2023-09-10
Nuove varianti, vecchia strategia: usare il virus per fare politica
L’attacco a Giorgia Meloni combina ansia da contagi e rimostranze per i tagli alla sanità. È la solita tecnica: inventare emergenze.Loro sono tornati. Strisciati fuori dall’oscurità in cui si erano opportunamente sepolti, la fine dell’estate li ha risvegliati. E rieccoli - mummie in mascherina - caracollare per le strade come in un horror di George Romero. I toni sono gli stessi, identici gli artifici retorici, analoghi gli obiettivi. Repubblica titola in prima pagina: «Autunno Covid». E all’interno: il nemico che ritorna. Il Corriere della Sera si accontenta di una paginata in cronaca, ma pur sempre una paginata. La Stampa affida alla ringalluzzita Antonella Viola il compito di dire che non bisogna farsi prendere dal panico, ma intanto sbatte il virus in prima pagina: «Il Covid rialza la testa», «Il ritorno del Covid». Dopo mesi di oblio, tornano a essere noti al grande pubblico i nomi delle varianti. L’ultima si chiamava Kraken (un mostro mitologico), e tra le nuove abbiamo Fornax, cioè fornace. È indicativo che i giornalisti non abbiano vergogna anche solo a scrivere questi nomi, coniati appositamente per fare accapponare la pelle, al modo degli spacciatori di droga che tengono al guinzaglio un dogo battezzato Belva. L’apice ovviamente si raggiunge con la più fresca e temibile delle varianti: Eris, dea greca della discordia. E mai nome fu più appropriato, perché proprio allo scopo di dividere gli uomini e lacerare gli animi essa è stata progettata. Secondo alcuni sorella di Ares, dunque imparentata con la guerra. Procede scortata da Dimo e Fobo, terrore e spavento. In Omero è «signora del dolore», madre dei demoni inferi. Colse nel giardino delle Emeridi il dorato pomo della discordia, che scatenò una faida olimpica dalla quale ebbe origine la guerra di Troia. Figlia della Notte in Esiodo, nell’Eneide è la pazza con i capelli di vipere stretti da bende intrise di sangue. Al suo culto esoterico - celebrato nelle viscere della Cattedrale sanitaria - sono evidentemente devoti i nostri sacerdoti pandemici, che dopo mesi di vacche magre ora possono finalmente portare in sacrificio una bella bestia gonfia di grasso: discordia e paura si stanno riprendendo la scena, c’è pure un 44% di contagi in più da esibire. I feticisti del terrore percuotono i tamburi, felici di indurre nuova ansia, sfacciati come mai prima. Vero, adesso alle loro balle il popolo italiano è decisamente meno assuefatto. Ma con furbizia di rettili i mestatori dell’ansia non trascurano d’aggiornare opportunamente il repertorio. Su Repubblica ne offre un saggio in un editoriale di Daniela Minerva. La quale, manco a dirlo, insiste sui «nuovi vaccini efficaci contro le varianti». Sentite qua: «I vaccini ci proteggono e, se andassimo tutti a fare il richiamo col prodotto aggiornato alle nuove varianti, è del tutto probabile che il focolaio di questi giorni sarebbe un fuoco di paglia, ancorché drammatico per molti italiani». Ma pensa, che note familiari. La riconoscete? Se i contagi si spargono è colpa di chi non si fa il vaccino, se la copertura fosse al cento per cento invece... È una canzone che suona da anni, per lo meno da quando fu lanciato il tormentone «Non ti vaccini, ti ammali, muori» (di Draghi-Speranza-Draghi, dirige Ricciardi). Solo che il refrain inizia a stancare. Motivo per cui occorre aggiungere un pizzico di pepe e remixare il tutto. Adesso nel novero delle colpe si aggiunge il mancato intervento dei medici di famiglia. «La fotografia di quanto accaduto in queste settimane ci ripropone un refrain antico. I medici di famiglia che troppo spesso non hanno in mano la salute complessiva dei loro assistiti. Vediamo, oggi come nel 2020, l’abbandono di molti italiani che soffrono di malattie croniche e che magari ricevono le prescrizioni per i farmaci necessari a mantenerle croniche, ma non sono realmente assistiti». Curioso: quando la maggioranza di quei dottori evitava di visitare i pazienti e somministrare cure precoci, nessuno fiatava. E di sicuro non ci disperava per la mancata assistenza ai danneggiati da vaccino, che ancora aspettano ascolto. Ora però tornano buone persino le cure di cui tutti fino all’altro ieri negavano l’esistenza. È la variante della narrazione sulle varianti, di inusitata vigliaccheria e raffinata perversione. Perché consente di raggiungere due risultati: far risalire l’attenzione e, al contempo, incolpare il governo di non aver fatto abbastanza, di aver evitato l’argomento virus al fine di coccolare i no vax. Ma se l’attuale esecutivo ha una colpa è semmai quella di non aver eliminato una volta e per sempre la macchina del terrore, di non aver preso - a parte la meritoria e inevitabile cancellazione degli obblighi - provvedimenti draconiani contro lo sfruttamento politico dell’emergenza. Dunque, attivata dai giornali, la fonderia della paura può riprendere a stantuffare alla bisogna. Del resto è ormai noto come il discorso pubblico si fondi per lo più sulla manipolazione emotiva. Eris, dea della discordia, lo regola: che si tratti di ansia da spread, millenarismo ambientalista o gnosticismo pandemico fa poca differenza. La lotta politica si fa stringendo i visceri dei cittadini, soffiando sui loro colli il gelo agghiacciante. Ciclicamente emergono nuove emergenze e nuovi tormenti. O si riciclano i vecchi, mai domi. In fondo, su un punto hanno ragione i professionisti della paura: il nemico è tornato. Solo che il nemico sono loro.
