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2023-06-04
L’Oms intasca 370 milioni per appaltare a Google la tecnocensura sanitaria
Tedros Adhanom Ghebreyesus (Ansa)
Google e l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) hanno lavorato insieme «per fare avere le giuste informazioni alle persone quando ne avevano più bisogno», in epoca Covid. Adesso, «aumenteremo il nostro impatto sulla salute per miliardi di persone», dichiara l’azienda statunitense sviluppatrice dell’omonimo motore di ricerca, annunciando un accordo di collaborazione pluriennale con l’Oms «per continuare a fornire informazioni sanitarie credibili», rispondendo «a problemi di salute pubblica emergenti e futuri».
Prospettiva rassicurante? Niente affatto. Non bastano i finanziamenti dati, per fornire garanzie. Google fa sapere di aver donato all’Oms oltre 320 milioni di dollari in pubblicità tramite Ad Grants, il programma per le no profit che permette di creare delle campagne sulla rete di ricerca. Si tratta della donazione più grande, in assoluto, fornita dall’azienda informatica. E, sempre Google, annuncia di avere stanziato altri 50 milioni di dollari per il 2023, sempre «per sostenere l’Oms nel continuare il suo lavoro di grande impatto nella sanità pubblica». In nome della scienza o dando voce solo a quello che si vuole propagandare in via ufficiale, come quando si è sostenuto il vaccino quale unico rimedio, senza contraddittorio?
Basta guardare l’esito della strategia messa in atto con l’Oms, racchiusa nel dossier Il potere della collaborazione di fronte a la pandemia di Covid-19: Google e l’Organizzazione mondiale della sanità. Vi si legge che, dall’inizio dell’emergenza sanitaria internazionale, le persone che si sono affidate a Google «centinaia di milioni di volte al giorno, con domande relative alla salute», sarebbero state aiutate a trovare «prodotti di alta qualità, informazioni affidabili basate su dati pertinenti su dove vivevano, da fonti attendibili in risposta alle esigenze degli utenti». Hema Budaraju, direttore senior dell’impatto sociale della ricerca presso Google, ha sostenuto: «Non importa quello che stai cercando, la nostra mission è darvi informazioni tempestive, pertinenti». Peccato che nulla risulti dal motore di ricerca di Google in tema di studi che rivelino complicanze nelle campagne vaccinali e nell’utilizzo dei farmaci anti Covid a mRna, se non per classificarli come fake news.
Il metodo adottato, grazie al quale ogni opinione contraria al vaccino veniva esclusa dal motore di ricerca, è subito chiarito. Per quando riguarda Youtube, la piattaforma video di Google che nel 2021 ha registrato oltre 110 miliardi di visualizzazioni sulla salute, «l’obiettivo principale è stato la rimozione di disinformazione dannosa, promuovendo contemporaneamente contenuti da autorità sanitarie credibili». È proprio l’azienda a vantarsi di aver rimosso «oltre 1,5 milioni di video correlati alla pericolosa disinformazione del coronavirus, bufale e fake news», nei primi due anni della pandemia.
Nemmeno veniva lasciata agli utenti, la facoltà di scegliere che cosa leggere o come documentarsi perché da Internet spariva ogni riferimento estraneo al flusso informativo mainstream. Ma non basta, per il gigante della ricerca online, che afferma di voler continuare la collaborazione con l’Oms per «sostenere la trasformazione digitale in contesti con poche risorse», attraverso anche Open health stack, un programma lanciato a marzo per consentire agli sviluppatori di creare app relative alla salute di nuova generazione, con soluzioni già usate nell’Africa subsahariana, in India e nel Sud Est asiatico. App che seguirebbero le raccomandazioni dell’agenzia (come è accaduto in epoca Covid?) e che nascono avvalendosi di sviluppatori specializzati nel settore sanitario come Ona, Iprd Solutions, Argusoft, Intellisoft, cui saranno fornite «le giuste informazioni di cui hanno bisogno, decisioni basate sull’evidenza per i loro pazienti». Quale evidenza? Quella che epura i contraddittori nel mondo scientifico?
