
Il meccanismo contro gli choc costringe l’Italia a intervenire immediatamente.Le crisi bancarie a cui stiamo assistendo, negli Stati Uniti e ora anche nella vicina Svizzera, stimolano la discussione sull’Unione bancaria europea, oggi ancora confinata nel mondo delle idee. Nel corso del question time di mercoledì il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha riposto all’interrogazione di Luigi Marattin (Italia viva), che ha chiesto al governo «quando» (non «se») avesse intenzione di presentare il disegno di legge per la ratifica del nuovo trattato che modifica lo statuto del Meccanismo europeo di stabilità (Mes). La riforma prevede infatti, tra le altre cose, che il Mes, oltre a sostenere la stabilità dei Paesi aderenti, possa fornire un sostegno (backstop) al Fondo di risoluzione unico istituito dal regolamento (Ue) numero 806/2014. L’argomentazione di Marattin è che in questo momento, in cui si stanno manifestando crisi bancarie non solo negli Usa ma anche in Europa, diventa importante ratificare il Mes perché questo possa fornire, appunto, quel meccanismo di backstop che potrebbe diventare necessario nel caso di crisi bancaria nell’area euro. Giorgia Meloni ha risposto in poche battute, affermando che serve un ripensamento generale sull’uso del Meccanismo di stabilità: «Finché io sarò presidente del Consiglio l’Italia non potrebbe mai accedere al Mes», ha concluso, con una parziale sgrammaticatura, considerato che accedere e ratificare sono concetti assai diversi. Oggi intanto alla commissione Esteri alla Camera inizierà l’esame delle proposte di legge per la ratifica presentate dalle opposizioni. «Come gruppo Pd ci batteremo per dare il via libera al provvedimento», ha detto Enzo Amendola. Sia come sia, la pressione dell’opposizione sulla maggioranza perché si arrivi alla ratifica del nuovo trattato Mes è reale. Tuttavia, l’opposizione evita accuratamente di evidenziare che il meccanismo di backstop che il nuovo Mes potrebbe avviare comporta per l’Italia un danno esiziale.Partiamo dall’inizio. Con 125,3 miliardi di euro sottoscritti (di cui 14,3 effettivamente versati), l’Italia è il terzo Paese per numero di quote del capitale del Mes (17,7%), dopo la Germania, che ha sottoscritto quote per 190 miliardi di euro, di cui 21,7 effettivamente versati (26,9% del totale), e la Francia, che ha sottoscritto quote per 142 miliardi di euro, di cui 16,3 effettivamente versati (20,2% del totale). La dotazione totale del Mes supera i 700 miliardi.Secondo l’articolo 9 del trattato in vigore (che resterebbe immutato nel nuovo statuto riformato) il Mes può chiedere il versamento del capitale autorizzato non ancora versato, con i membri del Mes che si impegnano incondizionatamente e irrevocabilmente a versare il capitale richiesto entro sette giorni dal ricevimento della richiesta. Oggi il Mes è perfettamente liquido, dunque non c’è necessità di richiedere ai membri il versamento integrale delle quote. Immaginiamo però che l’Italia proceda alla ratifica e che subito dopo il Mes si impegni nel salvataggio di una o più banche, fornendo quel servizio di backstop tanto agognato.Dovendo il Mes intervenire fornendo liquidità alle banche in crisi, la prima cosa che può accadere è che il direttore generale (oggi Pierre Gramegna) richieda ai membri il versamento immediato del capitale autorizzato. Per l’Italia, vorrebbe dire un esborso di cassa di 111 miliardi di euro, da trasferire in sette giorni. Possiamo immaginare il mal di testa immediato dei funzionari della Tesoreria dello Stato. Se c’è un modo per mandare a gambe all’aria il nostro Paese, è proprio questo. Ma non è tutto. Quanto versato dal nostro Paese non sarebbe certo messo a disposizione di banche italiane, ma andrebbe a salvare banche tedesche, francesi, olandesi. Questo perché per poter intervenire nel salvataggio di banche italiane il nostro Paese, che si trova in situazione di non conformità rispetto