2019-01-20
Nuova strage in mare: incolpano Salvini e assolvono gli scafisti
Un gommone naufraga al largo delle coste libiche, i morti sarebbero 117. Matteo Renzi come gli attivisti: «Ora aprite i porti». Leoluca Orlando delira: «Norimberga per il vicepremier». Rai e Regione Piemonte sostengono il film spot sull'accoglienza di Msf. Arriva anche al cinema Dove bisogna stare, il documentario di Daniele Gaglianone sulle volontarie che lavorano con i migranti. Realizzato grazie a fondi pubblici, con il sostegno della Ong e della terza rete.Lo speciale comprende due articoli. I trafficanti di esseri umani hanno sulla coscienza altre decine di morti. Un gommone riempito fino all'inverosimile di disperati, partito dalla Libia e diretto verso l'Italia, è affondato l'altro ieri mattina a 45 miglia a est di Tripoli. Solo tre i superstiti del naufragio, tratti in salvo da un elicottero della Marina italiana: due sudanesi e un gambiano. Erano in gravi condizioni di ipotermia, hanno raccontato ai soccorritori che a bordo del gommone erano partiti in 120, comprese dieci donne, di cui una incinta, e dieci bambini, uno di appena 10 mesi. Una stima diversa da quella della marina libica, che invece parla di 50 persone a bordo del gommone. L'imbarcazione è andata in avaria durante la notte tra giovedì e venerdì, dopo essere partita da Garabulli, in Libia. La centrale operativa della guardia costiera libica ha disposto l'intervento di una propria motovedetta per andare a soccorrere il gommone, ma l'imbarcazione ha avuto un'avaria ed è stata costretta a rientrare. A questo punto la stessa sala operativa della guardia costiera libica ha contattato il mercantile liberiano Cordula Jacob per intervenire. Negli stessi istanti, il gommone in fase di affondamento è stato avvistato da un velivolo P72 dell'Aeronautica militare italiana, partito da Sigonella, in Sicilia, nell'ambito dell'operazione Mare Sicuro. Erano le 13.30 di venerdì, dalla partenza del gommone erano passate circa 10 ore, in quel momento a bordo c'era una ventina di persone. L'equipaggio dell'aereo ha lanciato due zattere di salvataggio di tipo Coastal che si sono regolarmente aperte. Contemporaneamente, dal cacciatorpediniere della Marina Caio Duilio, che si trovava a oltre 110 miglia (200 chilometri) di distanza, è decollato l'elicottero SH 90 che, giunto sul luogo del naufragio, ha recuperato i tre naufraghi. Dall'elicottero sono stati avvistati anche tre cadaveri. Il cargo liberiano ha raggiunto la zona ma non ha trovato nessun altro superstite. Le ricerche sono proseguite per ore, invano: neanche il gommone, che pure era stato avvistato dall'elicottero, è stato recuperato. Stando alle testimonianze dei superstiti, i morti erano di diverse nazionalità: provenivano da Nigeria, Gambia Costa d'Avorio, Camerun, Sudan. Un altro naufragio, con 53 morti, sarebbe avvenuto nei giorni scorsi nel mare di Alboran, nel Mediterraneo occidentale, stando a quanto riferito dall'Unhcr, che cita notizie diffuse da Ong. Immediata è scattata l'operazione di sciacallaggio mediatico della sinistra. «Oltre 100 morti nel Mediterraneo», », ha scritto su Twitter Matteo Renzi. «Vanno aperti i porti ma soprattutto vanno aperti gli occhi. Noi siamo l'Italia: se c'è gente in mare prima la salviamo. Poi si discute». Renzi finge di non sapere che l'operazione di salvataggio, così come previsto dalle leggi, è stata coordinata dalle autorità libiche, che il naufragio è avvenuto in zona Sar (ricerca e salvataggio) libica, e che i tre superstiti sono stati salvati proprio dalla Marina italiana. Peggio di Renzi è riuscito a fare il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, autore di un commento nauseabondo: «Continua un genocidio», ha dichiarato, «e direi al ministro Salvini: si farà un secondo processo di Norimberga e lui non potrà dire che non lo sapeva». «L'ultima del sindaco di Palermo», ha risposto Salvini. «Parla di genocidio e mi paragona ai criminali nazisti, immaginandomi