2022-06-06
«Ok la digitalizzazione del credito, ma senza trascurare il rapporto con le imprese»
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Nicola Occhinegro, ceo di Finanza.tech
Il ceo di Finanza.tech, Nicola Occhinegro: «Per quanto digitali, non abbandoniamo le relazioni con il cliente. A ogni azienda viene assegnato un financial analyst. C'è sempre un rapporto one-to-one. Il cliente sa che su Finanza.tech si può fare tutto digitalmente ma ha sempre a disposizione un interlocutore che diventa guida per operare sul mercato».Gli ultimi due anni hanno registrato una crescita esponenziale di aziende che hanno deciso di puntare forte sul fintech, passate dalle 676 del primo trimestre del 2020 alle 2.987 di quest'anno, e i finanziamenti alle Pmi quadruplicati oltre il miliardo di euro. Un trend sotto gli occhi di tutti che testimonia quanto e come quello del fintech sia sempre più uno strumento fondamentale da affiancare al sistema dei finanziamenti di origine bancaria.Ne abbiamo parlato con Nicola Occhinegro, ceo di Finanza.tech, una delle più giovani e consolidate realtà, nata nel 2018 tra Salerno e Milano, a erogare una fornitura di servizi e prodotti finanziari tramite l'utilizzo delle tecnologie più innovative di internet, dell'informazione e della comunicazione, grazie a metodi di trasmissione, ricezione ed elaborazione di dati attraverso cui è possibile analizzare i dati stessi e valutare i rischi di credito, e grazie a cui sempre più aziende, dalle grandi alle piccole e medie imprese alle start-up, hanno la possibilità di ottenere finanziamenti a medio-lungo termine. «Siamo la porta d'ingresso per accedere al mercato dei capitali e ottenere la finanza che serve per far crescere il valore dell'azienda che decide di affidarsi a noi» ci racconta Occhinegro durante la nostra chiacchierata.E lo fate attraverso un sistema basato sull’intelligenza artificiale. Ci spiega come funziona?«Noi utilizziamo una piattaforma di data-driven all'interno della quale ci sono molti algoritmi di intelligenza artificiale che stiamo sviluppando per fare in termini di visione generale una cosa molto semplice, cioè l'azzeramento dell'asimmetria informativa tra chi ha bisogno di capitali per produrre e chi questi capitali li ha già e li vuole investire».In termini pratici che significa?«Che il flusso di questi capitali molte volte viene ostacolato dall'asimmetria informativa, perché l'investitore non è a conoscenza di tutte le caratteristiche del potenziale borrower (mutuatario, ndr) e viceversa il borrower non conosce determinate caratteristiche degli strumenti finanziari che il mercato mette a disposizione».Perché c'è questa asimmetria informativa?«Di fondo c'è questo concetto che il mercato finanziario viene governato dal mercato delle informazioni e quindi noi ci siamo focalizzati su questo. Non bastano le competenze in ambito finanziario, non bastano le relazioni che pure abbiamo e sono importanti, ma è necessario, anzi fondamentale, concentrarsi sul dato. Abbiamo a disposizione grazie alle nuove tecnologie miliardi di dati, dobbiamo capire come utilizzarli per fare questo match che sia il più efficiente per il mercato e al tempo stesso per i nostri clienti investitori e che riesca a far trattenere valore a Finanza.tech e quindi far guadagnare i nostri azionisti. Questa è la nostra impostazione di base».Spesso nella finanza ci si perde dietro a un linguaggio difficile e farsi capire è sempre più complicato. È questa la sfida da vincere oggi?«Esattamente. Riuscire a far parlare un linguaggio comune al mercato dei capitali e al mercato produttivo, facendolo però con la tecnologia che finalmente abbiamo a disposizione per semplificare questo passaggio. La tecnologia ha un grado di governo della complessità da rendere le cose semplici. Dal punto di vista reale cerchiamo di governare questa complessità con molto senso del concreto per avere dei passaggi semplici che però sono tutt'altro che semplici».Quindi nel dettaglio quali servizi offrite ai vostri clienti?«Noi ci siamo definiti enabler finanziari, cioè abilitatori di processi e nuovi prodotti attraverso l'utilizzo della tecnologia e delle competenze in ambito finanziario. La gamma dei servizi che offriamo al cliente va dalla semplice apertura di un conto per smobilizzare una fattura, al riassetto strategico fino all'assistenza per la quotazione in Borsa delle aziende».Nelle aziende che vogliono quotarsi, prevale più la paura o l'adrenalina di catapultarsi in quel mondo?«Sono due sensazioni che io conosco molto bene perché le ho vissute in primissima persona. La paura, come tutte la paure, è determinata dalla mancanza di informazioni. Quando tu non conosci qualcosa tendi ad aver paura della stessa. I consulenti che fanno bene il proprio lavoro, come primo obiettivo devono avere quello di essere in grado di spiegare e rendere intellegibile il processo. Su questo Finanza.tech è ferrata e ha nel dna la volontà di essere divulgatore di informazioni».Quali sono gli strumenti del vostro lavoro quando un'azienda che ha bisogno si rivolge a voi?