Il tutto, grazie a partnership con multinazionali come Samsung. Salute sì, forse, ma anche tanto business con la benedizione dell’Oms. Google dichiara pure l’obiettivo di «preparare le comunità per future minacce alla salute pubblica», rivelando una presunzione assoluta nel fornire strumenti adeguati, sempre d’intesa con l’Oms, «per un positivo impatto sulla vita delle persone», fa sapere la dottoressa Karen DeSalvo, responsabile sanitario dell’azienda informatica.
Non più solo sul Covid: Ad Grants sarà usato per tematiche quali salute mentale, influenza, vaiolo delle scimmie, Ebola, con oltre 28 milioni di annunci di servizio pubblico in sei lingue. Quest’anno arriveranno altri 50 milioni di dollari per sostenere la versione gratuita di Google Ads, marketing digitale, grazie alla quale l’Oms metterà in contatto «il maggior numero possibile di persone con informazioni autorevoli».
Molti dubbi rimangono sull’effettiva autorevolezza dei contenuti forniti a così tanti utenti e sull’oscurazione, invece, di questioni scomode ma fondamentali di salute pubblica. Anche perché Andy Pattison, responsabile dei canali digitali dell’Organizzazione mondiale della sanità, sostiene che «il lavoro svolto durante la pandemia ci ha permesso di dare informazioni importanti a così tante persone che ne avevano bisogno, come altrimenti non avremmo potuto fare». Una trasformazione digitale, con gli approcci di censura scientifica che abbiamo drammaticamente sperimentato in tre anni di emergenza Covid, non fa sperare in molto di buono.
Seicento sbarchi in un giorno solo. Lampedusa torna sotto pressione
Dagli undici barconi approdati ieri a Lampedusa sono sbarcati in 600. L’hotspot di contrada Imbriacola, formalmente passato in gestione, da qualche giorno, alla Croce rossa, è al suo primo stress test. Anche perché si prevede un incremento delle partenze, complice il bel tempo. E gli ospiti sono già arrivati a quota 800. Prefettura di Agrigento e Viminale hanno già cominciato ad alleggerire la struttura, disponendo il trasferimento di almeno 200 persone verso i centri d’accoglienza.Intanto Badia Grande, la coop che ha gestito l’hotspot e che è stata sottoposta a ispezioni e contestazioni della prefettura (che ha poi risolto l’affidamento), ha cominciato a frignare: «Dall’1 marzo 2022, data di inizio della nostra gestione posta in essere con una telefonata della prefettura di Agrigento e con appena cinque ore di preavviso, a oggi si è registrato un transito di oltre 80.000 immigrati. Numeri importanti che hanno indotto il governo a proclamare lo stato di emergenza e ad affidare la gestione della struttura alla Croce rossa italiana».Ed ecco il tentativo di difesa: «In questi mesi la coop è stata accusata di incapacità nella gestione o, peggio, di voler speculare sulla vita dei migranti, senza voler considerare che, nei fatti, ha dovuto affrontare con mezzi ordinari una situazione straordinaria». Secondo la cooperativa, i funzionari del ministero dell’Interno, nei giorni scorsi, avrebbero fornito «una visione corretta e oggettiva dello stato delle cose, sottolineando come non si possa «giudicare l’operato di chi c’era prima, perché qualunque altro soggetto avrebbe vissuto le stesse difficoltà, a cominciare dalla difficoltà di approvvigionamento del cibo». E hanno scaricato le responsabilità sul «sovrannumero di ospiti rispetto alle previsioni». Ma, soprattutto, «sui ritardi nell’effettuare i trasferimenti».Infine, Badia Grande fa sapere che «la quasi totale attività manutentiva degli immobili e degli impianti, di proprietà demaniale, non è di competenza del gestore dei servizi d’accoglienza». Bagni insufficienti e problemi igienico-sanitari sarebbero derivati «da uno stress nell’uso della struttura». Si autoassolve, Badia Grande. Ma i primi giorni della gestione della Croce rossa sembrano aver già dimostrato che un cambio di passo sia possibile. Oltre agli sbarchi autonomi, però, anche ieri le