
La Regione di Fontana ricorre al Tar per la retroattività del decreto payback sulla ripartizione dei rimborsi delle aziende del settore: «Penalizzati per 130 milioni». È la seconda scossa. Prima quella sullo stop alle cure.Il payback farmaceutico, ovvero quel meccanismo che prevede il rimborso da parte delle aziende di una parte della spesa farmaceutica che supera i tetti previsti, riaccende la polemica tra la Regione Lombardia e il governo. La Regione guidata da Attilio Fontana ha infatti presentato un ricorso al Tar del Lazio con istanza di misure cautelari per contestare la retroattività del nuovo criterio di ripartizione del payback farmaceutico, che, si legge nell’atto, «genera un grave squilibrio finanziario per la Regione Lombardia e per altre Regioni penalizzate, e compromette gravemente ed irreparabilmente la programmazione e la gestione delle risorse sanitarie regionali per l’anno in corso, imponendo una modifica in peius dei bilanci già approvati ed allocati». «La Regione Lombardia si è sempre dichiarata contraria all’applicazione di tali criteri», si legge ancora nel ricorso, «votando negativamente nelle sessioni della Commissione Salute e della Conferenza Stato-Regioni».Una Regione importante come la Lombardia, roccaforte del leghismo doc, che critica il governo di centrodestra e lo sfida in tribunale: è chiaro che siamo di fronte a una vicenda che, al di là degli aspetti tecnici, assume un rilievo di carattere politico. Fontana cerca di minimizzare l’impatto del ricorso sulla serenità della maggioranza: «È questa», spiega il governatore, «la differenza che evidenzia la libertà del centrodestra. Contrariamente alla sinistra, sempre inginocchiata di fronte a quello che stabiliscono i partiti, noi abbiamo anche la possibilità di essere autonomi nel momento in cui si ritiene che un provvedimento erroneamente approvato incida sui diritti sanciti dalla legge a favore dei nostri cittadini». Ci va giù duro invece l’assessore al Welfare Guido Bertolaso: «La Regione Lombardia», argomenta Bertolaso, «lo ha detto in tutti modi ai colleghi delle altre Regioni e al governo, che noi avremmo accettato una riduzione della quota parte destinata a Regione Lombardia a partire dall’anno 2025, cioè dall’anno in corso. Loro vogliono applicare una norma retroattiva, vogliono applicarla dall’anno passato, e non mi risulta che nella Costituzione italiana sia previsto di adottare provvedimenti retroattivi. In questo modo», sottolinea Bertolaso, «vengono tolti altri milioni di euro in modo scorretto. Infine ricordo che, siccome si dice che la Lombardia ha tanti soldi e quindi la sanità in Lombardia funziona perché ci sono un sacco di soldi, questa è un’altra leggenda metropolitana completamente sbagliata. Guardando ai dati della distribuzione pro capite del Fondo sanitario nazionale, Regione per Regione, vedete che, a fronte di una quota media nazionale di 2.146 euro, la Regione Lombardia prende 2.129 euro, quindi ogni lombardo prende 16,99 euro in meno. In più ci vogliono togliere altri 130 milioni in modo assolutamente scorretto e mi pare fosse giusto che la Regione Lombardia facesse ricorso, nei confronti di questa iniquità». Appena un mese fa Fontana aveva criticato aspramente la classifica del ministero della Salute sulla qualità delle cure nelle Regioni italiane, con la Lombardia scesa al 7° posto: «I parametri indicati non hanno niente a che vedere con il funzionamento della sanità», aveva detto Fontana, «sono cose cervellotiche che hanno l’obiettivo di penalizzarci. Sono tutte, se posso usare un termine giuridico, puttanate». «La reazione del governatore Fontana», aveva risposto il ministero, «appare mal indirizzata». Infine, critiche da parte di Fratelli d’Italia sono state indirizzate verso Fontana per la vicenda di una cittadina lombarda di 50 anni, affetta da sclerosi multipla progressiva da oltre 30 anni, morta a seguito dell’autosomministrazione di un farmaco letale fornito dal Servizio sanitario nazionale. Una decisione che segue il protocollo indicato per questi casi dalla Corte Costituzionale, ma che il partito di Giorgia Meloni ha contestato duramente. E qui siamo ai tre classici indizi che fanno la classica prova: tra la Lega, in particolare quella della Lombardia, e Fratelli d’Italia, i rapporti non sono idilliaci. Il motivo è comprensibile: quest’anno ci sono le Regionali in Veneto, e Fratelli d’Italia, che aspira a esprimere il successore di Luca Zaia, deve fare i conti con il fuoco di fila dei leghisti locali, che non ne vogliono sapere di cedere la guida della Regione. Una ipotesi circolata in queste settimane prevede che il Veneto possa essere «lasciato» alla Lega, ma in cambio della presidenza della Lombardia, che andrebbe a Fratelli d’Italia. Le regionali lombarde sono lontane (2028) ma è evidente che siamo di fronte a schermaglie tutt’altro che episodiche.
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