2025-09-03
Oggi la sentenza sul caso Grillo jr. «Alla vittima penetrata pure l’anima»
Giulia Bongiorno, legale della giovane, ne contesta la «mostrificazione» e si dice certa che gli imputati saranno condannati: «Basta leggere le loro chat». L’avvocato della difesa, però, elenca 387 incongruenze nelle accuse.Il presidente della giuria Marco Contu ha confermato che entro oggi arriverà la sentenza del processo contro Ciro Grillo e i suoi tre amici imputati per violenza sessuale di gruppo. Non sono ammessi ulteriori slittamenti. Gli ultimi fuochi di artificio sono arrivati con la replica dell’avvocato della presunta vittima principale, la senatrice Giulia Bongiorno, e con la controreplica di Enrico Grillo, difensore del cugino Ciro. In mezzo alla coppia di duellanti il pacato e puntuale intervento di Ernesto Monteverde, difensore di Edoardo Capitta. La giornata è iniziata tardi, alle 12.30, per lo sbarco a Olbia con circa quattro ore di ritardo della «flottilla» degli avvocati, il traghetto che trasportava quasi al completo il pool difensivo. Il primo a prendere la parola è stato il procuratore Gregorio Capasso, il quale, nella sua replica, ha voluto innanzitutto difendere il proprio onore e quello della polizia giudiziaria, messo in discussione dalle puntute accuse dell’avvocato Mariano Mameli, il quale aveva contestato a luglio la conduzione delle indagini. E in particolare aveva evidenziato la clamorosa piroetta sugli orari dei due presunti stupri subiti dalla studentessa, laddove nell’avviso di chiusura delle indagini la Procura aveva scritto che quello di gruppo sarebbe avvenuto «successivamente, quando ormai si era fatto giorno», lasciando intendere che il primo era invece avvenuto al buio come sostenuto dagli imputati. Ma nel corso del processo, per rendere completamente coerente la ricostruzione della vittima i due diversi episodi sono stati saldati, tra le 8 e le 10 del mattino.Molto efficace a livello oratorio la replica, ma sarebbe più giusto definirla una seconda arringa, della Bongiorno, in gran spolvero. «Uno può pensarla come vuole, ma lei ci tiene svegli» ha commentato soddisfatto un cronista. E allora raccontiamola la performance di una delle più note penaliste italiane. Innanzitutto ha difeso la sua assistita dall’accusa di avere denunciato lo stupro e di avere immediatamente ripreso a vivere una vita del tutto normale che l’ha portata a realizzare con il telefonino circa 3.600 foto in 100 giorni. La Bongiorno, dopo aver rimarcato che la sua assistita si occupa di moda, ha srotolato la sua teoria: «Quando c’è una violenza sessuale si muore dentro, ma fuori, all’esterno, le vittime, tutte le vittime, cercano di nascondere la vergogna e il dolore e l’umiliazione tentando di vivere esattamente come prima. Quindi se prima facevo 40 foto, anche dopo ne faccio 40». E per dimostrare il suo assunto ha spiegato che nel mese precedente al fattaccio la studentessa aveva fatto, in media, esattamente lo stesso numero di scatti. Doveva sopravvivere a quello che le era accaduto. «Quando un uomo penetra una donna con violenza, non penetra solo la vagina, penetra l’anima della donna e allora le donne violentate restano segnate per sempre, si sentono umiliate, sporche in corpo, arrabbiate e perdono l’autostima. Io a oggi non ho conosciuto una donna che non cerca di ripetere la stessa condotta che poneva in essere prima». Ecco allora che la Bongiorno ha provato a giustificare il messaggio in cui è la stessa vittima a dire a un’amica, ma anche al suo istruttore di kitesurf, di essersela cercata, di meritare «cinque dita in faccia». Per l’avvocato l’«autocolpevolizzazione è la prima reazione delle vittime» e la ragazza sarebbe arrivata a pensare «di esserla meritata» perché «non avrebbe dovuto lasciare fare» o «trovarsi in quella situazione». Ma per la Bongiorno in quei messaggi ci sarebbe anche la prova del fatto che la giovane non fosse completamente cosciente, laddove sembra non avere piena cognizione di quanto accaduto («Qualsiasi cosa mi abbiano fatto quei tizi»). Poi la discussione si è spostata sulla dibattuta presenza di lividi sul corpo della ragazza (nelle foto del giorno dopo al mare non si vedrebbero, in altre successive sì), sul trambusto di uno stupro che non sarebbe stato udito dai vicini nonostante il comprensorio (un golf club) sia silenziosissimo (la Bongiorno ha fatto notare che nessuno ha sentito neppure il baccano della cena nel patio consumata all’alba dalla comitiva). Molto discusso anche la vicenda del breve trasferimento della ragazza con uno dei suoi presunti aguzzini (Corsiglia), tra uno stupro e l’altro, per comprare le sigarette, visto che lo spostamento sarebbe confermato solo dal contapassi sul cellulare di Capitta e non da quelli dello stesso Corsiglia e di Vittorio Lauria. La Bongiorno ha denunciato la fallita «mostrificazione» contro la sua assistita, tentata attraverso le 1.675 domande che avrebbero partorito il classico topolino, e ha informato la Corte di trovarsi lì a discutere quasi per una forma cortesia, perché a suo giudizio il processo sarebbe già vinto grazie agli assi che sono stati gentilmente offerti dagli imputati. In particolare ritiene «decisivi» quelli estrapolati dalle chat dei ragazzi in cui la presunta vittima viene equiparata «dopo due drink» a «una cagnolina a gambe aperte» che riceve sesso orale da un gattino e un altro messaggio dove si diceva che dopo aver «gocciato» un quarto di beverone a base di vodka era