2021-02-01
Occupazioni in tutta Italia. «Dimostriamo allo Stato che si può tornare in aula»
Liceali in rivolta da Nord a Sud: «Basta didattica a distanza». Maddalena Gissi (Cisl): «Diritto allo studio negato da regole in conflitto».«Voi ce la togliete, noi ce la riprendiamo». Cambia nella forma, non nella sostanza lo slogan che gli studenti hanno scelto per manifestare il loro dissenso rispetto al labirinto di ordinanze, circolari, provvedimenti che hanno cambiato il volto della scuola in questi mesi. Ogni giorno, nella mappa delle manifestazioni di protesta compare un nuovo punto: cortili, aule, interi istituti vengono occupati per dire basta all'incertezza della ripartenza. L'occupazione è una delle strade che gli studenti hanno scelto per esprimere il loro disagio, dopo mesi trascorsi lontani dai banchi, con gli occhi puntati sullo schermo di un computer per seguire le lezioni. Chi conosce bene il mondo della scuola, usa un'immagine emblematica per descrivere la didattica a distanza dell'ultimo anno: «È come se gli insegnanti si fossero buttati in acqua e abbiano dovuto imparare a nuotare per forza. Alcuni lo hanno fatto, altri sono quasi affogati, con gli studenti lasciati sul bagnasciuga». Quelli rimasti indietro hanno deciso di uscire dal cono d'ombra: «Siamo stanchi di essere messi all'ultimo posto», si sfogano alcuni di loro, contattati dalla Verità. Milano, Roma, ma anche Napoli, Torino e Trieste: la rete delle manifestazioni si è estesa praticamente in tutta Italia. Uno degli ultimi istituti occupati è il liceo Pilo Albertelli di Roma, nel quartiere dell'Esquilino, appena qualche ora dopo la fine dell'occupazione del liceo Kant, nel quadrante est della capitale. «Vogliamo dimostrare che una scuola sicura può e deve esistere, anche in un momento emergenziale», hanno scritto i ragazzi dopo aver lasciato l'istituto. «Siamo solo all'inizio di un percorso di mobilitazioni per far arrivare la nostra voce al governo, al ministero dell'Istruzione e alla Regione, che in questi mesi hanno dimostrato di non essere in grado di prendere provvedimenti efficaci».Contro la didattica a distanza, si sono schierati anche gli studenti dello scientifico Alessandro Volta di Torino, che hanno simbolicamente occupato l'aula magna dell'istituto per opporsi a un ritorno a scuola a metà. «È inaccettabile che quasi un anno dopo l'inizio della pandemia gli studenti continuino a non avere certezze», racconta uno dei ragazzi che ha preso parte all'occupazione. «Vogliamo un rientro in sicurezza, da settembre a oggi non è cambiato nulla».Chiedono spazi e investimenti sull'edilizia gli studenti che hanno occupato le aule del liceo Giambattista Vico di Napoli. «Occupiamo un istituto vuoto perché dopo 111 giorni le scuole in Campania continuano a essere chiuse», hanno spiegato i ragazzi. «Il rientro in classe, così come è stato proposto, non fa altro che delegare alle amministrazioni scolastiche le responsabilità che avrebbero dovuto essere dello Stato. La didattica a distanza ha fornito un alibi per l'incompetenza del governo, che non ha saputo progettare un piano reale per permetterci di tornare tra i banchi». Molti studenti si sono dati appuntamento di fronte agli uffici scolastici regionali e provinciali per avanzare le loro proposte: potenziamento del trasporto locale, uno screening costante per tracciare eventuali contagi all'interno degli istituti, investimenti per superare il sovraffollamento nelle classi e assunzioni a tempo indeterminato di insegnanti e personale della scuola. «Gli studenti hanno dimostrato responsabilità in un momento caotico, chiedendo agli adulti di ripristinare le regole per poter riprendere le lezioni in presenza», spiega alla Verità Maddalena Gissi, segretario generale della Cisl scuola. «Questo contrasto di ordinanze, dpcm, decisioni della magistratura ha prodotto un effetto caotico. Non ci possiamo permettere una scuola “arlecchino": è come se creassimo una discriminazione dell'offerta formativa e del diritto allo studio dei ragazzi. Quello che stiamo vedendo è frutto della disattenzione e della superficialità della politica , ancora impantanata in una crisi che complicherà l'immediato futuro scolastico degli studenti».
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)
Francesca Albanese (Ansa)