2022-01-14
Il governo non molla i vaccini vecchi perché è senza bussola sui prossimi
Malgrado le evidenze e le indicazioni delle autorità sanitarie mondiali, l’esecutivo non ammette che le iniezioni sono superate per le varianti. Mentre dovrebbe già programmare il modello endemico.Prendiamo un qualsiasi italiano che su un giornale, alla tv o in radio in questi giorni abbia appreso le ultime dichiarazioni arrivate sia dall’Organizzazione mondiale della sanità sia dall’Agenzia europea del farmaco. Ovvero: bisogna aggiornare la composizione degli attuali vaccini a disposizione e contro l’emergere di nuove varianti non è quindi utile continuare ad effettuare richiami. Insomma, non possiamo continuare con booster ogni tre-quattro mesi. E magari abbia sentito anche nelle settimane precedenti che il colosso farmaceutico Pfizer potrebbe approvare il vaccino specifico per far fronte a Omicron ad aprile-maggio. Consideriamo ora le possibili reazioni alle ultime notizie. Se quell’italiano ancora non si è convinto a ricevere la prima dose, per paura o diffidenza nei vaccini a mRna, potrebbe a quel punto voler aspettare l’arrivo dei prodotti di nuova generazione, come Novavax. Oppure, se è un novax irriducibile, potrebbe pensare: se questi sono già da rottamare e quindi mi si conferma che sono inutili perché dovrei fidarmi di quelli nuovi? Mettiamo invece che quell’italiano sia vaccinato con doppia dose e tra poco debba fare la terza. Anche in quel caso potrebbe essere perplesso: perché dovrei farmi un booster adesso di un vaccino già «vecchio»? Non mi conviene aspettare quelli nuovi? Senza dimenticare chi purtroppo ha contratto il Covid nonostante le due dosi, non farà la terza e si chiede già cosa dovrà fare quando scadrà il green pass per guarigione, se rifare tutto il ciclo vaccinale daccapo o solo il richiamo. Si tratta di dubbi, timori e ragionamenti assai diffusi che, se davvero il governo vuole aumentare il più possibile la platea vaccinata invece di continuare solo a emarginare una parte della popolazione, deve sciogliere. Con una comunicazione adeguata, non ideologica ma supportata da basi scientifiche, seppure tardiva (ricordiamo i danni fatti ad esempio con la guerra a Astrazeneca i cui effetti sulla campagna vaccinale si vedono ancora oggi). Perché a due anni dall’inizio della pandemia l’approccio e le strategie si stanno evolvendo. E il ministero della Salute non può aggrapparsi ai vaccini di oggi arrivati a fine corsa e il cui «software» va inevitabilmente aggiornato, invece di guardare al futuro prossimo. L’emergenza Covid a livello mondiale sta cambiando volto, e si va verso una fase endemica, come avverte la stessa Ema. Si sta finalmente cominciando anche a investire sui trattamenti da integrare con il vaccino (e che dunque non sono alternativi a esso). Le autorità di vigilanza si chiedono se inseguire il virus invece di anticiparlo sia la strategia giusta nell’interesse della salute pubblica. Al summit che si è tenuto mercoledì fra gli enti regolatori di tutto il mondo, presieduto dall’Ema e dall’americana Fda ha tenuto banco proprio il nodo vaccini. Obiettivo del vertice: «Allinearsi», collaborare. E delineare una «risposta normativa globale alla variante» insieme agli esperti dell’Oms e della Commissione europea, per accompagnare eventualmente il lancio di una versione «aggiornata» per la quale servono comunque dati clinici. Si tratta di «impostare la scena per una discussione più strategica su quali tipi di vaccini potrebbero essere necessari sul lungo termine per gestire adeguatamente Covid-19», ha detto Emer Cooke, direttore esecutivo dell’Ema e presidente dell’Icmra, la Coalizione internazionale delle autorità regolatorie del farmaco. I più avveduti hanno subito inteso una spinta verso i vaccini «universali», quelli che colpiscono parti di virus che non mutano rapidamente come la proteina spike. Cooke ha poi puntualizzato che queste decisioni non sono solo per gli enti regolatori: «È necessaria la collaborazione tra tutti gli attori in questo spazio, compresi i responsabili delle decisioni in materia di salute pubblica a livello nazionale, regionale e globale».Questo tipo di comunicazione non può essere infatti delegata solo ai «tecnici» dell’Oms e dell’Ema. Spiegare cosa, e come, sta cambiando nella gestione della pandemia dovrebbe essere compito dei singoli Stati. Spiegare, ad esempio, che anche il vaccino antinfluenzale messo in commercio due o tre anni fa è diverso da quello attuale perché i ceppi virali cambiano ma ciò non significa che sia inutile (quindi anche gli attuali booster funzionano ancora perché il virus non è ancora del tutto mutato), che il vaccino contro un virus come il vaiolo è sempre quello perché il vaiolo non muta, mentre questo purtroppo sì. Spiegare anche come viene decisa la programmazione degli acquisti dei prossimi vaccini aggiornati, se le forniture dipendono anche dalla quantità delle attuali scorte da smaltire. Spiegare ai positivi che si sono contagiati prima di fare la terza dose se verrà usato come booster il nuovo vaccino, con un dosaggio forse diverso. Informare se si è già pensato a cosa fare con Novavax: verrà usato per convincere i novax irriducibili o sarà usato anche come booster eterologo? E ricordare che anche se tra meno di un anno i vaccini attuali saranno fuori produzione, sostituiti da quelli di nuova generazione, bisognerà comunque continuare a monitorare le varianti con il tracciamento dei contagi. Altrimenti, ciascuna delle parti continuerà ad inventarsi un nemico immaginario pur di avere ragione. Come è successo nell’ultima conferenza stampa del governo il cui messaggio principale è stato, ancora una volta, «è tutta colpa dei no vax se siamo in queste condizioni».
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)