ai criteri di ammissibilità alla linea a condizionalità semplificata, potrebbe accedere solo alla linea di credito soggetta a condizioni rafforzate. Questo significa che sarebbe necessario, dopo una valutazione della situazione macroeconomica e finanziaria da parte del Mes, della Commissione e della Bce, sottoporsi a un memorandum lacrime e sangue per il rientro del debito a suon di tasse, tagli di spesa e impoverimento generalizzato. Evidentemente si tratta di un non senso.Tutto il contrario dell’esempio che arriva dagli Stati Uniti e dalla Svizzera, Paesi in cui la crisi bancaria è di questi giorni. In quei due casi, infatti, abbiamo assistito all’intervento di governi nazionali e Banche centrali nazionali. In una notte, la Banca centrale svizzera ha messo a disposizione di Credit Suisse una linea di 50 miliardi di franchi svizzeri. È la stessa Banca centrale che senza fare una piega ha chiuso l’esercizio 2022 con una perdita di 132,5 miliardi di franchi e che ha piena sovranità monetaria rispetto alla moneta nazionale. Proprio questa è la dimostrazione che i meccanismi astrusi e ingannevoli creati dall’Unione europea sono lontani anni luce dall’efficacia e dalla trasparenza date da un governo sovrano e da una Banca centrale con sovranità monetaria che agiscono in maniera coordinata. Anche da questo si percepisce l’estrema irragionevolezza del quadro normativo finanziario europeo.
Chiara Ferragni (Ansa)
L’influencer a processo con rito abbreviato: «Fatto tutto in buona fede, nessun lucro».
I pm Eugenio Fusco e Cristian Barilli hanno chiesto una condanna a un anno e otto mesi per Chiara Ferragni nel processo con rito abbreviato sulla presunta truffa aggravata legata al «Pandoro Pink Christmas» e alle «Uova di Pasqua-Sosteniamo i Bambini delle Fate». Per l’accusa, l’influencer avrebbe tratto un ingiusto profitto complessivo di circa 2,2 milioni di euro, tra il 2021 e il 2022, presentando come benefiche due operazioni commerciali che, secondo gli inquirenti, non prevedevano alcun collegamento tra vendite e donazioni.
Patrizia De Luise (Ansa)
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«Il mio obiettivo è farne qualcosa di più di una cassa di previdenza integrativa, che risponda davvero alle esigenze degli iscritti, che ne tuteli gli interessi. Un ente moderno, al passo con le sfide delle nuove tecnologie, compresa l’intelligenza artificiale, vicino alle nuove generazioni, alle donne poco presenti nella professione. Insomma un ente che diventi la casa di tutti i suoi iscritti». È entrata con passo felpato, Patrizia De Luise, presidente della Fondazione Enasarco (ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio) dallo scorso 30 giugno, ma ha già messo a terra una serie di progetti in grado di cambiare il volto dell’ente «tagliato su misura dei suoi iscritti», implementando quanto fatto dalla precedente presidenza, dice con orgoglio.
Il ministro Nordio riferisce in Parlamento sulla famiglia Trevallion. L'attacco di Rossano Sasso (Lega): ignorate le situazioni di vero degrado. Scontro sulla violenza di genere.
Ansa
Il colosso tedesco sta licenziando in Germania ma è pronto a produrre le vetture elettriche a Pechino per risparmiare su operai, batterie e materie prime. Solito Elkann: spinge sull’Ue per cambiare le regole green che ha sostenuto e sul governo per gli incentivi.
È la resa totale, definitiva, ufficiale, certificata con timbro digitale e firma elettronica avanzata. La Volkswagen – la stessa Volkswagen che per decenni ha dettato legge nell’industria dell’automobile europea, quella che faceva tremare i concorrenti solo annunciando un nuovo modello – oggi dichiara candidamente che intende spostare buona parte della produzione di auto elettriche in Cina. Motivo? Elementare: in Cina costa tutto la metà. La manodopera costa la metà. Le batterie costano la metà. Le materie prime costano la metà. Persino le illusioni costano la metà.