«Solitamente cerchiamo di intervenire un pochino prima e non aspettare che l'azienda ci dica ho bisogno di questo. Noi abbiamo nei nostri asset i dati e la capacità di leggerli, cerchiamo di andare noi dall'azienda prima ancora che sia esplicito il bisogno».Questo richiede una certa abilità nell'essere tempestivi. Quanto è importante questo fattore?«È uno degli elementi essenziali per competere sul mercato, perché essere tempestivi in finanza vuol dire tanto, perché risolve un tema annoso».Quale?«La differenza dei tempi che c'è sul mercato delle imprese e il mercato finanziario. Le imprese sono abituate ad avere e dare risposte in tempi rapidi, il mercato finanziario invece ci ha abituato a una dilatazione dei tempi molto spesso non in linea con le esigenze».Un'azienda che vuole richiedere i vostri servizi cosa deve fare?«Un'azienda per suoi specifici motivi viene a contatto con noi. Questo significa registrarsi sul nostro portale e fare il cosiddetto "processo di adesione" dove ci scambiamo un patto fiduciario perché l'azienda ci mette a disposizione i suoi dati e la possibilità di gestirli in modo che noi possiamo valutarla, dall'antiriciclaggio alle valutazioni del merito di credito, tutte le analisi, e il soft commitment che ci dà l'azienda. Dopodiché l'azienda ci riconosce come un soggetto esperto che è in grado di aiutarla nella gestione finanziaria, individuare in base alla sua situazione le opportunità sul mercato finanziario che più matchano con la sua situazione, ma che, soprattutto, più accrescano il suo valore».E tutto ciò avviene in maniera digitale?«Per quanto digitali, noi abbiamo e curiamo tantissimo l'aspetto delle coccole e delle relazioni con il cliente. Nel pratico, a ogni azienda viene assegnato un financial analyst. C'è sempre un rapporto one-to-one. Il cliente sa che su Finanza.tech si può fare tutto digitalmente ma ha sempre a disposizione una risorsa che diventa la sua guida per poter operare sul mercato».In questo contesto com'è cambiato il vostro lavoro durante la pandemia?«La pandemia e l'utilizzo degli strumenti tecnologici sono stati senza giri di parole un giro di boa, fortunatamente in termini positivi. Ci ha messo di fronte alla stretta necessità di dover potenziare al massimo la tecnologia per ridurre le distanze e questa cosa ha accelerato di una decina di anni il processo. Il contatto personale è importante e non ci si rinuncia, l'azienda non è mai difronte soltanto a uno schermo».I clienti come hanno reagito a questo?«L'Italia è sempre stato bancocentrica, il riferimento dell'imprenditore sul tema finanziario è sempre stato il direttore di banca che negli anni passati gli ha sempre risolto tutti i problemi. Con l'evoluzione del sistema sia regolamentare sia del business questa figura è venuta un po' a mancare, quindi è nata la necessità per l'imprenditore di avere degli advisor competenti. Per poter però competere e sfruttare al meglio il mercato finanziario, operatori come Finanza.tech sono la soluzione ideale perché non sono solo degli advisor, ma hanno una serie di competenze che permettono all'imprenditore di avere davvero a disposizione tutto il mercato finanziario».Com'è strutturato il vostro team?«Il nostro principale team è composto da informatici e data scientis, a cui si affiancano altri due team, quello dei financial analyst, professionisti che crescono con noi che sono in grado da una parte di seguire le aziende e gli investitori per fare in modo che la nostra consulenza produca valore attraverso l'incontro di questi due attori e al tempo stesso sono coloro che insegnano in un circolo virtuoso al nostro team a capire sempre meglio come leggere i dati e a fornire soluzioni sempre più efficaci. Il terzo team è di consulenza direzionale, cioè la possibilità che Finanza.tech dà ai propri clienti di strutturare operazioni un po' più articolate, dal riassetto strategico all'assistenza per la quotazione in Borsa delle aziende».Cosa vi distingue dalle altre fintech?«La principale differenza sta nel proporci come consulenti. I nostri algoritmi non vanno soltanto a fare quel match per fare il finanziamento, ma vanno anche a proporre al cliente una soluzione invece che un'altra perché strategicamente per quell'azienda è migliore. Non ci limitiamo a digitalizzare un processo. Non voglio fare nomi di altri operatori, anche se sono noti, che ci mettono pochi giorni per erogare un credito. Quella è la digitalizzazione di un processo di credito. Ma nel caso in cui va bene o male, quel credito informativo lo prendo e lo metto da qualche altra parte, perché non c'è invece, come in Finanza.tech, un sfruttamento di quel patrimonio informativo per proporre altre soluzioni sul mercato finanziario. Quindi questa singolarità credo che sia abbastanza un unicum sul mercato».Come commenta la crescita costante della fornitura di servizi e prodotti finanziari erogati attraverso le tecnologie messe a disposizione da internet evidenziata dal trend degli ultimi anni?