2020-09-18
Nuovo trucco Ong: tuffo in mare e salvataggio
La nave spagnola Open Arms è riuscita a far recuperare dalla nostra Guardia costiera 76 migranti al largo di Palermo. Lo schema? Avvicinarsi alle coste italiane, lanciare un allarme e far immergere i migranti dotati di salvagente. Il recupero, così, diventa obbligato.Nonostante i proclami di Ursula von der Leyen, Germania e soci non ci aiuteranno.Lo speciale contiene due articoliI 76 immigrati «volontari» hanno indossato un giubbotto salvagente color arancio ciascuno e si sono tuffati in mare. Ufficialmente è per una protesta. Ma in realtà è perché così la nostra Guardia costiera è costretta a recuperarli. O, almeno, è questo, a quanto risulta alla Verità, il pensiero comune tra i soccorritori. Aggirati i divieti previsti dai Decreti sicurezza, sono partite decine di comunicazioni notturne inviate alla Capitaneria di porto. Il pressing della Ong Open Arms si è concentrato su asseriti «problemi di sicurezza» a bordo, perché gli immigrati volevano sbarcare a tutti i costi. La strategia è continuata sui social: «Da ieri (martedì per chi legge ndr) davanti al porto di Palermo, come da indicazioni, siamo rimasti in attesa di istruzioni per sbarcare cercando di gestire la situazione critica a bordo». Poi, i tuffi. I 76 della protesta sono stati tutti recuperati dalle motovedette della Capitaneria di porto prima che raggiungessero a nuoto la terraferma. Fanno parte dei 275 (provenienti da Egitto, Burkina Faso, Ghana, Siria e Costa d'Avorio), tra i quali ci sarebbero anche 56 minori, tirati su in tre distinti interventi dalla nave della Ong Spagnola, che dopo aver tentato un approdo a Malta ha puntato verso Palermo. «L'altro giorno», ha twittato la Ong, «momenti di tensione sulla Open Arms dopo la risposta negativa di Malta di concedere riparo per il temporale». E dopo aver ricevuto il solito «niet» definitivo dalle autorità maltesi, alcuni immigrati si sono buttati giù dalla nave. È a quel punto che Roma ha concesso alla nave spagnola di dirigersi verso Palermo, con l'ordine di tenersi ad almeno cinque miglia dalla costa, in attesa di successive indicazioni. Una volta giunta di fronte al porto siciliano, la Open Arms ha chiesto istruzioni al Viminale sulla possibilità di sbarco. Ma la pressione sull'Italia è cominciata martedì: «Continuiamo a ripararci in acque territoriali italiane, con grande tensione a bordo». E siccome i tuffi in mare avevano già funzionato, gli immigrati ci hanno riprovato. Qualcuno ha fornito loro i giubbotti di salvataggio e uno dopo l'altro si sono tuffati. Open Arms pian piano si è avvicinata alla costa, fermandosi a meno di un miglio, nello specchio d'acqua del porto, a poche centinaia di metri dalla Sea Watch 4. I 76 che si erano tuffati, dopo gli accertamenti sanitari, saliranno sulla nave Allegra, che nel frattempo ha fatto sbarcare 41 minori non accompagnati e una decina di donne.E mentre la Ong spagnola attende indicazioni dal governo italiano, fa sapere che «tutte le persone che soccorriamo fuggono da contesti di violenza nei propri Paesi di origine e rischiano la vita in mare in cerca di un futuro migliore per loro e per le proprie famiglie. Quello che vogliono è costruirsi un futuro in paesi democratici dove possano vivere in pace e sicurezza». È per questo motivo che la Ong, sostenuta anche da Emergency, propone «protocolli di ricerca e soccorso strutturali». La finalità è un «approdo in un porto sicuro come previsto dalle Convenzioni internazionali, dal diritto del mare, e dalle costituzioni democratiche». L'ultima comunicazione usata come una leva per tentare di aprire il porto è questa: «A bordo alcune delle persone salvate presentano ustioni di terzo grado, problemi di salute e sintomi da stress post traumatico dovuti alla violenza o agli abusi che hanno subito nei Paesi di origine e di transito, oltre che alla dura traversata in mare». Il leader del Carroccio Matteo Salvini ha sparato ad alzo zero: «Dall'Europa sono arrivate solo parole, ma la certezza è che al momento ci sono 2.000 clandestini a bordo di navi da crociera al largo della Sicilia, a spese degli italiani, e altri 275 stanno arrivando a bordo di una nave di una Ong spagnola, visto che sono stati rifiutati da Malta. L'Italia non può essere il campo profughi d'Europa». Anche il governatore siciliano Nello Musumeci è stato molto duro: «Leggere sui giornali che l'Europa cambia la linea sui migranti, mentre tutte le Ong si dirigono solo verso i porti siciliani, suona come una beffa. Sembra che la cosa