imputato in un nuovo processo di Norimberga. Non ho parole. I suoi insulti per me sono medaglie».Sbandata, confusa, ridotta a squallide operazioni di sciacallaggio, la sinistra italiana omette di dire che la responsabilità di queste morti è di chi, in Africa e non solo, lucra sul traffico di esseri umani. È quanto ricorda lo stesso ministro Salvini: «Tornano i naufragi nel Mediterraneo, ripartono i barconi, si tornano a contare i morti. Sarà un caso che da tre giorni una nave di una Ong olandese con l'equipaggio tedesco gira davanti alla costa della Libia, e gli scafisti tornano a far partire barconi sgonfi che poi affondano, e si contano i morti. È evidente», aggiunge Salvini, «che lo scafista, che è uno schifoso trafficante di esseri umani, armi e droga, sa che se mette in mare questi disperati e c'è la possibilità che qualcuno torni a fargli guadagnare quattrini, torna a farlo. Più ne partono, più ne muoiono. Quelli che si fingono buoni», dice il vicepremier, «si rivelano nei fatti complici dei cattivi, e quelli che vengono descritti come cattivi vogliono un'immigrazione regolare e pulita per aiutare chi scappa davvero dalla guerra. Ora una di queste navi ha recuperato decine di persone. Si scordino di ricominciare la manfrina del dove vado. In Italia no».Il riferimento di Salvini è a quanto comunicato ieri pomeriggio dalla Sea Watch 3, la nave della Ong tedesca, battente bandiera olandese: «Abbiamo appena soccorso», ha scritto su Twitter la Ong, «47 persone a bordo di un gommone in difficoltà. Ora sono tutti in salvo e ci stiamo prendendo cura di loro. Abbiamo informato tutte le autorità competenti. Quantomeno ci abbiamo provato: non siamo riusciti a raggiungere la cosiddetta Guardia costiera libica. Siamo ora in attesa di ulteriori istruzioni».La prospettiva di un nuovo tira e molla con il governo italiano è realistica, ma Salvini mette in chiaro le cose: l'Italia non cederà al ricatto. «Una nave della Ong ha salvato altri migranti? Vada a Berlino», dice il ministro, «e faccia il giro lungo passando da Rotterdam, facendoli scendere ad Amburgo. O se olandese vada a Rotterdam, se francese a Marsiglia. Questo è rispetto delle regole». Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha espresso «profondo dolore per la tragedia che si è consumata nel Mediterraneo con la morte di oltre cento persone, tra donne, uomini, bambini». Il premier Giuseppe Conte ha commentato con profondo dolore l'accaduto: «Sono rimasto scioccato», ha detto Conte, «da questa nuova strage. Come premier non avrò pace fin quando i trafficanti non saranno assicurati alla Corte penale internazionale. Sono crimini contro l'umanità. Quando avrò smesso questo mio mandato di servizio per il popolo italiano», ha aggiunto Conte, «mi dedicherò al diritto penale per perseguire e assicurare alla Corte internazionale i trafficanti di uomini».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/nuova-strage-in-mare-incolpano-salvini-e-assolvono-gli-scafisti-2626483367.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="rai-e-regione-piemonte-sostengono-il-film-spot-sullaccoglienza-di-msf" data-post-id="2626483367" data-published-at="1758065432" data-use-pagination="False"> Rai e Regione Piemonte sostengono il film spot sull’accoglienza di Msf Nel Mediterraneo si scatena l'ennesima ecatombe, e Matteo Salvini fa giustamente notare la coincidenza: «Da tre giorni c'è una nave di una Ong che gira davanti alle coste della Libia e in questi giorni gli scafisti tornano a far partire barchini e gommoni che si sgonfiano». Poi aggiunge: «Queste 117 persone sono morte perché le ho messe io sul gommone mezzo sgonfio? O forse perché i trafficanti sono convinti che i loro soldi li guadagnano perché tanto qualcuno poi li recupera in mare?». Far passare il concetto che più partenze dalla Libia significano più morti in mare, però, è piuttosto difficile. Se non altro per via dell'incessante martellamento mediatico a sostegno della tesi