Ong hanno continuato a traghettare migranti. Andrà a Civitavecchia la Humanity One della Sos Humanity, con i 30 tirati a bordo da un gommone, partito dalla Libia, che si è trovato in difficoltà in acque internazionali. Le due navi che, invece, hanno violato il regolamento voluto dal ministro Matteo Piantedosi, la Mare Go (36 passeggeri) e la Sea Eye 4 (49 passeggeri), entrambe tedesche, dovranno restare ferme in porto per venti giorni. La prima, l’altro giorno, si è rifiutata di raggiungere il porto di Trapani, indicato dal governo, mentre la seconda ha effettuato più di un salvataggio prima di procedere verso il porto assegnato, ovvero quello di Ortona. «Applicato il decreto Ong con il blocco delle navi e, alla prossima violazione, scatta il sequestro», ha commentato il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni, che ha aggiunto: «Il governo non delega a imbarcazioni private che battono bandiera straniera, finanziate da Stati esteri, il controllo delle frontiere e il soccorso». Ma anche a Nord, per l’invasione dalla rotta balcanica, è andato in affanno il meccanismo d’identificazione a Gradisca d’Isonzo (Gorizia), con 140 migranti (alcuni sarebbero affetti da difterite) da fotosegnalare in coda al comando stazione dei carabinieri. E Antonio Nicolosi, segretario generale del sindacato Unarma, è sbottato: «Non ci sono protocolli sanitari e neppure un mediatore culturale. Strumenti e figure che, invece, sono a disposizione della polizia di Stato. Inoltre segnaliamo che di fotosegnalamenti ne vengono fatti al massimo tre al giorno e questi immigrati rimangono così a bivaccare per il paese prima di essere ricollocati nel Cara».
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Patto tra l’Organizzazione guidata da Tedros Adhanom Ghebreyesus e il colosso delle Big tech per dare soltanto comunicazioni giudicate «credibili». Una stretta già vista in pandemia. La coop cacciata dall’hotspot frigna: «Fatto il massimo». Tensioni sulla rotta balcanica.Lo speciale contiene due articoli. Google e l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) hanno lavorato insieme «per fare avere le giuste informazioni alle persone quando ne avevano più bisogno», in epoca Covid. Adesso, «aumenteremo il nostro impatto sulla salute per miliardi di persone», dichiara l’azienda statunitense sviluppatrice dell’omonimo motore di ricerca, annunciando un accordo di collaborazione pluriennale con l’Oms «per continuare a fornire informazioni sanitarie credibili», rispondendo «a problemi di salute pubblica emergenti e futuri».Prospettiva rassicurante? Niente affatto. Non bastano i finanziamenti dati, per fornire garanzie. Google fa sapere di aver donato all’Oms oltre 320 milioni di dollari in pubblicità tramite Ad Grants, il programma per le no profit che permette di creare delle campagne sulla rete di ricerca. Si tratta della donazione più grande, in assoluto, fornita dall’azienda informatica. E, sempre Google, annuncia di avere stanziato altri 50 milioni di dollari per il 2023, sempre «per sostenere l’Oms nel continuare il suo lavoro di grande impatto nella sanità pubblica». In nome della scienza o dando voce solo a quello che si vuole propagandare in via ufficiale, come quando si è sostenuto il vaccino quale unico rimedio, senza contraddittorio? Basta guardare l’esito della strategia messa in atto con l’Oms, racchiusa nel dossier Il potere della collaborazione di fronte a la pandemia di Covid-19: Google e l’Organizzazione mondiale della sanità. Vi si legge che, dall’inizio dell’emergenza sanitaria internazionale, le persone che si sono affidate a Google «centinaia di milioni di volte al giorno, con domande relative alla salute», sarebbero state aiutate a trovare «prodotti di alta qualità, informazioni affidabili basate su dati pertinenti su dove vivevano, da fonti attendibili in risposta alle esigenze degli utenti». Hema Budaraju, direttore senior dell’impatto sociale della ricerca