
L’ira non è un male assoluto: come dice Tommaso d’Aquino, ce n’è anche una sana che ci aiuta a combattere l’ingiustizia. La lotta alla violenza, invece, può diventare la scusa per sobillare insensate isterie di massa. Come quelle contro i no vax e i russi innocenti.San Tommaso spiega che l’ira è permessa, purché sia dominata dalla ragione. La collera non è spazzatura, è l’emozione che ci è stata data per difenderci e difendere dall’ingiustizia. L’ira è come il colesterolo, l’eccesso uccide e la mancanza non è compatibile con la sopravvivenza, e vale per l’ira lo stesso concetto che vale per il colesterolo, può essere buona o cattiva. L’ira deve essere di buona qualità, deve essere la reazione a un’ingiustizia vera, non creata dal nostro narcisismo e vittimismo, deve avere come scopo il raggiungimento della giustizia, deve essere proporzionata e soprattutto sotto il costante controllo della ragione.Il peccato di ira quindi configura diverse possibilità, eccesso, difetto, errore di direzione. L’odio è figlio dell’ira. Chi non è capace di odiare, non è capace di combattere per la giustizia. I saggi e i santi non odiano le creature umane, ma odiano il peccato e il male, che è comunque una maniera di odiare. I buoni chirurghi e i buoni oncologi odiano il cancro. È importante però che amino il paziente più di quanto odino cancro, altrimenti arriveranno a una guerra totale per distruggere l’avversario, una di quelle guerre che annientano anche il campo di battaglia. La nostra ridicola epoca ha vietato l’odio, quindi ha vietato la collera, quindi ha vietato l’indignazione. In realtà la nostra ridicola epoca ha vietato il dissenso. «Odiare ti costa», cinguetta il ridicolo slogan che divide l’umanità in due parti, gli esseri superiori, la nuova razza ariana, che non può mai essere criticata, e gli esseri inferiori che possono essere massacrati. Le donne sono sempre vittime, se qualcuno odia gli uomini, tutti, è un santo. Anzi, una santa. La mia pagina Facebook è stata chiusa innumerevoli volte in quanto istigava all’odio, perché spiegavo che l’esistenza di terapie domiciliari rendeva insensata la situazione di emergenza creata per il Covid-19. I miei dubbi sui vaccini e cosiddetti tali sono stati censurati in quanto istigavano alla violenza. Faccio orgogliosamente parte di quel sempre più accerchiato gruppo di italiani che non può lavorare, non può salire su un treno, non può entrare in un bar. Posso spostarmi solo in auto sperando di non avere nessun tipo di intoppo, portandomi da casa la bottiglietta per bere e ricordandomi di andare in bagno prima di uscire perché anche i bagni sono vietati. Ho i capelli negli occhi perché non posso andare dal parrucchiere. Ho rifiutato di farmi inoculare farmaci su cui ho enormi dubbi e che non hanno alcuna valenza nell’evitare che io possa contagiare altri. Eppure l’ira dello Stato si è scatenata contro di me. Cittadini innocenti sono privi di stipendio e diritto di lavorare: questo è semplice odio contro i dissidenti di uno Stato totalitario che si è assunto il compito di distruggere il popolo. Basta ascoltare le stridule voci della Ronzulli e di Parenzo, basta leggere la violenza di tutte le altre dichiarazioni. E qui arriviamo un punto importante. La collera, come tutte le emozioni, può essere contagiosa. La nostra straordinaria mimica ha proprio tra i suoi compiti quello di trasmettere le emozioni agli altri esseri umani. Le due emozioni che si contagiano con maggiore facilità e maggiore violenza sono collera e paura. Questo può essere pericoloso perché entrambe queste emozioni possono avere come conseguenza l’odio, un odio che potrebbe non essere più regolato dalla ragione. Ci siamo persi San Tommaso. Fino al XIX secolo la collera e l’odio erano fatti personali, che potevano al massimo estendersi in un gruppo ristretto. Potevano riguardare una persona, una famiglia, un clan, un villaggio, al massimo un’unica città, che si abbandonava anche ad episodi atroci, come il pogrom o il linciaggio, ma sempre circoscritti. Si trattava però sempre di situazioni ristrette nello