La società del ministero della Cultura ha fatto il pieno di nuovi ingressi con la sinistra. Il ruolo del franceschiniano Mezzogori.
La società del ministero della Cultura ha fatto il pieno di nuovi ingressi con la sinistra. Il ruolo del franceschiniano Mezzogori.Ales «assumificio della destra». Capitale dell’«amichettismo» meloniano emersa sullo sfondo del caso Sangiuliano: questo il racconto medio fatto tra le pieghe dell’oscura vicenda attorno di Maria Rosaria Boccia e dell’ormai ex ministro della Cultura. Tutto nasce dalle presunte conversazioni orecchiate dall’imprenditrice di Pompei durante le frequentazioni con lo stesso Gennaro Sangiuliano nel corso del 2024. Al centro di tali colloqui ci sarebbero state - anche - le nomine proprio di Ales Spa, una società in house del ministero della Cultura che ne detiene il 100%, e che si occupa di tutela del patrimonio culturale soprattutto tramite la gestione di biglietterie ad esso collegate. Sono circolati i nomi della sorella del premier, Arianna Meloni e di Fabio Tagliaferri, presidente del cda della stessa società su nomina del Mibact.Ma cos’è Ales? Fondata nel 1998 durante il governo di Romano Prodi con Walter Veltroni vicepremier, l’azienda è oggi componente fondamentale nella gestione di numerose attività culturali in Italia. Offre servizi per musei, gallerie d’arte, parchi archeologici e sedi espositive come per esempio le Scuderie del Quirinale. Nel 2009, è stata trasformata in una società in house del ministero per i Beni e le attività culturali; cinque anni dopo ha ottenuto l’incarico di supportare la Soprintendenza di Pompei nella gestione del «Grande Progetto Pompei», gestendo le pratiche amministrative per i fondi europei e ottenendo finanziamenti dal Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (Fesr). Negli anni successivi, la società ha gestito anche altri di progetti di rilievo istituzionale, come il miglioramento della fruizione degli Uffizi. Sotto il governo Renzi, nel 2016 Ales incorpora Arcus Spa: il passaggio consente ad Ales di ampliare ulteriormente il proprio raggio d’azione, assumendo la promozione e la gestione dell’Art Bonus. Con quali forze? Nel 2015 Ales contava 707 dipendenti. Tuttavia, grazie a una serie di assunzioni più o meno in parallelo con la crescita dei progetti, la forza lavoro è più che triplicata, raggiungendo i 2.207 dipendenti. Con questa crescita, considerando i governi che reggevano il Paese in quegli anni (tutti di sinistra o di larghe intese dal 2006, salvo il triennio berlusconiano chiusosi nel 2011 e il breve Conte uno), la destra c’entra ben poco, e Fratelli d’Italia di fatto nulla. Tant’è che il picco di crescita dell’occupazione si è registrato nel 2021, in pieno periodo post-pandemia, durante i governi Conte II e Draghi, con un incremento del 30% del personale, pari a 426 nuove assunzioni. Dal 2019 (dunque ben prima dell’arrivo del governo di centrodestra guidato da Giorgia Meloni e nato a fine 2022), alla guida del collegio dei revisori contabili c’è Paolo Mezzogori, giornalista e commercialista vicino a Dario Franceschini, l’ex ministro della Cultura. Mezzogori è anche attivo nell’organigramma provinciale del Partito Democratico di Ferrara e risulta tra i maggiori contribuenti dello stesso Pd nell’anno 2022, avendo versato 2.900 euro, ben al di sopra dei 360 euro elargiti dallo stesso Franceschini.L’evoluzione di Ales Spa rappresenta dunque uno specchio delle dinamiche politiche italiane, come è tutto sommato normale che sia visto che è posseduta, appunto, da un ministero soggetto ai cambiamenti derivanti dalle elezioni e dagli equilibri politici. Che ministri di sinistra tendano a circondarsi di persone di propria fiducia, tendenzialmente vicine alla loro storia o alla loro sensibilità non è esattamente una novità clamorosa: ci sarebbe piuttosto da stupirsi del contrario.Se però si vanno a considerare i numeri, l’accusa di «assumificio» rivolta all’esecutivo in carica appare poco fondata. Come mostra la tabella in pagina, fatta su dati Ales, il picco di crescita relativa è - come detto - nel 2021. Se si misurano le assunzioni in termini assoluti, fino ad oggi il 2024 vede 335 assunzioni: a meno che non esplodano negli ultimi mesi dell’anno, sono oltre 100 in meno rispetto al 2023, tant’è che il rapporto tra nuove assunzioni e organico è il più basso dal 2015: 15% contro una media superiore al 20% che ha registrato picchi del 26% mentre Franceschini «reganva» alla Cultura traversando indenne il passaggio dal Conte bis a Draghi nel 2021. Non a caso, nello stesso anno i dipendenti complessivi (quindi il saldo tra assunzioni e pensioni o altre uscite) aumentano del 30%, per un totale di +426 assunzioni e + 375 dipendenti finali.Come si può evincere facilmente, la gestione Meloni-Sangiuliano dell’Ales dal 2022 a oggi è sostanzialmente in linea - guardando la quantità di assunzioni - con gli esecutivi precedenti: semmai leggermente sotto. Il resto è speculazione pompeiana.