presso Google, ha sostenuto: «Non importa quello che stai cercando, la nostra mission è darvi informazioni tempestive, pertinenti». Peccato che nulla risulti dal motore di ricerca di Google in tema di studi che rivelino complicanze nelle campagne vaccinali e nell’utilizzo dei farmaci anti Covid a mRna, se non per classificarli come fake news.Il metodo adottato, grazie al quale ogni opinione contraria al vaccino veniva esclusa dal motore di ricerca, è subito chiarito. Per quando riguarda Youtube, la piattaforma video di Google che nel 2021 ha registrato oltre 110 miliardi di visualizzazioni sulla salute, «l’obiettivo principale è stato la rimozione di disinformazione dannosa, promuovendo contemporaneamente contenuti da autorità sanitarie credibili». È proprio l’azienda a vantarsi di aver rimosso «oltre 1,5 milioni di video correlati alla pericolosa disinformazione del coronavirus, bufale e fake news», nei primi due anni della pandemia.Nemmeno veniva lasciata agli utenti, la facoltà di scegliere che cosa leggere o come documentarsi perché da Internet spariva ogni riferimento estraneo al flusso informativo mainstream. Ma non basta, per il gigante della ricerca online, che afferma di voler continuare la collaborazione con l’Oms per «sostenere la trasformazione digitale in contesti con poche risorse», attraverso anche Open health stack, un programma lanciato a marzo per consentire agli sviluppatori di creare app relative alla salute di nuova generazione, con soluzioni già usate nell’Africa subsahariana, in India e nel Sud Est asiatico. App che seguirebbero le raccomandazioni dell’agenzia (come è accaduto in epoca Covid?) e che nascono avvalendosi di sviluppatori specializzati nel settore sanitario come Ona, Iprd Solutions, Argusoft, Intellisoft, cui saranno fornite «le giuste informazioni di cui hanno bisogno, decisioni basate sull’evidenza per i loro pazienti». Quale evidenza? Quella che epura i contraddittori nel mondo scientifico? Il tutto, grazie a partnership con multinazionali come Samsung. Salute sì, forse, ma anche tanto business con la benedizione dell’Oms. Google dichiara pure l’obiettivo di «preparare le comunità per future minacce alla salute pubblica», rivelando una presunzione assoluta nel fornire strumenti adeguati, sempre d’intesa con l’Oms, «per un positivo impatto sulla vita delle persone», fa sapere la dottoressa Karen DeSalvo, responsabile sanitario dell’azienda informatica.Non più solo sul Covid: Ad Grants sarà usato per tematiche quali salute mentale, influenza, vaiolo delle scimmie, Ebola, con oltre 28 milioni di annunci di servizio pubblico in sei lingue. Quest’anno arriveranno altri 50 milioni di dollari per sostenere la versione gratuita di Google Ads, marketing digitale, grazie alla quale l’Oms metterà in contatto «il maggior numero possibile di persone con informazioni autorevoli».Molti dubbi rimangono sull’effettiva autorevolezza dei contenuti forniti a così tanti utenti e sull’oscurazione, invece, di questioni scomode ma fondamentali di salute pubblica. Anche perché Andy Pattison, responsabile dei canali digitali dell’Organizzazione mondiale della sanità, sostiene che «il lavoro svolto durante la pandemia ci ha permesso di dare informazioni importanti a così tante persone che ne avevano bisogno, come altrimenti non avremmo potuto fare». Una trasformazione digitale, con gli approcci di censura scientifica che abbiamo drammaticamente sperimentato in tre anni di emergenza Covid, non fa sperare in molto di buono.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/oms-google-la-tecnocensura-sanitaria-2660888382.