2024-05-04
Orient Express, un delitto perdersi la cucina
Sul mitico treno, reso immortale da un racconto giallo di Agatha Christie, il gusto viaggia insieme al lusso. Ed è capitato anche che fosse uno chef italiano a deliziare i palati di teste coronate e spie in transito da Istanbul a Parigi via Venezia: Giorgio Gioco.Chissà quali piatti a la carte ordinò Samuel Edward Ratchett nel lussuoso ristorante dell’Orient Express in viaggio da Istanbul a Trieste e Calais prima di essere ammazzato con 12 pugnalate nel suo scompartimento della voiture-lits di prima classe. Saumon fumé d’Ecosse et raifort? Caviar Beluga et blinis? Langouste rôtie? Agatha Christie sorvola su questo particolare in Assassinio sull’Orient Express, il romanzo giallo scritto nel 1934, ovvero nel periodo d’oro del leggendario treno. Ci fa sapere cos’ha voluto per cena la sobria principessa russa Natalia Dragomiroff, «brutta come un rospo ma ricca sfondata»: pollo cotto senza sale e pesce lesso. Ma non nomina le pietanze ordinate dal miliardario americano, come se avesse voluto togliere al condannato perfino l’ultimo piacere terreno. Detto per inciso, ha fatto bene: Ratchett, alias John Cassetti, era un individuo odioso, brutale rapitore e uccisore di bambini sfuggito alla giustizia.Ian Fleming, pure lui scrittore inglese, padre di James Bond, nel romanzo A 007, dalla Russia con amore, annota scrupolosamente l’ordinazione della spia di sua maestà e di Red Grant, il biondo killer della Spectre che di lì a poco si rivelerà per quello che è, un nemico mortale. Al cameriere dell’Oriente Express che sta attraversando la Jugoslavia, entrambi ordinano sogliola ai ferri. Bond l’abbina a un Tattinger blanc de blanc, il sicario a un Chianti rosso. «Vino rosso col pesce», commenterà con disprezzo il raffinato doppio-zero prima di smascherarlo e ucciderlo.Il mitico Orient Express, il treno più romantico del mondo, da quasi 150 anni accoglie nelle lussuose carrozze teste coronate e aristocratici, spie e donne fatali, magnati e avventurieri, uomini con un passato da nascondere e loschi trafficanti internazionali. Moltissimi i nomi illustri che si sono accomodati agli eleganti tavoli del restaurant e dormito tra lenzuola di seta nei loro compartimenti: l’imperatore Carlo d’Austria e Ungheria; Edoardo, principe di Galles con Wallis Simpson per la quale, divenuto re, rinunciò al trono; re Boris di Bulgaria che, quando il treno attraversava i suoi territori si divertiva a sostituire il macchinista; l’olandese Margaretha Geertruida Zelle, più conosciuta come Mata Hari, la sensuale spia fucilata dai francesi nel 1917; Lawrence d’Arabia; Robert Baden Powell, fondatore del movimento scoutistico, ma a quei tempi (anche lui!) spia inglese; Josephine Baker che era sull’Orient Express quando un attentato lo fece deragliare nel 1931 provocando un macello.Il 4 ottobre prossimo il Venezia Simplon Orient Express, l’erede di una così illustre storia, compie 141 anni di grandi viaggi, magnifici paesaggi, illustri personaggi e, tanto per restare in rima, prelibati assaggi. Era il 4 ottobre 1883 quando il leggendario treno partiva dalla gare de Strasbourg di Parigi, oggi gare de l’Est, per il suo viaggio inaugurale con destinazione Istanbul. Sferragliando da un secolo all’altro, bloccato dalle guerre, cambiando prospettive geografiche e passando da una proprietà all’altra, l’Orient Express sembrava arrivato a fine corsa nel 1977. Invece rieccolo risorgere dalle ceneri come l’Araba fenice nel 1982 grazie alla compagnia Venice Simplon Orient Express sotto le cui insegne viaggia ancora oggi con il medesimo fascino di oltre un secolo fa e le stesse lussuose carrozze con pareti in radica, pannelli in lacca cinese, cristalli di Lalique, motivi floreali dell’Art decò, abat jour discreti di luce soffusa, calici in cristallo di Boemia… La stazione di partenza è Venezia, città magica dove il treno e i viaggiatori fanno il pieno di incanti. Sull’Orient Express si respira l’atmosfera di un mondo diverso, antico, che ti prende per la gola mettendo in tavola