2022-11-12
Non prendiamo lezioni di umanità da Parigi
Che la Francia ci accusi di essere inumani con i migranti fa venire in mente la celebre frase di Fantozzi, che di fronte al Mega Direttore Galattico, contorcendosi nel tentativo di sparire, diceva: «Com’è umano lei». Già, come sono umani questi francesi. Basta scorrere le cronache degli ultimi anni per rendersene conto.Difficile dimenticare la vicenda dei Sans papier che si rifugiarono nella chiesa di Saint-Bernard de la Chapelle, nel 18esimo arrondissement, per evitare di essere espulsi. Erano alcune centinaia di immigrati dal Mali e dal Senegal, che, ricordo per inciso, sono stati a lungo colonie francesi. Il parroco li aveva accolti e la chiesa li proteggeva e li rifocillava. Tuttavia, su ordine del ministro dell’Interno, Jean-Louis Debré, oltre un migliaio di gendarmi in assetto anti sommossa diede l’assalto alla chiesa, sfondando il portone a colpi d’ariete. Finì con espulsioni e centinaia di arresti. In quegli anni, l’umanissima Francia, patria della rivoluzione illuminista che oltre alla giustizia e all’uguaglianza ha nel suo Dna la fraternità, aprì i centri di detenzione per gli stranieri senza permesso, in cui nel corso degli anni sono transitati centinaia di migliaia di stranieri. Ma forse, per inquadrare meglio come la Francia ha affrontato la questione dell’immigrazione clandestina, vanno ricordate una serie di iniziative «umanitarie» che negli ultimi vent’anni hanno contraddistinto la politica dei nostri cugini transalpini di fronte alle richieste di protezione. Durante la guerra del Kosovo, molti profughi raggiunsero la Francia, cercando poi di imbarcarsi per la Gran Bretagna, dove speravano di trovare facilmente lavoro. In pratica, nei Paesi intorno al porto e vicini al terminal dell’Eurotunnel, cominciarono a crearsi veri e propri accampamenti. Il governo reagì minacciando una denuncia contro le associazioni che rifornivano i migranti di cibo, vestiti e cure. Più tardi, quasi 15.000 profughi vennero trasferiti nei centri di detenzione amministrativa. Uno di questi, il centro di Sangatte, fu aperto dal governo socialista di Lionel Jospin e divenne presto una specie di inferno, dove i migranti erano ospitati in precarie condizioni sanitarie e con crescenti tensioni, al punto che agli inizi degli anni Duemila vi furono scontri che portarono alla chiusura del centro. Non andò meglio con quella che venne chiamata la giungla di Calais, ovvero un accampamento sorto fra il porto e la vicina foresta, che giunse ad «accogliere» decine di migliaia di profughi. Il regista francese Philippe Lioret vi girò Welcome, un film che oltre a raccontare la storia di un giovane curdo che cerca di attraversare la Manica a nuoto, descrive le condizioni dei richiedenti asilo a Calais. La nota solidarietà parigina tornò d’attualità tempo dopo, quando una famiglia di immigrati kosovari fu rispedita a casa insieme a Leonarda, una ragazzina di 15 anni che era cresciuta in Francia e che all’improvviso si ritrovò espulsa da quello che considerava il suo Paese. Potrei continuare citando i migranti fermati dai gendarmi alla frontiera di Ventimiglia e «deportati» in Italia di soppiatto, ovvero abbandonati nei boschi di qua dal confine. Oppure riportare le decine di migliaia di arresti dei clandestini, le decine di migliaia di espulsioni e le decine di migliaia di detenzioni nei centri per migranti, che si registrano ogni anno e che non di rado hanno dato luogo a rivolte, dove qualche volta ci è scappato il morto. Sì, la lista degli umanissimi provvedimenti adottati da Parigi è lunga. Per quanto ci riguarda, possiamo solo dire che nei primi dieci mesi e mezzo del 2022, in Italia sono sbarcate 90.000 persone, ovvero più o meno l’equivalente di una città come Pistoia. Mentre dal 2008 a oggi, gli arrivi sui barconi hanno portato più di 1 milione di persone, cioè più degli abitanti dell’intera Umbria. Dunque, se Sergio Mattarella vuole essere il presidente degli italiani e non dei francesi, degli europei o degli immigrati, farebbe bene a ricordarsene, evitando prediche inutili come quella di ieri.