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="seicento-sbarchi-in-un-giorno-solo-lampedusa-torna-sotto-pressione" data-post-id="2660888382" data-published-at="1685860140" data-use-pagination="False"> Seicento sbarchi in un giorno solo. Lampedusa torna sotto pressione Dagli undici barconi approdati ieri a Lampedusa sono sbarcati in 600. L’hotspot di contrada Imbriacola, formalmente passato in gestione, da qualche giorno, alla Croce rossa, è al suo primo stress test. Anche perché si prevede un incremento delle partenze, complice il bel tempo. E gli ospiti sono già arrivati a quota 800. Prefettura di Agrigento e Viminale hanno già cominciato ad alleggerire la struttura, disponendo il trasferimento di almeno 200 persone verso i centri d’accoglienza.Intanto Badia Grande, la coop che ha gestito l’hotspot e che è stata sottoposta a ispezioni e contestazioni della prefettura (che ha poi risolto l’affidamento), ha cominciato a frignare: «Dall’1 marzo 2022, data di inizio della nostra gestione posta in essere con una telefonata della prefettura di Agrigento e con appena cinque ore di preavviso, a oggi si è registrato un transito di oltre 80.000 immigrati. Numeri importanti che hanno indotto il governo a proclamare lo stato di emergenza e ad affidare la gestione della struttura alla Croce rossa italiana».Ed ecco il tentativo di difesa: «In questi mesi la coop è stata accusata di incapacità nella gestione o, peggio, di voler speculare sulla vita dei migranti, senza voler considerare che, nei fatti, ha dovuto affrontare con mezzi ordinari una situazione straordinaria». Secondo la cooperativa, i funzionari del ministero dell’Interno, nei giorni scorsi, avrebbero fornito «una visione corretta e oggettiva dello stato delle cose, sottolineando come non si possa «giudicare l’operato di chi c’era prima, perché qualunque altro soggetto avrebbe vissuto le stesse difficoltà, a cominciare dalla difficoltà di approvvigionamento del cibo». E hanno scaricato le responsabilità sul «sovrannumero di ospiti rispetto alle previsioni». Ma, soprattutto, «sui ritardi nell’effettuare i trasferimenti».Infine, Badia Grande fa sapere che «la quasi totale attività manutentiva degli immobili e degli impianti, di proprietà demaniale, non è di competenza del gestore dei servizi d’accoglienza». Bagni insufficienti e problemi igienico-sanitari sarebbero derivati «da uno stress nell’uso della struttura». Si autoassolve, Badia Grande. Ma i primi giorni della gestione della Croce rossa sembrano aver già dimostrato che un cambio di passo sia possibile. Oltre agli sbarchi autonomi, però, anche ieri le Ong hanno continuato a traghettare migranti. Andrà a Civitavecchia la Humanity One della Sos Humanity, con i 30 tirati a bordo da un gommone, partito dalla Libia, che si è trovato in difficoltà in acque internazionali. Le due navi che, invece, hanno violato il regolamento voluto dal ministro Matteo Piantedosi, la Mare Go (36 passeggeri) e la Sea Eye 4 (49 passeggeri), entrambe tedesche, dovranno restare ferme in porto per venti giorni. La prima, l’altro giorno, si è rifiutata di raggiungere il porto di Trapani, indicato dal governo, mentre la seconda ha effettuato più di un salvataggio prima di procedere verso il porto assegnato, ovvero quello di Ortona. «Applicato il decreto Ong con il blocco delle navi e, alla prossima violazione, scatta il sequestro», ha commentato il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni, che ha aggiunto: «Il governo non delega a imbarcazioni private che battono bandiera straniera, finanziate da Stati esteri, il controllo delle frontiere e il soccorso». Ma anche a Nord, per l’invasione dalla rotta balcanica, è andato in affanno il meccanismo d’identificazione a Gradisca d’Isonzo (Gorizia), con 140 migranti (alcuni sarebbero affetti da difterite) da fotosegnalare in coda al comando stazione dei carabinieri. E Antonio Nicolosi, segretario generale del sindacato Unarma, è sbottato: «Non ci sono protocolli sanitari e neppure un mediatore culturale. Strumenti e figure che, invece, sono a disposizione della polizia di Stato. Inoltre segnaliamo che di fotosegnalamenti ne vengono fatti al massimo tre al giorno e questi immigrati rimangono così a bivaccare per il paese prima di essere ricollocati nel Cara».
