
La Lega ha presentato una proposta di legge per reintrodurre il Crocifisso in tutti i luoghi pubblici, chiedendo pene fino a 1.000 euro per chi lo rimuove. Sul Web ovviamente è esplosa la polemica, ma il simbolo cristiano è fondamentale anche per i non credenti.Dovremmo fare a meno della Croce? Da cristiano, anche non particolarmente praticante, e da persona con una media cultura antropologica e psicologica, non mi pare una cosa così semplice e soprattutto utile. Tanto è vero che la Croce, in un modo o nell'altro, è presente in posizione di riguardo nelle principali culture umane. Faccio presente alcuni elementi di ineguagliabile forza nel simbolo della Croce cristiana, la cui messa al bando equivarrebbe a una catastrofe psicofisica, spirituale e culturale. 1 Il centro. Nell'immagine della Croce ogni forza è diretta verso il centro. Non ci vuole tanto a capire che ciò ha un enorme potere di aggregazione e organizzazione di energie, in senso contrario ad ogni spinta di dispersione e disarticolazione. Il centro della Croce è l'affermazione di un principio d'ordine, contro ogni spinta verso la liquefazione e al caos. Come dice il teologo Charles André Bernard, «mettendosi alla ricerca del Regno, il cristiano cerca di raccogliere tutto il suo essere nell'unità». Naturalmente ciò è di evidente importanza nel lavoro psicologico, dove la ricerca di un riferimento al centro (della personalità, dell'affettività, del pensiero) ha un valore costitutivo. Ma lo stesso accade in qualsiasi processo di apprendimento, di formazione e sviluppo. Senza centro non si va da nessuna parte. Senza il riferimento al centro c'è la dispersione di ogni energia, che non riesce a darsi forma, producendo quella che Zygmunt Bauman ha definito: la liquidità postmoderna. 2 Le direzioni di sviluppo. Pur essendo orientate verso il centro, le forze che si organizzano nella presenza e contemplazione della Croce vengono orientate lungo due principali direzioni di sviluppo: una orizzontale, parallela alla terra, l'altra verticale, dalla terra al cielo. La rappresentazione di queste direzioni e linee moltiplica e organizza le forze affettive, cognitive e fisiche delle persone che condividono l'esperienza di questa potente immagine dell'inconscio collettivo, comunque centrale nell'esperienza antropologica e religiosa cristiana. Le due linee infatti coprono tutto lo spazio psicologico, fisico e simbolico. Quello di adesione alla terra, al piano materiale, e quello diretto dalla terra al cielo, lo spazio da sempre vissuto nella storia umana come spirituale. Due direzioni di sviluppo, quella orizzontale e quella spirituale, che accompagnano lo sviluppo umano in tutta la sue pienezza.3 L'uomo al centro. Gesù Cristo, l'uomo che ha fatto l'esperienza della Croce in tutta la pienezza dell'adesione al centro e della direzione verso lo Spirito, e allo scandalo che ciò provoca nelle forze del caos, fino alla morte e alla conseguente Resurrezione. Noi possiamo vivere la Croce, che accompagna ogni esperienza umana, perché la conosciamo di persona, attraverso la persona di Gesù Cristo. La storia umana testimonia questa esperienza che è anche la nostra storia. Per questo non rinunciamo alla Croce, la Vexilla Regis, lo stendardo del nostro Sovrano. Certo, chi oggi chiede la Croce nei luoghi di formazione e presenza della Comunità, lo fa anche per porre termine a un processo di disordine, dissipazione e follia, che sta finendo comunque già per conto suo, in parte nel ridicolo, e in parte, purtroppo, nell'orrore. Ciò rende tanto più sentita l'esigenza di limitare i danni di una decadenza materiale spirituale e cognitiva che ne ha già fatti fin troppi. Di sicuro però nessuno, né in Baviera né in Italia, o altrove, può chiedere ai cristiani, e a qualsiasi essere vivente, di rinunciare all'esposizione e alla consolazione della Croce. È quello il luogo dell'incontro e quello della Resurrezione. Ce lo ha mostrato il Signore.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.
Donald Trump (Ansa)
La Corte Suprema degli Stati Uniti si appresta a pronunciarsi sulla legittimità di una parte dei dazi, che sono stati imposti da Donald Trump: si tratterà di una decisione dalla portata storica.
Al centro del contenzioso sono finite le tariffe che il presidente americano ha comminato ai sensi dell’International Emergency Economic Powers Act (Ieepa). In tal senso, la questione riguarda i dazi imposti per il traffico di fentanyl e quelli che l’inquilino della Casa Bianca ha battezzato ad aprile come “reciproci”. È infatti contro queste tariffe che hanno fatto ricorso alcune aziende e una dozzina di Stati. E, finora, i tribunali di grado inferiore hanno dato torto alla Casa Bianca. I vari casi sono quindi stati accorpati dalla Corte Suprema che, a settembre, ha deciso di valutarli. E così, mercoledì scorso, i togati hanno ospitato il dibattimento sulla questione tra gli avvocati delle parti. Adesso, si attende la decisione finale, che non è tuttavia chiaro quando sarà emessa: solitamente, la Corte Suprema impiega dai tre ai sei mesi dal dibattimento per pronunciarsi. Non è tuttavia escluso che, vista la delicatezza e l’urgenza del dossier in esame, possa stavolta accelerare i tempi.
Gennaro Varone
Il pubblico ministero Gennaro Varone sulla separazione delle carriere: «Le correnti sono orientate proprio come un partito politico».
«Non è vero che la separazione delle carriere porrà il pubblico ministero sotto il controllo del potere esecutivo». Da questa frase comincia l’analisi di Gennaro Varone, pubblico ministero di recente tornato a Pescara dopo una parentesi romana durante la quale si è occupato di delicate indagini sulla pubblica amministrazione (comprese quella sulle mascherine intermediate dal giornalista Mario Benotti, che ora è al centro delle attenzioni della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, quella sull’ex socio dello studio di Giuseppe Conte, l’avvocato Luca Di Donna, e quella sulla mensa di Rebibbia).






