2024-10-16
L’Oms pubblica un dizionario gender e spiana la strada pure ai baby trans
Tedros Adhanom Ghebreyesus (Ansa)
Con la scusa di tutelare le minoranze e la loro salute, l’agenzia lancia il breviario per «sanitari», «politici» ed «educatori» in cui sposa le tesi Lgbt: dalla lotta all’«eteronormatività» al cambio di sesso nei minorenni.È l’Organizzazione mondiale della sanità oppure l’internazionale Lgbt? E cosa c’entra la salute con l’ideologia arcobaleno? Perché «politici», «educatori» e «operatori sanitari» dovrebbero credere nella differenza tra sesso biologico e genere, oppure battersi contro l’oppressione «eteronormativa»?Le «domande frequenti»L’ultima innovazione introdotta dall’agenzia delle Nazioni Unite è, in realtà, la riedizione, con revisioni e correzioni, di un «dizionario» gender uscito nel 2016. Contiene quelle che, a detta dei suoi autori, sarebbero le «Domande poste di frequente su diversità di genere e sessuale, salute e diritti umani», con una «introduzione ai concetti chiave». Chissà quanti medici, infermieri, ministri e professori contatteranno ogni giorno Tedros Adhanom, per chiedergli come comportarsi con trans, queer e intersex. Per evitare che il telefono del funzionario eritreo diventi troppo bollente, allora, l’Oms ha aggiornato le sue linee guida. Giocando su un equivoco: perché un conto è occuparsi delle esigenze assistenziali delle minoranze sessuali, specie nei Paesi arretrati, in cui rischiano di subire discriminazioni e abusi; un altro conto è trasformare in un vangelo l’ideologia gender.Il manualetto delle «Faq» (frequently asked questions) parte da un presupposto: c’è una differenza tra il sesso biologico e l’«identità di genere». Questa equivale all’«esperienza del genere individuale e interna, percepita in profondità, che può coincidere o meno con il sesso assegnato alla nascita». Come esordio non c’è male, per la pubblicazione della principale istituzione sanitaria mondiale, che si appella a «evidenze di salute pubblica e conoscenze mediche». Cosa c’è di scientifico nel ridurre il sesso, un dato ineludibile della natura ancor prima che della biologia, a una banale questione di «assegnazione» arbitraria?Ancora più controversa è la definizione di «diritti sessuali». Sì, perché accanto a principi sacrosanti - il diritto «all’uguaglianza e alla non discriminazione», o quello «a essere liberi da torture e crudeltà, trattamenti inumani o degradanti o punizioni» per il proprio orientamento sessuale - l’Oms inserisce pure il diritto «a sposarsi e fondare una famiglia […] e a eguali prerogative matrimoniali». In soldoni, parla di riconoscimento giuridico delle nozze gay, che non è una questione scientifica e men che meno sanitaria, semmai politica. Sotto l’ombrello dell’«uguaglianza» e della facoltà di crearsi un nucleo familiare va messa anche la pretesa di avere dei figli, eventualmente tramite maternità surrogata?L’indottrinamento ideologico, poi, non si limita a mettere in guardia da omofobia, bifobia e transfobia. L’Oms, infatti, invita a prendere le distanze pure dalla cosiddetta «eteronormatività», ossia «la presunzione che ognuno sia o debba essere eterosessuale, che l’eterosessualità sia la norma e che la società debba essere organizzata attorno ai bisogni delle persone eterosessuali». Citofonare Roberto Vannacci, per il quale, a questo punto, si dovrebbe valutare un trattamento sanitario obbligatorio.Non poteva mancare una sezione dedicata ai transgender. In questo caso, l’agenzia Onu ci tiene a sottolineare che ciò che prima era classificato come un «disordine d’identità nei bambini», adesso è considerato una semplice «incongruenza», come tale rimossa dall’elenco delle patologie psichiatriche e spostata in quello dei «Disturbi correlati alla salute sessuale». Che cosa comporti tale cambiamento è presto spiegato: «Includere l’incongruenza di genere nell’Icd», cioè nella nuova versione della Classificazione internazionale delle malattie, «mira a facilitare l’accesso delle persone transgender ai servizi sanitari di affermazione di genere, come pure alle adeguate coperture finanziarie per questi servizi». Il dizionario si guarda bene dall’aggiungere delle voci che spieghino dove ha intenzione di andare a parare l’Oms.Finanziare uno scempioIl dogma dell’«affermazione di genere» prevede che, se un paziente dichiara di appartenere al sesso opposto, il medico abbia l’obbligo deontologico di assecondarne il desiderio. È un approccio molto pericoloso, soprattutto se viene adottato con i minorenni. Mesi fa, ad esempio, destò scalpore la diffusione delle chat interne ai gruppi di dottori membri della Wpath, l’organizzazione che detta le direttive globali sul trattamento dei trans. Alcuni confessavano candidamente di aver sottoposto a terapie ormonali, o addirittura a interventi chirurgici di demolizione dei genitali, persino adolescenti palesemente affetti da problemi mentali. L’Oms, non paga, sta chiedendo anche di finanziare questo scempio con i soldi pubblici. Quelli che, forse, bisognerebbe smettere di darle.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)