigionieri liberati per 45 giorni di cessate il fuoco. Ma i miliziani pretendono un’interruzione totale delle ostilità. Scandalo Unrwa, Madrid si schiera con l’Onu.Mentre nella Striscia si continua a combattere, con intense battaglie a Gaza e Khan Yunis, a Parigi, Israele, Qatar, Egitto e Stati Uniti hanno firmato una bozza di accordo sul rilascio degli ostaggi prigionieri di Hamas. Accordo immediatamente sottoposto ai dirigenti del gruppo terrorista, da cui si attende una risposta. Poche ore prima dell’intesa, resa nota dal canale televisivo americano Nbc News che cita una fonte anonima informata sui colloqui, si era espresso sul tema un alto funzionario di Hamas, Sami Abu Zuhri, che aveva dichiarato ad Al Jazeera che l’esito positivo dell’incontro di Parigi dipendeva dal fatto che Israele accettasse o meno di interrompere l’aggressione militare nella Striscia di Gaza, aggiungendo inoltre che tra le condizioni di un eventuale accordo avrebbe dovuto esserci necessariamente la liberazione di tutti i palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. La bozza di intesa raggiunta a Parigi, secondo la fonte, conterrebbe uno scambio tra cittadini israeliani e americani con prigionieri palestinesi, oltre a pause graduali nei combattimenti e al rifornimento di aiuti alla popolazione di Gaza. Secondo alcuni media dovrebbero essere rilasciati 35 ostaggi e concessi 45 giorni di tregua. La divergenza, dunque, starebbe nell’interruzione totale della guerra richiesta da Hamas e non concessa da Israele. Alcuni funzionari dello Stato ebraico, interpellati dal Times of Israel, hanno ammesso che «la strada per raggiungere un accordo sulla liberazione degli ostaggi è ancora lunga»; mentre il quotidiano israeliano Israel Hayom ha riportato la posizione dei vertici dei servizi segreti israeliani, lo Shin Bet e il Mossad, secondo cui il governo di Benjamin Netanyahu manifesterebbe flessibilità soltanto sul numero di prigionieri palestinesi da rilasciare e sulle quantità degli aiuti umanitari da far entrare a Gaza, escludendo categoricamente il cessate il fuoco permanente. Ieri in serata Israele ha convocato d’urgenza il gabinetto di guerra per discutere il da farsi in una giornata complessa in cui il ministro della Difesa israelaino, Yoav Gallant, ha ammesso che «la guerra sarà ancora lunga» e che «alla fine Israele spazzerà via Hamas». Gallant, dopo che domenica il Wall Street Journal aveva rilanciato un’indiscrezione secondo cui l’80% dei tunnel utilizzati dai miliziani a Gaza potrebbe essere ancora intatto, ha fatto sapere che metà degli operativi di Hamas sono stati uccisi o feriti, spiegando: «Rimangono ancora terroristi, stiamo combattendo contro sacche di resistenza, ci vorranno mesi, non un giorno. Loro non hanno rifornimenti, non hanno munizioni, né rinforzi. Hanno difficoltà a occuparsi di loro stessi, dei loro feriti». Sempre nella giornata di ieri, l’Idf ha comunicato di aver eliminato decine di miliziani di Hamas, di aver localizzato una grande quantità di armi ed equipaggiamento militare all’interno della Striscia, e che quindi proseguiranno le battaglie per colpire infrastrutture e operatori legati ai terroristi, in particolar modo nella zona di Khan Younis, a Sud della Striscia, città da cui continuano a partire ogni giorno decine di razzi verso Tel Aviv. Scenario simile a Gaza, dove l’esercito israeliano ha sollecitato la popolazione a spostarsi verso la zona umanitaria allestita a Deir el-Ballah, nel Sud dell’enclave.Intanto, si propaga la scia di polemiche riguardo allo scandalo che ha colpito negli ultimi giorni l’Unrwa. L’agenzia dell’Onu per il soccorso dei profughi palestinesi, accusata di un presunto coinvolgimento di 12 dipendenti nel massacro del 7 ottobre, ha visto già dieci Paesi interrompere i finanziamenti: Usa, Regno Unito, Germania, Italia, Australia, Canada, Giappone, Austria, Paesi Bassi e Finlandia. E mentre Bruxelles non ha ancora preso una decisione, è la Spagna ad andare controcorrente, annunciando la non interruzione dei rapporti con l’agenzia delle Nazioni Unite, ritenuta da Madrid «essenziale per alleviare la situazione umanitaria dei civili palestinesi». Secondo il Wall Street Journal, almeno il 10% dei dipendenti dell’Unrwa a Gaza hanno legami con Hamas. Così, il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz ha reso noto di aver cancellato un incontro in programma domani con il direttore dell’Unrwa, Philippe Lazzarini: «Impiegati dell’Unrwa hanno partecipato al massacro del 7 ottobre. Lazzarini dovrebbe trarre le conclusioni e dimettersi», ha detto Katz. L’Onu, dal canto suo, sostiene di non aver ricevuto il dossier con le accuse da parte di Israele.
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