Meloni ha poi lanciato un altro attacco all’opposizione a proposito di Abu Mazen, presidente della Palestina: «La sua bella presenza qui ad Atreju fa giustizia delle accuse vergognose di complicità in genocidio che una sinistra imbarazzante ci ha rivolto per mesi». E ancora contro la sinistra: «La buona notizia è che ogni volta che loro parlano male di qualcosa va benissimo. Cioè parlano male di Atreju ed è l’edizione migliore di sempre, parlano male del governo, il governo sale nei sondaggi, hanno tentato di boicottare una casa editrice, è diventata famosissima. Cioè si portano da soli una sfiga che manco quando capita la carta della Pagoda al Mercante in fiera, visto che siamo in clima natalizio. E allora grazie a tutti quelli che hanno fatto le macumbe». L’altra stilettata ironica a proposito del premio dell’Unesco che riconosce la cucina italiana come bene immateriale dell’umanità: «A sinistra non è andato bene manco questo. Loro non sono riusciti a gioire per un riconoscimento che non è al governo ma alle nostre mamme e nonne, alle nostre filiere, alla nostra tradizione, alla nostra identità. Hanno rosicato così tanto che è una settimana che mangiano tutti dal kebabbaro. Veramente roba da matti». Ricordando l’unità della coalizione, Meloni ha sottolineato che questa destra «non è un incidente della storia» rivendicando le iniziative adottate in tre anni di esecutivo. Il premier ha poi toccato i temi di attualità e a proposito dell’equità fiscale rivendicata dall’opposizione ha scandito: «Non accettiamo lezioni da chi fa il comunista con il ceto medio e il turbo capitalista a favore dei potenti. Oggi il Pd si indigna perché gli Elkann vogliono vendere il gruppo Gedi e non ci sarebbero garanzie per i lavoratori però quando chiudevano gli stabilimenti di Stellantis ed erano gli operai a perdere il posto di lavoro, tutti muti. Anche Landini sul tema fischiettava». Non sono mancati i riferimenti ai temi caldi del centrodestra: immigrazione, riforma della giustizia, guerra in Ucraina ed Ue con il disimpegno di Trump e il Green Deal.
Sul palco anche i due vicepremier. «La mia non vuole essere solo una presenza formale, ma una presenza per riconfermare un impegno che tutti noi abbiamo preso nel 1994» ha detto il leader di Fi Antonio Tajani. «Ma gli accordi di alleanze fatte soprattutto di lealtà e impegno, devono essere rinnovati ogni giorno. La ragione di esistere di questa coalizione è fare l’interesse di ciascuno dei 60 milioni di cittadini italiani. E lo possiamo fare garantendo, grazie all’unità di questa coalizione, stabilità politica a questo Paese». Per il leader leghista Matteo Salvini “c’è innanzitutto l’orgoglio di esserci dopo tanti anni. Ci provano in tutti i modi a far litigare me e Giorgia. Ma amici giornalisti, mettetevi l’anima in pace: non ci riuscirete mai». Poi il ministro dei Trasporti ha assicurato che farà «di tutto» per avviare i lavori per il Ponte sullo Stretto, ha rilanciato sull’innalzamento del tetto del contante e sull’impegno anti maranza e infine ricordato come il governo stia facendo un buon lavoro nella tassazione delle banche.
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C'è un'invenzione che si deve agli aviatori, anzi, a un minuto personaggio brasiliano stanco di dover cercare l'orologio nel suo taschino mentre pilotava l'aeroplano.
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Se a causa degli scandali, il supporto alla resistenza ucraina mostra vistose crepe, con più della metà degli italiani che non è intenzionata a sostenere militarmente le truppe che cercano di respingere l’armata russa, non è che i soldati che da quasi quattro anni combattono sembrano poi pensarla in modo molto diverso. Sul Corriere della Sera ieri è stata pubblicata un’immagine in cui si vedono militari in divisa sfatti dalla fatica. Tuttavia, a colpire non è la stanchezza dei soldati, ma la loro età. Si capisce chiaramente che non si tratta di giovani bensì di anziani, considerando che comunque l’età media dei militari è superiore ai 40 anni. Uomini esausti, ma soprattutto anagraficamente lontani da un’immagine di agilità e forza. Intendiamoci, a volte gli anni portano esperienza e competenza, soprattutto al fronte, dove serve sangue freddo per non rischiare la pelle. Ma non è questo il punto: non si tratta di pensionare i militari più vecchi, ma di reclutare i giovani e questo è un problema che la fotografia pubblicata sul quotidiano di via Solferino ben rappresenta. Il giornale, infatti, ci informa che 235.000 militari non si sono presentati ai loro reparti e quasi 54.000 sono già stati ufficialmente dichiarati disertori. In pratica, un soldato su quattro del milione mobilitato pare non avere alcuna intenzione di imbracciare un fucile. Per quanto le guerre moderne si combattano con l’Intelligenza artificiale, con i satelliti e i droni, poi alla fine la differenza la fanno sempre gli uomini. A Pokrovsk, la città che da un anno resiste agli assalti delle truppe russe, impedendo agli uomini di Putin di dilagare nel Donbass, se non ci fossero reparti coraggiosi che continuano a respingere gli invasori, Mosca avrebbe già visto sventolare la sua bandiera sui tetti delle poche costruzioni rimaste in piedi dopo mesi di bombardamenti devastanti.
