2025-08-02
Ormoni, onore e piccole miserie: «Temptation» ci riporta alla realtà
Il reality di Canale 5, premiato dagli ascolti, è un baluardo di normalità contro il tentativo di imporre nuovi stereotipi di genere (fluidi) e di mortificare le relazioni perché la donna è vittima del patriarcato.Più che suscitare spocchiose reazioni di affettato disinteresse o ispirare disperanti analisi sociologiche del tipo signora mia come siamo caduti in basso, il successo di Temptation Island dovrebbe farci tirare un bel sospiro di sollievo e suggerirci alcune garbate riflessioni. Non abbiamo timore di affermare che il reality show di maggior successo della tv italiana sia a tutti gli effetti un programma conservatore, anzi reazionario, modernissimo e al tempo stesso antimoderno. Per i pochissimi che non lo avessero mai visto, sintetizziamo il contenuto: alcune coppie in crisi, invece di rivolgersi a un bravo terapeuta, di consultare un sacerdote o incamminarsi lungo un percorso spirituale, decidono di passare alcune settimane in un resort gravido, appunto, di tentazioni. Le donne risiedono in un villino munito di spiaggia e popolato di fusti abbronzati con l’addominale prominente e dettagliato. Gli uomini finiscono in mezzo a fanciulle dalle forme bombate da Madre Natura (o più spesso dalla chirurgia) adeguatamente abbigliate, cioè mezze nude con glutei generosamente esibiti e seni celati giusto per fingere che esista ancora il pudore. L’obiettivo dovrebbe essere quello di resistere alle avance delle gradevoli tentatrici o tentatori e ritornare dalla propria metà più motivati a proseguire la relazione. Semplice ed efficace, insomma. Per cominciare, dunque, si ribadisce la realtà concreta della differenza sessuale, il che oggi - in tempo di fluidità è confini labili - è piuttosto rilevante. Tale differenza si manifesta anche nella distruzione di alcuni luoghi comuni e, insieme, nella riaffermazione di qualche stereotipo. I maschi si dimostrano perlopiù cedevoli, si fanno di solito irretire dalle piacenti tentatrici senza che queste debbano compiere enormi sforzi. L’entusiasmo però dura poco: non appena la situazione si fa più complicata e la leggerezza del flirt scema, ecco che l’uomo ritorna all’ovile più velocemente di come ne è uscito. I maschi le sparano grosse, fanno la ruota, si credono seduttori, poi danno di matto non appena sbirciano la compagna lontana che s’avvicina a un concorrente. Sono gelosi, si fanno affondare dall’orgoglio, svelano un campionario di miserie che la metà basterebbe. Le ragazze - andando con l’accetta - agiscono con più garbo: s’affezionano a questo o quel manzo più coinvolte dalla sua (esibita) disposizione alla dolcezza che dai suoi muscoli torniti. S’infuriano se vedono i fidanzati festanti fra lo sventolare di chiappe altrui, proferiscono ogni maledizione, poi si sfogano col tentatore di turno che sembra concentratissimo nell’ascolto, ma sta soltanto cercando con difficoltà di sembrare attento e insieme mantenere il bicipite in tensione. In breve, Temptation Island è un piccolo concentrato di dura realtà che smonta ogni elucubrazione sul patriarcato, la rieducazione affettiva, la decostruzione degli stereotipi di genere. Con il programma di Canale 5 siamo nel territorio etologico di Konrad Lorenz, in cui il richiamo dell’istinto e la potenza della carne sono dominanti ed evidentissimi. Si scardinano tutti i ragionamenti posticci e le costruzioni intellettuali ed emerge la quotidianità più ctonia e terribile. Sull’isola non ci si dispera per il maschile sovraesteso e non ci si arrovella sullo schwa: trionfa piuttosto la normalità granitica, ci si azzuffa per le cose piccine che fanno la vita degli umani, s’affastellano gelosie, invidie e rancori, banali ma comuni. In sostanza Temptation non è un programma prescrittivo, come le pubblicità con le quote etniche che mirano a riscrivere la realtà. È piuttosto descrittivo: certo ciascuno di noi si crede migliore dei protagonisti del reality, meno schiavo degli ormoni o dell’onore. Ma in fondo l’umanità resta uguale a sé stessa nei millenni. A Troia si scatenò una guerra per una splendida donna rubata, sull’isola ci si scanna perché il maschio compra un gazebo che la femmina non apprezza: avrebbe preferito una cena fuori e un complimento in più. E questa dopo tutto è l’esistenza in cui siamo precipitati: un continuo acquistare inutilmente gazebi, l’illusione quotidiana di meritare una perfezione che ci è impossibile raggiungere. I più saggi tra i partecipanti di Temptation, alla fine, scelgono di restare nella situazione da cui sono partiti, se non è proprio devastante. Si rendono conto che nulla è dovuto e tutto è concesso, che gli altri sono imprevedibili e incontrollabili, e talvolta persino la monotonia domestica può essere un ottimo rifugio in un mondo senza cuore. Non servono dunque le recensioni sdegnose degli intellettuali, né il rifiuto preconcetto di chi «io quella roba non la guardo». È utile invece tanta comprensione per il genere umano, così perduto nei suoi risibili drammi, ignaro del fatto che le cose del mondo siano fumo e vento che abbaia. Temptation Island è politicamente scorretto ma non in modo programmatico, soltanto perché ci disvela ciò che siamo senza schermi. Ci vorrebbe un Emil Cioran per raccontarlo come si deve, talvolta un Faulkner. Il cinismo degli autori che sottolineano ogni ridicolo sfogo dei partecipanti con colonne sonore irridenti è un meraviglioso sorriso con i canini in mostra, uno sghignazzo che relativizza le miserie di femmine e maschi, che si scoprono opposti e identici. È reazionario, Temptation Island, e divertente e malinconico come lo siamo noi tutti. Ogni individuo, alla fine, è un gazebo da giardino in balia delle correnti feroci.
La leggendaria bacchetta svela le ragioni che l’hanno portato a fondare una vera e propria Accademia per direttori d’orchestra, che dal 2015 gira il mondo per non disperdere quel patrimonio di conoscenze sul repertorio operistico che ha ereditato dai giganti della scuola italiana.
Ll’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti (Ansa). Nel riquadro la copertina del numero di «Panorama» da oggi in edicola