«È un processo che è iniziato e si può ritenere inarrestabile. Un trend per cui la digitalizzazione, la semplificazione dei processi di accesso al credito è qualcosa che non è legato alla contingenza della pandemia o della singola crisi, ma in realtà sta entrando nel dna delle imprese. È un trend che si è innescato e che non tornerà indietro».Il Pnrr è un'opportunità importante per le imprese italiane e pensate possa dare un'ulteriore spinta anche al vostro settore?«È un'occasione fondamentale, non solo per il nostro settore ma per tutta Italia. Abbiamo a disposizione una quantità di risorse tali da consentirci di accelerare il passo della crescita, così come abbiamo iniziato bene a fare nel 2021 e speriamo di continuare in questi anni e Finanza.tech nell'ambito del business model è un interlocutore ideale per capire quali misure sono più adatte per un'impresa piuttosto che per un'altra, e per assistere le imprese a cogliere queste opportunità e a non far passare troppo tempo nella presentazione delle singole misure. Tant'è che ci stiamo rafforzando e strutturando nell'ambito della finanza agevolata sia internamente sia con partnership di prestigio e operative per poter assistere i nostri clienti su tutto il territorio nazionale».Secondo uno studio fatto da Banca d'Italia nel 2021, quasi tre quarti delle imprese italiane del settore fintech sono localizzate in tre regioni: Lazio, Emilia Romagna e Lombardia, e nella sola Milano ci sono la metà delle fintech italiane. Come mai questo settore fatica a imporsi nel resto d'Italia e soprattutto al Sud?«Non ci deve meravigliare perché rispecchia un po' il sistema produttivo e finanziario italiano. Ce lo aspettiamo che a Milano ci sia la maggior parte dell'effervescenza del mercato».Quanto al Sud, invece?«Credo ci sia la possibilità di dare un segnale forte di superamento delle vecchie logiche. Quando nel 2018 ero lì a pensare se fare Finanza.tech a Milano o a Salerno, se è vero che il mercato finanziario si fa attraverso il governo delle informazioni e delle competenze, allora la soluzione naturale che ho messo a terra è stata che a Milano dobbiamo esserci in termini di relazioni perché il mercato finanziario vive di relazioni e le relazioni in un Paese piccolo come l'Italia sono a Milano. Ma le competenze, l'intelligenza, possono essere ovunque nel mondo. La digitalizzazione, la possibilità di puntare oltre che sulle relazioni sulle competenze e sull'intelligenza dà al Sud un'opportunità di riscatto non di poco conto. Noi la stiamo cavalcando questa cosa perché non vogliamo essere provinciali, sappiamo che il mercato è internazionale e quindi dobbiamo guardare quello che si fa in Cina e allo stesso tempo a Salerno. Competenze, innovazione e intelligenza al Sud non mancano».A che punto è la politica legislativa che regola il settore fintech in Italia rispetto agli altri Paesi europei? È adeguata, cosa si potrebbe fare per migliorarla e aiutare le imprese a investire nel fintech?«Ho una visione singolare, su questo: Finanza.tech non chiede una deregolamentazione nel solco delle fintech, per noi è primaria la stabilità del mercato finanziario con tutte le regole antiriciclaggio, tant'è che noi ci stiamo specializzando in questo ambito anche con misure anti frode. Siamo consapevoli che sistemi di controllo e di governo da parte delle autorità sono necessarie per quanto imbriglino un po' le dinamiche di un mercato così effervescente come il fintech».Si può migliorare?«Se posso dare una nostra indicazione o un nostro desiderio è quello di avere maggiori certezze, cioè il mercato e la regolamentazione italiana soffrono troppo spesso di continui cambi, io li chiamo valzer normativi, ed è questa mancanza di certezze e instabilità che rallenta il mercato e non fa switchare in maniera ancora più forte verso al semplificazione dei processi. Siamo sufficientemente avanti nella normativa, anche rispetto ad altri Paesi, quello che ci manca è la stabilità della norma che dia certezze agli operatori».Il 2021 è stato un anno record per gli investimenti nel fintech, come sta andando quest'anno e cosa vi aspettate per il futuro?«Quest'anno è in linea. Nonostante la guerra e il valzer normativo deleterio per la certezza degli investimenti, stiamo battagliando bene. Cosa ci aspettiamo nel futuro? Di avere sempre più un mercato che si apre a queste nuove modalità operative che hanno nella tecnologia la principale espressione e quindi che un approccio come quello proposto da Finanza.tech sia sempre più naturale rispetto alle aspettative del mercato. Su questo abbiamo dei segnali molto promettenti».