(Guardia di Finanza)
I Finanzieri del Comando Provinciale di Varese, nell’ambito di un’attività mirata al contrasto delle indebite erogazioni di risorse pubbliche, hanno individuato tre società controllate da imprenditori spagnoli che hanno richiesto e ottenuto indebitamente oltre 5 milioni di euro di incentivi per la produzione di energia solare da fonti rinnovabili.
L’indagine, condotta dalla Compagnia di Gallarate, è stata avviata attraverso l’analisi delle società operanti nel settore dell’energia elettrica all’interno della circoscrizione del Reparto, che ha scoperto la presenza di numerose imprese con capitale sociale esiguo ma proprietarie di importanti impianti fotovoltaici situati principalmente nelle regioni del Centro e Sud Italia, amministrate da soggetti stranieri domiciliati ma non effettivamente residenti sul territorio nazionale.
Sulla base di tali elementi sono state esaminate le posizioni delle società anche mediante l’esame dei conti correnti bancari. Dall’esito degli accertamenti, è emerso un flusso finanziario in entrata proveniente dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE), ente pubblico responsabile dell’erogazione degli incentivi alla produzione di energia elettrica. Tuttavia, le somme erogate venivano immediatamente trasferite tramite bonifici verso l’estero, in particolare verso la Spagna, senza alcuna giustificazione commerciale plausibile.
In seguito sono state esaminate le modalità di autorizzazione, costruzione e incentivazione dei parchi fotovoltaici realizzati dalle società, con la complicità di un soggetto italiano da cui è emerso che le stesse avevano richiesto ad un Comune marchigiano tre diverse autorizzazioni, dichiarando falsamente l’installazione di tre piccoli impianti fotovoltaici. Tale artificio ha consentito di ottenere dal GSE maggiori incentivi. In questi casi, infatti, il Gestore pubblico concede incentivi superiori ai piccoli produttori di energia per compensare i maggiori costi sostenuti rispetto agli impianti di maggiore dimensione, i quali sono inoltre obbligati a ottenere l’Autorizzazione Unica Ambientale rilasciata dalla Provincia. In realtà, nel caso oggetto d’indagine, si trattava di un unico impianto fotovoltaico collegato alla stessa centralina elettrica e protetto da un’unica recinzione.
La situazione è stata segnalata alla Procura della Repubblica di Roma, competente per i reati relativi all’indebita erogazione di incentivi pubblici, per richiedere il sequestro urgente delle somme illecitamente riscosse, considerati anche gli ingenti trasferimenti verso l’estero. Il Pubblico Ministero titolare delle indagini ha disposto il blocco dei conti correnti utilizzati per l’accredito delle somme da parte del GSE e il vincolo su tutti i beni nella disponibilità degli indagati fino alla concorrenza di oltre 5 milioni di euro.
L’attività della Guardia di Finanza è stata svolta a tutela del corretto impiego dei fondi pubblici al fine di aiutare la crescita produttiva e occupazionale. In particolare, l’intervento ispettivo ha permesso un risparmio pari a ulteriori circa 3 milioni di euro che sarebbero stati erogati dal GSE fino al 2031 alle imprese oggetto d’indagine.
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