diventata «una tr…». Nell’arringa è stata sottolineata anche l’ossessione per il sesso di gruppo degli imputati: non ci sarebbe solo la passione del «3 vs 1» (per la Bongiorno quel «contro» tradirebbe una precisa volontà di aggressione e sottomissione della donna), ma addirittura in una chat un’amica dei quattro genovesi sarebbe stata bollata come «una con cui fare sesso 10 contro 1». E a uno degli imputati che aveva rivendicato di essere molto rispettoso delle donne, essendo stato cresciuto da mamma e zia, la Bongiorno ha rinfacciato altri messaggi volgari, come quello riferito a un rapporto avuto con una coetanea non particolarmente avvenente («ogni buco è galleria») o altre sciccherie del genere, come la visione di video con «donne legate e picchiate».Ma quanto ai brevi filmati in cui la sua assistita, anziché essere costretta al rapporto, trattenuta dal branco, sembra prendere parte con entusiasmo al partouze? La senatrice ha sostenuto che in un fotogramma si sentirebbe un «bast...» pronunciato dalla presunta vittima e ha rimarcato che Capitta, a un certo punto, esclama «dopo trombo io». Se la giovane non scalcia e non di divincola è solo perché non era cosciente, era stordita: «C’è un’immagine straordinaria in cui lei fissa il ragazzo che la riprende con il cellulare, ma non vede che c’è il telefonino. Era semplicemente annichilita […] è una donna totalmente fuori di sé, ma che asseconda i gesti, i movimenti degli aggressori […]. Quelle non sono immagini di partecipazione, sono immagini di chi asseconda per salvare la propria vita». Poi, con una mossa a effetto, l’avvocato ha alzato due foto, in formato A3, che raffigurano Grillo e Lauria che «sghignazzano» durante l’amplesso, dopo che gli stessi avevano raccontato agli inquirenti di avere provato «imbarazzo» per la situazione. Ma lo show non è finito. La Bongiorno ha anche affrontato senza giri di parole il tema della «ragazza esigente» che avrebbe cercato il rapporto con i tre amici dopo una presunta «defaillance» di Corsiglia. A suo giudizio gli imputati e i loro difensori avrebbero descritto la vittima come «una ninfomane», «un mostro assetato di sesso». Una fanciulla che «non accetta assolutamente il rapporto monco con Corsiglia e quindi dice agli altri “3 meglio di 1”, andiamo tutti insieme a fare sesso». La Bongiorno non ci sta e scandisce con sapienza retorica: «Scusate, ma la ninfomane perché denunzia? […] la ninfomane è felice del sesso a 3, a 4, a 10». La senatrice, alla fine della sua arringa, mette i giudici di fronte a un’equazione imbarazzante: «Se voi assolvete, voi affermate che la ragazza è una ninfomane». Mentre, per la Bongiorno, la sua assistita non lo è, «non è una maga Circe che ammalia i suoi uomini e li trasforma anziché in animali, in imputati», è solo una ragazza «che è stata umiliata e massacrata e che anziché scappare via con il suo dolore come fanno in molte, ha scelto di denunziare, pur consapevole di quello che sarebbe successo». In conclusione l’avvocato ricorda un messaggio quasi profetico della studentessa a proposito di un altro presunto stupro non denunciato: «Finirò per essere considerata una grande putt… che si è pentita di aver fatto sesso con lui e tira fuori la scusa dello stupro per uscirne pulita». Rispedisce al mittente questo piccolo ricatto morale nei confronti delle toghe l’avvocato Ernesto Monteverde, difensore di Capitta: «Se li assolvete è una ninfomane? Ma dove sta scritto?» sbotta, quasi incredulo. Per il legale non è assolutamente vero che tutte le vittime rispondano alla violenza tornando a fare la vita di tutti i giorni: «Purtroppo non è così. Ahimè c’è chi ha ben altre reazioni».Ricorda che il ritratto della ragazza che supera il trauma conducendo un’esistenza normale fa a pugni con il racconto fatto in aula dalla stessa studentessa, la quale aveva denunciato che dopo la violenza avrebbe iniziato ad avere disturbi alimentari, provato a lanciarsi sotto un treno, iniziato a fare uso di droghe e si sarebbe buttata tra le braccia di uomini adulti. Vicende che non sarebbero più state cavalcate dalla Bongiorno dopo che le difese hanno dimostrato che molti di questi problemi era antecedenti alla presunta violenza. Monteverde ha ricordato che pure la ragazza in uno dei suoi messaggi audio parla di sesso di gruppo e, quanto all’ipotetica prova regina dello sguardo assente durante l’orgia, si tratterebbe di autogol: per la Bongiorno la presunta vittima fissa il ragazzo che la riprende, ma non lo vede? «E, invece, per me fa la denuncia proprio perché vede il cellulare». E non vuole passare per una poco di buono. Molto ficcante anche la controreplica di Enrico Grillo, il quale ha prodotto una memoria in cui si è concentrato sull’attendibilità dei principali testi dell’accusa: le due presunte vittime e due loro amici. Il legale ha contato 387 criticità, divise per gruppi: i «non ricordo», contraddizioni interne (al racconto), esterne (dichiarazioni in conflitto con quelle di altri), risposte elusive. La principale parte offesa avrebbe inanellato 70 «non ricordo», 20 contraddizioni interne, 19 esterne e 23 risposte elusive.Un elenco dettagliato che mette a dura prova la credibilità degli accusatori. Oggi replicheranno gli ultimi quattro avvocati, poi i giudici si ritireranno in camera di consiglio per emettere la sentenza. Ad attenderla in aula, come ha anticipato la Bongiorno, potrebbe esserci pure la sua assistita.
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