non interessi più a nessuno, ma continua ad essere la Sicilia a sostenere il peso più grande di questa emergenza nell'emergenza». Il fronte caldo dell'immigrazione resta la Sicilia. Sette dei 60 sbarcati sulla spiaggia di Calamosche, nell'area della riserva naturale di Vendicari, a Sud di Siracusa, sono risultati positivi al Covid. Ora sono su una nave per la quarantena ormeggiata nella rada di Siracusa. E Musumeci comincia a perdere la pazienza: «Non si è visto un solo intervento concreto per restituire sicurezza sanitaria a quei luoghi e alla nostra popolazione. Tanti impegni ma nessun fatto concreto. Quando le parole diventeranno azioni? Siate veloci, presidente Conte e ministro Lamorgese, come fate quando impugnate una nostra ordinanza. Non costringeteci ad agire di nuovo». Ma anche in Sardegna continuano gli arrivi. Ieri un tentativo di sbarco si è trasformato in tragedia: un barchino con 14 persone a bordo è affondato. C'è un disperso. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/nuovo-trucco-ong-tuffo-in-mare-e-salvataggio-2647702342.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="sul-patto-di-dublino-solo-parole-italia-ostaggio-degli-stati-del-nord" data-post-id="2647702342" data-published-at="1600382011" data-use-pagination="False"> Sul patto di Dublino solo parole Italia ostaggio degli Stati del Nord «Aboliremo il trattato di Dublino». La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel suo intervento di chiusura sullo stato dell'Unione al Parlamento europeo dopo aver parlato di lavoro, clima e lotta al virus ha lanciato il suo annuncio bomba: «Nel nuovo piano sulle migrazioni sostituiremo il regolamento di Dublino con un nuovo sistema europeo di governance delle migrazioni. Avrà strutture comuni per l'asilo e per i rimpatri e un forte meccanismo di solidarietà». La revisione di Dublino significherebbe mettere fine alla norma dello «Stato di primo approdo», che obbliga soprattutto Italia e Grecia a farsi carico - per mesi e spesso anni - di tutti i richiedenti asilo che sbarcano sulle coste europee. L'annuncio è stato subito osannato dal governo giallorosso, anche se non c'è niente di chiaro né definitivo visto che sarà presentato soltanto mercoledì prossimo, il giorno prima dell'inizio del Consiglio europeo con tutti i capi di Stato e di governo dell'Ue. Difficile quindi che il nuovo Migration Pact possa trovare subito accoglienza e condivisione anche se la von der Leyen ha sottolineato: «Salvare vite umane non è un optional. E quei Paesi che adempiono ai loro doveri giuridici e morali o che sono più esposti di altri devono poter contare sulla solidarietà dell'intera Ue. Voglio essere chiara, se noi acceleriamo, mi aspetto che accelerino anche tutti gli Stati membri». L'Italia, già con l'ex ministro dell'Interno Matteo Salvini premeva per rendere obbligatorio il meccanismo di ripartizione dei migranti recuperati in mare ma essendo l'adesione volontaria, ad ogni sbarco il nostro Paese è costretto a una trattativa spesso inconcludente. Comunque l'avviso della presidente sembra diretto ai Paesi del blocco nordeuropeo, da sempre sordi alla condivisione degli immigrati. Il blocco di Visegrad e l'Austria non sono mai stati propensi a prendere «quote di stranieri». A mettere i puntini sulle i è subito Giorgia Meloni, leader di Fdi: «Il trattato riguarda i rifugiati che sono il 10% dei migranti che arrivano da noi. Ma noi dobbiamo risolvere il problema del rimanente 90%, cioè degli immigrati clandestini che noi, anche se modificassimo cento volte il decreto di Dublino, non potremmo comunque ricollocare in Europa». Il piano non è ancora noto ma Ursula von der Layen ha già fatto capire che non vuole ripetere il flop del 2015, quando il suo predecessore, Jean- Claude Juncker, lanciò la sua riforma che però venne bocciata da alcuni governi: «Se facciamo compromessi possiamo trovare soluzioni. I governi che fanno di più e sono più esposti ai flussi devono poter contare sulla solidarietà europea». Quello che anticipa è che ci sarà «un link tra asilo e rimpatri con la distinzione tra chi avrà diritto di rimanere e chi no». L'obiettivo di fondo sarà costruire «confini esterni forti e vie legali di migrazione». Una rassicurazione per i Paesi che lei definisce «portatori di odio» e un gesto di «riguardo» per l'Italia. Tutto apparentemente gratis come il Recovery fund? Vedremo quando si passerà dagli annunci ai fatti concreti.
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Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)