Il tema delle diserzioni, della fuga all’estero di centinaia di migliaia di giovani che non vogliono morire sotto le bombe, è tale che in Polonia e Germania, ma anche in altri Paesi confinanti, si sta facendo pressione per impedire l’arrivo di ulteriori fuggiaschi. Se si guarda al numero di chi non ha intenzione di combattere si capisce perché è necessario raggiungere una tregua. Quanto ancora potrà resistere l’Ucraina in queste condizioni? A marzo comincerà il quinto anno di guerra. Un conflitto che rischia di non avere precedenti, per numero di morti e per la devastazione. E soprattutto uno scontro che minaccia di trascinare in un buco nero l’intera Europa, che invece di cogliere il pericolo sembra scommettere ancora sulle armi piuttosto che sulla tregua. C’è chi continua a invocare una pace giusta, ma la pace giusta appartiene alle aspirazioni, non alla realtà.
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Non è detto che non accada. Intanto siete già riusciti a risvegliare dal lungo sonno il sottosegretario Alberto Barachini, che non è poco, anche se forse non basta di fronte alla grande battaglia, che avete lanciato, per salvare il «pensiero critico». Il punto è chiaro: un conto è se viene venduto un altro giornale, magari persino di destra, che allora ben gli sta; un conto è se viene venduto il quotidiano che andava in via Veneto e dettava la linea alla sinistra. Allora qui non sono soltanto in gioco posti di lavoro e copie in edicola. Macché: sono in gioco le «garanzie democratiche fondamentali per l’intero Paese» e soprattutto «la sopravvivenza stessa di un pensiero critico». Non si discute, insomma, del futuro di Repubblica, si discute del futuro della repubblica, come è noto è fondata sul lavoro di Eugenio Scalfari.
Del resto come potremmo fare, cari colleghi, senza quel pensiero critico che in questi anni abbiamo imparato ad ammirare sulle vostre colonne? Come faremo senza le inchieste di Repubblica per denunciare lo smantellamento dell’industria automobilistica italiana ad opera degli editori Elkann? Come faremo senza le dure interviste al segretario Cgil Maurizio Landini che attacca, per questo, la ex Fiat in modo spietato? Come faremo senza gli scoop sulle inchieste relative all’evasione fiscale di casa Agnelli? Il fatto che tutto ciò non ci sia mai stato è un piccolo dettaglio che nulla toglie al vostro pensiero critico. E che dire del Covid? Lì il pensiero critico di Repubblica è emerso in modo chiarissimo trasformando Burioni in messia e il green pass in Vangelo. E sulla guerra? Pensiero critico lampante, nella sua versione verde militare e, ovviamente, con elmetto d’ordinanza. Ora ci domandiamo: come potrà tutto questo pensiero critico, così avverso al mainstream, sopravvivere all’orda greca?
Lo so che si tratta solo di un cambio di proprietà, non di una chiusura. Ma noi siamo preoccupati lo stesso: per mesi abbiamo letto sulle vostre colonne che c’era il rischio di deriva autoritaria nel nostro Paese, il fascismo meloniano incombente, la libertà di stampa minacciata dal governo antidemocratico. E adesso, invece, scopriamo che il governo antidemocratico è l’ancora di salvezza per salvare baracca e Barachini? E scopriamo che il vero nemico arriva dalla Grecia? Più che mai urge pensiero critico, cari colleghi. E, magari, un po’ meno di boria.
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