
Per Danièle Nouy, capo della Vigilanza dell'istituto di Francoforte, «valutare le conseguenze sui imprese e famiglie non serve». L'eurodeputato 5 stelle Marco Valli denuncia: «Si poteva condurre uno studio d'impatto sullo stock di Npl, ma non è stato ancora fatto». Un salto nel buio. Si può definire così, a soli quattro giorni dall'entrata in vigore, l'addendum che fissa le regole per le banche sui crediti deteriorati varato il 15 marzo scorso dalla Banca centrale europea. Nemmeno la stessa autorità che lo ha elaborato è infatti in grado di stimarne i possibili impatti sull'economia. La candida ammissione è arrivata per bocca della stessa Danièle Nouy, presidente del Consiglio di vigilanza europeo, intervenuta lunedì nel corso di un'audizione svoltasi davanti ai membri della Commissione sui problemi economici e monetari del Parlamento europeo. «L'analisi di impatto è inutile, se non del tutto infattibile», ha dichiarato la Nouy, incalzata dalle domande del presidente della Commissione, Roberto Gualtieri (Pd-S&D), e degli eurodeputati Marco Valli (M5S-Efdd) e Marco Zanni (Enf). La responsabile della Vigilanza ha poi aggiunto che tale analisi sarebbe stata possibile solamente nel caso in cui l'addendum avesse riguardato i crediti già in sofferenza, che risultano invece fuori dal perimetro di competenza delle nuove norme. Queste riguardano infatti esclusivamente i nuovi flussi erogati dal 1° aprile 2018 e che in futuro andranno a deteriorarsi. Per questa tipologia di impieghi l'addendum prevede che le banche effettuino accantonamenti pari al 100% dell'importo entro i due anni nel caso di crediti non garantiti (cioè non coperti da garanzia reale come l'ipoteca), oppure sette anni per quelli garantiti. «Abbiamo chiesto alla Nouy se la Bce avesse condotto una analisi d'impatto sugli effetti quantitativi e qualitativi dell'addendum Npl sui prestiti e l'economia reale, e quando avessero intenzione di pubblicarla», ha dichiarato Marco Valli alla Verità. «La Nouy ha risposto che un'analisi d'impatto dell'addendum non era utile e nemmeno fattibile, dato che le disposizioni si applicheranno solo ai nuovi crediti deteriorati, su cui non abbiamo dati certi ma solo scenari ipotetici, mentre si sarebbe potuto condurre certamente uno studio d'impatto sullo stock di Npl, ma non è stato ancora fatto». «È gravissimo», prosegue Valli, «che la vigilanza europea abbia adottato un cambiamento di approccio così invasivo sulla gestione dei crediti deteriorati, senza preoccuparsi di valutare le possibili ripercussioni negative su prestiti e l'economia reale, nonché l'impatto potenzialmente destabilizzante sui sistemi bancari più esposti sul credito, come quello italiano». Dal momento che l'addendum discrimina tra crediti garantiti e non garantiti, il rischio è quello di una nuova stretta creditizia per le famiglie e le piccole imprese. «Le cosiddette aspettative di vigilanza descritte nell'addendum di fatto forzeranno le banche sia a richiedere sempre maggiori garanzie alle Pmi prima di erogare un prestito, sia a dismettere rapidamente Npl sul mercato a prezzi di sconto, piuttosto che ristrutturarli», spiega Valli. «Ricordiamo che il mercato di questi strumenti è quasi inesistente e dominato da pochi compratori, prontissimi a speculare, attraverso la gestione esterna del recupero crediti». Secondo i dati contenuti nel report The Italian Npl market, elaborato dalla società di revisione Pricewaterhouse Coopers e aggiornato a dicembre 2017, il mercato dei crediti deteriorati in Italia pesa 300 miliardi. Un valore più contenuto rispetto agli scorsi anni, ma pari ancora a due volte e mezzo i livelli pre crisi. Oltre la metà delle esposizioni lorde si concentra in sole quattro regioni: Lombardia, Lazio, Emilia Romagna e Veneto. Le disposizioni contenute nell'addendum, come precisato dalla stessa Nouy, non sono vincolanti per le banche anche se rischiano di creare un benchmark di riferimento per gli istituti in un contesto in cui il rischio di mercato è un fattore sempre più decisivo. Oltretutto, anche la Commissione Ue è al lavoro per definire linee guida sui crediti deteriorati, che una volta approvate avranno la precedenza su quelle contenute nell'addendum. «Ci dovrebbe essere un allineamento» tra le proposte della Bce e quelle della Commissione, ha osservato Roberto Gualtieri nel corso dell'audizione, «altrimenti creeremo solo confusione».
Cosa ci dice il caso Garofani di ciò che avviene sul Colle? Ne discutono Giuseppe Cruciani e Massimo de' Manzoni.
Una scena dal film «Giovani madri»
Il film dei fratelli Dardenne segue i passi di cinque ragazze-mamme, tra sguardi e silenzi.
L’effetto speciale è la forza della realtà e della vita. Niente fronzoli, niente algoritmi, niente ideologie. Giovani madri è un film che sembra un documentario e racconta la vicenda - già dire «storia», saprebbe di artificio - di cinque ragazze madri minorenni. Non ci sono discorsi o insistenze pedagogiche. Solo gesti, sguardi e silenzi. E dialoghi secchi come fucilate. Non c’è nemmeno la colonna sonora, come d’abitudine nel cinema dei fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne, autori anche della sceneggiatura, premiata all’ultimo Festival di Cannes.
«All Her Fault» (Sky Exclusive)
L’adattamento dal romanzo di Andrea Mara segue la scomparsa del piccolo Milo e il crollo delle certezze di Melissa Irvine, interpretata da Sarah Snook. Un thriller in otto episodi che svela segreti e fragilità di due famiglie e della loro comunità.
All her fault non è una serie originale, ma l'adattamento di un romanzo che Andrea Mara, scrittrice irlandese, ha pubblicato nel 2021, provando ad esorcizzare attraverso la carta l'incubo peggiore di ogni genitore. Il libro, come la serie che ne è stata tratta, una serie che su Sky farà il proprio debutto nella prima serata di domenica 23 novembre, è la cronaca di una scomparsa: quella di un bambino, che pare essersi volatilizzato nel nulla, sotto il naso di genitori troppo compresi nel proprio ruolo professionale per accorgersi dell'orrore che andava consumandosi.
Christine Lagarde (Ansa)
Madame Bce la fa fuori dal vaso partecipando alla battaglia politica contro l’unanimità. Che secondo lei frena i progressi dell’Unione. L’obiettivo? «Armonizzare le aliquote Iva». In altre parole, più tasse e meno sovranità nazionale degli Stati.
«L’Unione europea non funziona. Il suo modello di sviluppo è la causa della crisi. Io l’ho detto appena arrivata alla Banca centrale europea. Tanto che mi autocito. Il Consiglio europeo non dovrà più decidere all’unanimità. Ma a maggioranza qualificata. Insomma, ci vuole più Europa». Racchiudo fra virgolette con stile volutamente brutale la sintesi del discorso di Christine Lagarde all’European banking congress di Francoforte. Non ho esagerato, credetemi. Facciamo una doverosa premessa.






