
Botte da Orbán tra i partiti di destra in Europa: il gruppo dei Patrioti, quello fondato tra gli altri dal premier ungherese Viktor Orbán, continua a crescere e punta a superare i Conservatori di Ecr, guidati da Giorgia Meloni.
Ieri ai Patrioti ha infatti aderito anche il Partito Popolare danese, formazione sovranista che conta un solo eurodeputato, Anders Vistisen, il cui arrivo però è importantissimo poiché consente agli orbaniani di raggiungere la soglia di almeno sette Paesi rappresentati, indispensabile per costituire un gruppo autonomo. «Saremo lieti», commenta Vistisen, «di lavorare con i nostri vecchi alleati del gruppo Id e i nostri nuovi amici di Spagna, Repubblica Ceca e Ungheria. Siamo certi che, essendo il terzo gruppo più numeroso, potremo inviare un chiaro segnale agli estremisti federalisti e difendere un’Europa di Stati nazionali». Si porta già avanti con il lavoro, Vistisen, che parla di terzo gruppo più numeroso, evidentemente confidando nell’ingresso nei Patrioti anche della Lega e soprattutto del Rassemblement National di Marine Le Pen. Al momento, ricordiamolo, ai Patrioti hanno aderito ufficialmente gli ungheresi di Fidesz (undici eurodeputati), quelli di Ano dell’ex premier ceco Andrej Babiš (sette, provenienti da Renew), gli austriaci della Fpö (sei) i portoghesi di Chega (due) e il Partito della Libertà di Geert Wilders (sei) provenienti da Id; gli spagnoli di Vox (sei) usciti dai Conservatori di Ecr. Siamo a quota 39, ai quali dovrebbero aggiungersi gli 8 della Lega e il pattuglione dei 30 parlamentari europei eletti da Marine Le Pen. Considerati i vari gruppettini sparsi, a cominciare dai belgi del Vlaams Belang, che potrebbero essere attratti da un gruppo così numeroso, ecco che i Patrioti potrebbero superare quota 80 deputati, diventando il terzo gruppo del parlamento europeo dopo i Popolari (188), i Socialisti (136) e davanti ai Conservatori (78) e ai Liberali (76). Sapremo tutto tra poche ore: domani, lunedì 8 luglio, verrà presentato il gruppo, non a caso dopo il secondo turno delle elezioni francesi. Va detto, però, che al contrario di quello che racconta una certa narrazione superficiale (o interessata) la consistenza numerica dei gruppi non c’entra proprio niente con le trattative per la formazione della nuova Commissione europea. I Patrioti possono anche arrivare a 100 eurodeputati, ma saranno sempre tenuti fuori dalla maggioranza del tripartito Popolari-Socialisti-Liberali, che si sono spartiti le cariche apicali senza consultare nessun altro, e che adesso sono a caccia dei voti necessari per far superare a Ursula von der Leyen lo scoglio del voto di «fiducia» del Parlamento europeo, in programma il prossimo 18 luglio a Strasburgo. Un voto segreto, quindi a rischio «franchi tiratori»: i tre partiti sulla carta dispongono di 400 voti, la maggioranza richiesta è 361, e considerato che tra Popolari, Socialisti e Liberali non tutti sono entusiasti della riconferma di Ursula occorre garantirsi un margine assai più ampio. La von der Leyen sta trattando con i Verdi (54 eurodeputati) ma una parte del Ppe è contraria a questa intesa, a partire da Forza Italia, che invece preferirebbe parlare con i Conservatori della Meloni, ma i Socialisti non ne vogliono sapere. Tra l’altro, a quanto apprende La Verità, sarebbe proprio il Pd, la cui delegazione di 21 deputati è la più numerosa tra quelle dei Socialisti europei, a essere la più nettamente contraria a una trattativa ufficiale con Fratelli d’Italia. In ogni caso, le trattative ufficiali camminano parallelamente a quelle ufficiose, e si può stare certi che gli emissari di Ursula von der Leyen si stanno dando molto da fare per recuperare voti utilizzando argomenti convincenti: no, non ci riferiamo a programmi e ideali, ma a posti di potere e sottopotere, prebende e incarichi. Nell’attesa di capire se la von der Leyen riuscirà a ottenere la fiducia, non possiamo non osservare come il gruppo dei Patrioti, in attesa della Lega e del Rassemblement National, si configuri come in grado di dare filo da torcere alla nuova cupola di Bruxelles non solo nel Parlamento, ma anche in sede di Consiglio europeo, visto che comprende esponenti di governo nei rispettivi Paesi. La visita di Orbán a Mosca e l’incontro con Vladimir Putin sono solo l’inizio di una strategia basata sulla considerazione che continuare a sostenere acriticamente la strategia della Nato (ovvero degli Stati Uniti) in Ucraina è deleterio per l’Europa. Così come è difficile non intravedere nei Patrioti un gruppo che si sta posizionando in vista di una probabile vittoria di Donald Trump alle presidenziali Usa di novembre. Va anche detto che paradossalmente la crescita dei Patrioti rende ancora più affidabile Giorgia Meloni, che ha dimostrato di essere totalmente allineata alla Nato e alla amministrazione americana di Joe Biden, rimodulando le storiche posizioni del suo partito. Non a caso, chi teme la vittoria del Rn in Francia si augura una «mélonisation» della Le Pen se dovesse passare dall’opposizione al governo.