opposta, e cioè che le Ong andrebbero santificate. Per la gran parte dei presunti intellettuali italiani, per dire, le posizioni di Salvini sono mostruose, crudeli, razziste. Sono «ricette chiassose e fanfarone, ma dolorose per chi le subisce», almeno così dice Daniele Gaglianone, professione regista. Docente al Politecnico di Torino, Gaglianone è noto per i lungometraggi impegnati, opere da festival del cinema seri, e per le sue posizioni di sinistra. Nelle sale è appena uscito il suo nuovo film, intitolato Dove bisogna stare. Già, dove bisogna stare? Dalla parte dei migranti, ovviamente. Sullo schermo vengono raccontate le storie di «quattro donne italiane che hanno deciso di impegnarsi spontaneamente e gratuitamente nella cura e nell'accoglienza di persone migranti». C'è, per esempio, la vicenda di Georgia, segretaria ventiseienne. «Un giorno stava andando a comprarsi le scarpe; ha trovato di fronte alla stazione della sua città, Como, un accampamento improvvisato con un centinaio di migranti: era la frontiera svizzera che si era chiusa. Ha pensato di fermarsi a dare una mano. Poi ha pensato di spendere una settimana delle sue ferie per dare una mano un po' più sostanziosa. È ancora lì». E poi ci sono le esperienze di «Lorena, una psicoterapeuta in pensione a Pordenone; Elena, che lavora a Bussoleno e vive ad Oulx, fra i monti dell'alta Valsusa, e Jessica, studentessa a Cosenza». A tutte loro «è successa la stessa cosa: si sono trovate di fronte, concretamente, a una situazione di marginalità e di esclusione e non si sono voltate dall'altra parte. Sono rimaste lì, dove sentivano che bisognava stare». Insomma, il film di Gaglianone mostra «i buoni», quelli che accolgono, quelli che lavorano con le Ong o con la Caritas. Quelli che si oppongo al feroce Salvini e ai suoi scherani. La recensione più ficcante al lungometraggio l'ha fatta Claudia Lodesani, presidente della Ong Medici senza frontiere Italia: «In un periodo in cui chi opera per salvare le vite di persone costrette a fuggire dalla guerra e dalla miseria subisce forti pressioni e chiari episodi di criminalizzazione, questo documentario vuole cambiare la narrazione dominante sulla percezione che hanno gli italiani sulla presenza di persone migranti nel nostro Paese». Che c'entra la presidente di Msf con la pellicola? C'entra eccome, perché Dove bisogna stare «è stato realizzato con il sostegno di Medici Senza Frontiere e Piemonte Doc Film Fund - fondo regionale per il documentario - e Piemonte Film Commission». Capito? Un bel docufilm realizzato in parte con fondi pubblici della Regione Piemonte e in parte con il sostegno di una Ong. Perché, come sempre, la propaganda bisogna farla con i soldi di tutti, altrimenti non ci si diverte. Manco a dirlo, all'operazione a partecipato anche la Rai. Il film, si legge nel crediti, è stato realizzato in collaborazione con Rai 3, in particolare con il programma Doc 3 di Fabio Mancini. Il 30 agosto scorso, infatti, sulla terza rete è andato in onda Sorelle d'Italia, una sorta di versione embrionale di Dove bisogna stare. Anche in quel caso si trattava delle storie di tre donne impegnate nell'accoglienza. Tre donne che, si legge nella presentazione ancora disponibile sul profilo Facebook di Doc 3, «vanno in direzione contraria alle passioni tristi imperanti oggi, non si fanno risucchiare dalla paura dell'altro e dalla frustrazione che cerca un capro espiatorio più debole ma, vedendo esseri umani in difficoltà, hanno uno scatto di orgoglio e cambiano quasi vita, mettendosi al servizio di chi è veramente più sfortunato. Storie che possono sembrare appartenere ad una retorica cosiddetta buonista ma che in realtà appartengono alle grandi risorse dell'animo umano che non smettono mai di stupirci». Si dice che, in Italia, sia il «cattivismo» salviniano a dominare. Ma è vero il contrario: la narrazione immigrazionista continua a regnare sovrana. Alimentata da fondi pubblici e coccolata dalla tv di Stato.