l’alta cucina francese: piatti preparati alla perfezione, con materie prime sceltissime, da chef stellati.Li conosciamo, i francesi: toccagli la Torre Eiffel che non fanno una piega, ma giù le mani dalla loro cucina. Eppure i vertici dell’Orient Express, nel 1989, annunciarono una clamorosa novità: in novembre, per alcuni giorni, la celebre e celebrata cucina del treno sarebbe stata affidata a un cuoco italiano che avrebbe proposto i piatti gourmet del Bel Paese. A tale scopo fu chiamato Giorgio Gioco, cuoco e patron del «12 Apostoli» di Verona, definito dai vertici della compagnia «one of Italy’s top restaurateurs». Doveva essere un omaggio all’Italia attraversata da Est a Ovest dal mitico treno, a Venezia e, tramite Gioco, a Verona, una delle tappe dell’Express.Un omaggio e un buon ricordo. Il cuoco veronese rappresentava l’associazione dei ristoranti del Buon ricordo (fu tra i fondatori) di tutta Italia. Ai viaggiatori gourmet fu donato un piatto della Ceramica fratelli Solimene di Vietri con su disegnato il treno, il tragitto da Venezia a Parigi e a Londra e le scritte «Ristoranti del Buon ricordo» e «Venice Simplon Orient Express». Nell’angusta ma completissima cucina del treno, Gioco fu affiancato da Christian Bodiguel, chef titolare, ed ebbe a disposizione una brigata di sei cuochi. Oltre a questi c’era il fratello Franco, sommelier, che gestiva la cantina con i vini veronesi: Valpolicella, Amarone, Recioto, Soave.Oltre agli spazi ristretti, al dondolio del treno che viaggiava alla media di 120 chilometri all’ora, Gioco dovette fare i conti con le esigenze di Claude Ginella, il directeur general della compagnia Venice Simplon Orient Express il quale pretendeva che anche le salse, le creme, i piatti e i dessert si fondessero in un’armonia cromatica con gli arredi e i colori del treno. Fu un invito a nozze per Gioco, cuoco umanista che maneggiava pentole e pignatte con l’arte rinascimentale di uno Scappi o di uno Stefani, ma che era anche poeta, pittore e scultore di bronzetti fatti col metodo della cera persa.Già nel titolo Gioco diede l’impronta scaligera: il menu di Romeo e Giulietta. Due i menu serviti tra Verona e Parigi. Il primo: terrina di funghi di bosco con formaggio gratinato; sogliola alla crema di olive e spinaci; filetto di vitello della Lessinia al tartufo bianco e nero servito con fagiolini al burro; pandoro allo zabaglione abbinato al recioto classico. Il secondo: millefoglie al tartufo; verdone (un pesce) allo zafferano; filetto di manzo alla Capuleti; dolce all’amarena.L’Orient Express è nel cuore di Venezia. E per «cuore» intendiamo la Salizada S. Antonin nel sestiere di Castello, a pochi passi dall’Arsenale e dai Giardini della Biennale. Qui, dove un tempo c’era un’agenzia che vendeva il sogno di un viaggio sull’Orient Express, ora c’è un locale minuscolo (ha solo 18 coperti) che un sognatore moldavo, Vladimir Grigoriev, ha trasformato in un ristorantino: l’Hostaria Castello. Grigoriev ha voluto che nel locale si respiri la stessa atmosfera della vettura ristorante dell’Express: luci soffuse, il verde ottanio dei divanetti con l’imbottitura capitonné, l’eleganza intima e sognante di uno scrigno di gusto e buon gusto. Anche le maioliche del pavimento e i decori del bancone a motivi bizantini richiamano i particolari del treno. E la cucina? Veneziana ma stellare. Luca Veritti, chef stellato, si ispira alla tradizione di mare e di terra della Serenissima.In carta ci sono il fegato alla veneziana con polenta morbida e salvia croccante; le sarde in saòr, i bigoli all’anitra con ragù, gli spaghetti con scampi alla bùsara. Ma Veritti viaggia con la fantasia ai ritmi della cucina dell’Orient Express proponendo piatti gourmet: pomodoro con cuore di burrata e salsa al basilico; cappuccino di patate con le seppie al nero spolverate di cacao amaro; calamari saltati con crema di finocchi aromatizzata alla vaniglia di Bourbon e mandorle tostate; gnocchi di patate con baccalà fresco, pere croccanti e olive taggiasche.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)