Sergio Mattarella e Giorgia Meloni (Ansa)
Dalla riforma della giustizia alla politica estera: sono molti i temi su cui premier e capo dello Stato dovranno confrontarsi nei prossimi mesi, malgrado le tensioni.
Come in una qualsiasi relazione, quando si insinua nella coppia lo spettro del tradimento, i rapporti si incrinano e non possono più tornare ad essere come erano prima. Lo tsunami che si è abbattuto sul Quirinale a seguito dello scoop della Verità, rischia di avere gravissime ripercussioni a lungo termine, sui legami tra governo e presidente della Repubblica. E anche se il Colle sminuisce la questione, definendola «ridicola», il consigliere per la Difesa del capo dello Stato, Francesco Saverio Garofani, non solo conferma ma aggiunge particolari che mettono a dir poco in imbarazzo i soggetti coinvolti. E hai voglia a dire che quelle fossero solo battute tra amici. La pezza peggiore del buco.
Galeazzo Bignami (Ansa)
Malan: «Abbiamo fatto la cosa istituzionalmente più corretta». Romeo (Lega) non infierisce: «Garofani poteva fare più attenzione». Forza Italia si defila: «Il consigliere? Posizioni personali, non commentiamo».
Come era prevedibile l’attenzione del dibattito politico è stata spostata dalle parole del consigliere del presidente della Repubblica Francesco Saverio Garofani a quelle del capogruppo di Fratelli d’Italia a Montecitorio Galeazzo Bignami. «L’onorevole Bignami e Fratelli d’Italia hanno tenuto sulla questione Garofani un comportamento istituzionalmente corretto e altamente rispettoso del presidente della Repubblica», ha sottolineato il capo dei senatori di Fdi, Lucio Malan. «Le polemiche della sinistra sono palesemente pretestuose e in mala fede. Ieri un importante quotidiano riportava le sorprendenti frasi del consigliere Garofani. Cosa avrebbe dovuto fare Fdi, e in generale la politica? Bignami si è limitato a fare la cosa istituzionalmente più corretta: chiedere al diretto interessato di smentire, proprio per non tirare in ballo il Quirinale e il presidente Mattarella in uno scontro istituzionale. La reazione scomposta del Pd e della sinistra sorgono dal fatto che avrebbero voluto che anche Fdi, come loro, sostenesse che la notizia riportata da La Verità fosse una semplice fake news.
Giorgia Meloni e Sergio Mattarella (Ansa)
Faccia a faccia di mezz’ora. Alla fine il presidente del Consiglio precisa: «Non c’è nessuno scontro». Ma all’interlocutore ha rinnovato il «rammarico» per quanto detto dal suo collaboratore. Del quale adesso auspicherebbe un passo indietro.
Poker a colazione. C’era un solo modo per scoprire chi avesse «sconfinato nel ridicolo» (come da sprezzante comunicato del Quirinale) e Giorgia Meloni è andata a vedere. Aveva buone carte. Di ritorno da Mestre, la premier ha chiesto un appuntamento al presidente della Repubblica ed è salita al Colle alle 12.45 per chiarire - e veder chiarite - le ombre del presunto scontro istituzionale dopo lo scoop della Verità sulle parole dal sen sfuggite al consigliere Francesco Saverio Garofani e mai smentite. Il colloquio con Sergio Mattarella è servito a sancire sostanzialmente due punti fermi: le frasi sconvenienti dell’ex parlamentare dem erano vere e confermate, non esistono frizioni fra Palazzo Chigi e capo dello Stato.