Foto @Elena Oricelli
Dal 6 dicembre il viaggio della Fiamma Olimpica di Milano Cortina 2026 toccherà 60 città italiane tra concerti, sportivi e iniziative sociali, coinvolgendo le comunità in vista dei Giochi.
Coca-Cola, partner del viaggio della Fiamma Olimpica di Milano Cortina 2026, ha presentato le iniziative che accompagneranno il percorso della torcia attraverso l’Italia, un itinerario di 63 giorni che partirà il 6 dicembre e toccherà 60 città. L’obiettivo dichiarato è trasformare l’attesa dei Giochi in un momento di partecipazione diffusa, con eventi e attività pensati per coinvolgere le comunità locali.
Le celebrazioni si apriranno il 5 dicembre a Roma, allo Stadio dei Marmi, con un concerto gratuito intitolato The Coca-Cola Music Fest – Il viaggio della Fiamma Olimpica. Sul palco si alterneranno Mahmood, Noemi, The Kolors, Tananai e Carl Brave. L’evento, secondo l’azienda, vuole rappresentare un omaggio collettivo all’avvio del percorso che porterà la Fiamma Olimpica in tutta Italia. «Il viaggio della Fiamma unisce storie, territori e persone, trasformando l’attesa dei Giochi in un’esperienza che appartiene a tutti», ha dichiarato Luca Santandrea, general manager olympic and paralympic Winter Games Milano Cortina 2026 di Coca-Cola.
Come in altre edizioni, Coca-Cola affiancherà il percorso selezionando alcuni tedofori. Tra i nomi annunciati compaiono artisti come Noemi, Mahmood e Stash dei The Kolors, volti dell’intrattenimento come Benedetta Parodi e The Jackal, e diversi atleti: Simone Barlaam, Myriam Sylla, Deborah Compagnoni, Ivan Zaytsev, Mara Navarria e Ciro Ferrara. La lista include anche associazioni attive nel sociale – dalla Croce Rossa al Banco Alimentare, passando per l’Unione italiana dei ciechi e ipovedenti – a cui viene attribuito il compito di rappresentare l’impegno civile legato allo spirito olimpico.
Elemento ricorrente di ogni tappa sarà il truck Coca-Cola, un mezzo ispirato alle auto italiane vintage e dotato di schermi led e installazioni luminose. Il convoglio, accompagnato da dj e animatori, aprirà l’arrivo della torcia nelle varie città. Accanto al truck verrà allestito il Coca-Cola Village, spazio dedicato a musica, cibo e attività sportive, compresi percorsi interattivi realizzati sotto il marchio Powerade. L’azienda sottolinea anche l’attenzione alla sostenibilità: durante il tour saranno distribuite mini-lattine in alluminio e, grazie alla collaborazione con CiAl, sarà organizzata la raccolta dei contenitori nelle aree di festa. Nelle City Celebration sarà inoltre possibile sostenere il Banco Alimentare attraverso donazioni.
Secondo un sondaggio SWG citato dall’azienda, due italiani su tre percepiscono il Viaggio della Fiamma Olimpica come un’occasione per rafforzare i legami tra le comunità locali. Coca-Cola richiama inoltre la propria lunga presenza nel Paese, risalente al 1927, quando la prima bottiglia fu imbottigliata a Roma. «Sarà un viaggio che attraverserà territori e tradizioni, un ponte tra sport e comunità», ha affermato Maria Laura Iascone, Ceremonies Director di Milano Cortina 2026.
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Nicola Fratoianni, Elly Schlein e Angelo Bonelli (Ansa)