2023-02-09
Gli anarchici ora sperano in Melillo. Ma la Cassazione inchioda Cospito
La nota del procuratore nazionale antimafia (ex braccio destro di Andrea Orlando) suggeriva un’alternativa al 41 bis. La suprema corte e il pg di Torino: niente sconti all’insurrezionalista, è il leader della falange più pericolosa.Dopo la visita dell’ex Guardasigilli Andrea Orlando che, accompagnato da Debora Serracchiani, Walter Verini e Silvio Lai, era corso al capezzale dell’arruffapopoli Alfredo Cospito, primo anarco-insurrezionalista finito al 41 bis, restando con lui a chiacchierare per i 48 minuti che hanno riacceso il dibattito sulla cancellazione del regime di carcere duro dell’ordinamento penitenziario, gli anarchici possono puntare su un documento scritto dal suo vecchio capo di gabinetto attualmente al vertice della Procura nazionale antimafia Giovanni Melillo. Nella relazione che la Direzione nazionale antimafia ha inviato al ministro della Giustizia Carlo Nordio viene indicata una strada diversa dal 41 bis per la detenzione di Cospito. Ovvero una strada che non prevede una «trattativa» o un «ricatto» con i terroristi, ha rilanciato ieri Repubblica. E sarebbe quella della detenzione in «alta sicurezza», «idonea» comunque a «contenere l’indubbia carica di pericolosità sociale del detenuto». Repubblica, con un’operazione da soccorso rosso, va a ripescare l’annotazione di Melillo, notizia peraltro superata, e ripercorre la linea tracciata da Orlando in un tweet pubblicato dal suo profilo poco dopo l’incontro in carcere con Cospito: «È urgente trasferire Cospito e revocare il 41bis. Non si possono usare gli atti intimidatori come un alibi. Legare il 41 bis a una sorta di ritorsione significa fare il gioco di chi nega alla radice l’esistenza dello Stato di diritto e per questo giustifica l’uso della violenza». Né Orlando né Repubblica hanno spiegato chi abbia messo in atto il «ricatto» o la «ritorsione», visto che il ricorso al 41 bis è stato deciso da Marta Cartabia durante il governo dei Migliori a guida Pd. Ma più che il parere di Melillo dovrebbe valere ciò che scrivono i giudici della Corte di Cassazione, quando hanno deciso che le bombe carta piazzate nel 2006 davanti a una caserma dei carabinieri a Fossano configurano non il reato di strage semplice, ma quello di devastazione, saccheggio e strage ai danni dello Stato, con nuova richiesta di condanna all’ergastolo per Cospito e a 12 mesi di isolamento diurno. Nella sentenza i giudici valutano «le condotte istigatorie ed apologetiche» attribuite a Cospito, giudicandole con queste parole: «Avevano permeato da sempre l’attivismo anarchico del ricorrente». Secondo i giudici di Cassazione, sarebbe accertata «l’adesione del ricorrente, pubblicamente esternata, alla falange più aggressiva dell’anarchismo insurrezionalista armato».Ma un certo peso specifico ce l’ha anche il parere inviato il 2 febbraio dal procuratore generale di Torino Francesco Enrico Saluzzo (il magistrato che ha istruito il processo d’appello e che ha scritto il ricorso per Cassazione) al ministero della Giustizia. Il magistrato, che conclude insistendo nel regime di detenzione più afflittivo, dipinge Cospito come un «ideologo», un istigatore e «apologeta», che manterrebbe il ruolo «anche dall’interno della struttura penitenziaria e nonostante il regime di 41 bis». Secondo Saluzzo, Cospito «si pone come punto di riferimento e catalizzatore di tutta una serie di aggregazioni del mondo anarco-insurrezionalista che a lui guarda come modello ed esempio». Il detenuto, insomma, sembra conservare tutta la sua fama da cattivo maestro. E le sue «chiamate alle armi», sottolinea il magistrato, «non solo non vengono ignorate, ma si trasformano in un’onda d’urto che si dipana non solo sul territorio nazionale ma anche in Paesi esteri». Inoltre, a proposito delle azioni violente e di grave intimidazione messe in atto dai seguaci del novello guru anarco-insurrezionalista, Saluzzo scrive: «È proprio ciò che Cospito propugna e indica (come la strada da seguire) e che viene immediatamente raccolta e tradotta in pratica e in atti concreti». D’altra parte una «forte personalità, nonché un carisma non comune», Cospito li ha mostrati anche con i quattro dem il giorno dell’inchino in carcere. Ovvero quando l’anarchico ha spedito Orlando e i suoi a parlare con i detenuti per criminalità organizzata con i quali si confronta durante le ore d’aria. È finito tutto nella scheda di sintesi che il Nic, il Nucleo di investigazione centrale della polizia penitenziaria, ha trasmesso al Gom, il Gruppo operativo mobile, che a sua volta ha inviato una relazione al Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria. Le segnalazioni dei due reparti speciali della Penitenziaria non avevano finalità di polizia giudiziaria, ma solo informativa per gli uffici del ministero e, quindi, non erano coperte da alcun segreto. E quando Giovanni Donzelli, documentato, ha inchiodato Orlando & C., apriti cielo. Si è beccato due mozioni di sfiducia, insieme al sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro delle Vedove (accusato di essere il suggeritore), e un esposto alla Procura di Roma presentato da Angelo Bonelli, il leader dei Verdi che ha fatto usare ad Aboubakar Soumahoro il suo partito come un taxi per il Parlamento. E ora ci sarebbe un fascicolo, al momento contro ignoti. Per accertare la natura (peraltro già illustrata dal Guardasigilli) dei documenti consegnati in Procura nei giorni scorsi dai vertici del Gom e l’eventuale sussistenza del segreto amministrativo, i magistrati starebbero valutando se convocare Delmastro e Donzelli. Dalle indiscrezioni filtrate ieri non emergeva neppure in modo preciso se in qualità di persone informate sui fatti o addirittura di indagati. Il che significherebbe tenere in padella il coordinatore di Fratelli d’Italia, che è anche vicepresidente del Copasir, e il sottosegretario alla Giustizia.