2021-01-10
Non sovversione ma farsa: assolti i «Serenissimi»
Indipendentisti veneti di nuovo scagionati dopo 7 anni e milioni spesi per le indaginiCi sono voluti 7 anni, svariati milioni di euro di indagini (c’è chi dice almeno 8 ), un’infinità di giudizi in ben 3 tribunali diversi, ma alla fine la Corte d’appello di Venezia ha stabilito che (per adesso) associarsi e organizzarsi per l’indipendenza del Veneto non è reato. Vengono così prosciolti (di nuovo) i 48 indipendentisti veneti e lombardi dalle accuse di associazione sovversiva. È la seconda volta, perché già nel 2018 il gip Alessandra Martinelli aveva parlato di proscioglimento perché il fatto non sussiste. Ma all’epoca il procuratore capo di Rovigo, Carmelo Ruberto, aveva deciso di impugnare la sentenza. E così sono passati altri due anni. Ancora adesso tra gli stessi indipendentisti non si canta vittoria più di tanto. Perché è probabile che Ruberto ricorra di nuovo anche in Cassazione. Tutto ruota intorno alle indagini che nel 2013 portò avanti la Procura di Brescia, in una maxi inchiesta fatta di decine di appostamenti e intercettazioni, molto simile a quelle di Ilda Boccassini contro la ’ndrangheta in Lombardia. Erano i tempi del famoso Tanko 2, fabbricato con i pezzi di una vecchia ruspa modificata a Casale di Scodosia. Alcuni militanti volevano ricordare l’impresa dei Serenissimi del 1997. Altri tempi, altri processi. Alla fine degli anni Novanta, il leader della Lega Nord, Umberto Bossi, era agli apici della popolarità, con un potere politico non indifferente. Nel 2014, con Matteo Renzi appena arrivato al governo e la Lega di Matteo Salvini appena al 6% alle Europee, finirono indagati in 49, con l’accusa di associazione finalizzata al terrorismo internazionale. Ci furono persino 23 arresti e un dispiegamento mai visto di forze dell’ordine con perquisizioni in tutto il nord Italia, tra elicotteri e pattuglie via terra. C’è chi è morto in questi anni, senza vedere un’aula di tribunale e c’è persino chi ha deciso di patteggiare beccandosi 2 anni. Sta di fatto che con il passare del tempo l’inchiesta ha perso sempre più rilevanza, oltre che sui giornali anche nelle aule di tribunale. Di sicuro non deve essere semplice per la magistratura archiviare un’inchiesta come quella di allora, a fronte soprattutto di una spesa ingente di risorse pubbliche. Anche perché il processo sulla ruspa di Casale di Scodosia ha una storia giudiziaria incredibile. Sette anni fa la Procura bresciana era convinta che il gruppo di indipendentisti stesse pianificando iniziative violente per ottenere la secessione da Roma. Nelle indagini si diceva persino che alcuni militanti si erano dati da fare per trovare pistole e fucili tramite la criminalità albanese. Finì in arresto anche Franco Rocchetta, fondatore della Liga Veneta, ex parlamentare e sottosegretario nel primo governo Berlusconi per la Lega. Ma a finire indagato fu anche Gianluca Marchi, ex direttore del quotidiano La Padania. Proprio Marchi aveva raccontato di quando scoprì che i carabinieri del Ros lo avevano pedinato in una sperduta baita di montagna dove il gruppo era andato a mangiare un piatto di polenta. «Devo dire grazie all’avvocato Luigi Pisoni», spiega Marchi, «la sua memoria difensiva ha tracciato un percorso che si concludeva con il non doversi procedere, che ha avuto la conferma dalla sentenza della Corte veneziana». Negli anni c’è stato un rimpallo di competenze tra Brescia, Rovigo e Venezia: qualche atto è persino transitato da Roma. Nel 2018 il gip Martinelli decise di prosciogliere quasi tutti. Rimase in piedi per una decina di indagati il reato di costruzione di presunta arma, ovvero la ruspa artigianale. In questo caso sono stati condannati in 7, anche se le perizie delle difese avevano spiegato che il Tanko 2 avrebbe potuto fare ben poco per scardinare le istituzioni dello Stato. L’avvocato Alessio Morosin, difensore di diversi indipendentisti, ha sempre parlato di «processo politico» e insistito sul fatto che «mancavano atti idonei a sovvertire violentemente l’ordine costituito». La Corte gli ha dato ragione.