spazio e quindi anche nel tempo, perché rapidamente interveniva qualcuno dall’esterno a riportare la ragione. Il miglioramento della comunicazione grazie prima alla scrittura e ai giornali, poi a mezzi più micidiali come la radio e poi purtroppo la televisione e Internet che sono basati anche su immagini, ha creato la possibilità di trascinare interi popoli in una collera, in una paura e in un odio irragionevoli e soprattutto omicidi. L’omicidio quindi può diventare di massa, può diventare genocidio.La nostra è un’epoca isterica. La comunicazione diretta mediante immagini, televisione e Internet, ha una straordinaria potenza emotiva. La televisione inoltre manda il nostro cervello in ritmo alfa. Il pensiero è un fenomeno elettrico che può essere misurato, mediante l’elettroencefalogramma. Il ritmo alfa è quello che ci rende ipnotizzabili, che addormenta quella ragione che San Tommaso raccomandava. Se faccio vedere il bambino ucraino sporco e disperato con il suo orsacchiotto in mano in un rifugio antiaereo scateno un enorme numero di emozioni. Se non faccio vedere nessun bambino serbo sporco e disperato e con l’orsacchiotto nel rifugio antiaereo, a nessuno importerà un accidente di 60 giorni di bombardamenti a Belgrado esattamente come a nessuno è importato niente dei 14.000 assassinati nel Donbass e nelle repubbliche ucraine russofone negli ultimi 8 anni, assassinati da bande di una ferocia inaudita, spesso ornate dalla bandiera con la svastica. L’epoca attuale ha una potenzialità incredibile nel creare fiumi di odio, nel portare la collera al di fuori di ogni ragione. Come si fa a evitare di cadere in tutto questo? Con il rispetto delle leggi.L’odio quindi è lo scopo della manipolazione. Manipolazione è il termine con cui si intende la capacità di spingere qualcuno a un comportamento sistematico contro i propri principi e contro i propri interessi. Per questo è di così fondamentale importanza che si rispettino le regole di neutralità. La letteratura deve essere neutrale. Le università devono essere neutrali. Il concorso per il cane, gatto, criceto, canarino più bellino devono essere neutrali. Tutto lo sport deve essere neutrale. La lirica deve essere neutrale, come l’arte e la cultura, il cinema e il teatro. Data l’enorme capacità di manipolazione che hanno i media attuali e data la capacità che ha il cervello umano di essere manipolato, soprattutto dove esista la capacità di trasmettere immagini in ritmo alfa, una elementare prudenza dovrebbe spingerci a lasciare sempre aperti i canali di neutralità e ad ascoltare anche le ragioni dell’altro, a guardare anche le fotografie che l’altro ha da mostrare. Con il termine isterismo si intende l’incapacità della mente a utilizzare la ragione dopo che ha permesso all’emotività di scuoterla fino alle fondamenta. L’isterismo contro i cosiddetti no vax è pari solo all’isterismo contro i russi, tutti, inclusi gli scrittori dell’Ottocento: entrambi hanno smesso di essere considerati persone, quindi devono essere cancellati.Quello che sta succedendo ora è al di là di ogni ragione. La levata di scudi contro Dostoevskij, l’esclusione degli atleti paraolimpici e persino dei gatti russi sono a un livello di imbecillità eccessivo per essere casuale. La comunicazione sta seguendo linee molto simili a quelle che hanno permesso di istaurare una dittatura sanitaria, vale a dire linee isteriche, sostenute dalle stesse persone, con la stessa disumanizzazione del nemico. Questo è il motivo per cui è fondamentale spegnere la tv. Anche rileggersi San Tommaso non sarebbe male.
Lirio Abbata (Ansa)
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(Stellantis)
Nel 2026 il marchio tornerà a competere nella massima categoria rally, dopo oltre 30 anni di assenza, con la Ypsilon Rally2 HF. La storia dei trionfi del passato dalla Fulvia Coupé alla Stratos alla Delta.
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Lo ha annunciato uno dei protagonisti degli anni d'oro della casa di Chivasso, Miki Biasion, assieme al ceo Luca Napolitano e al direttore sportivo Eugenio Franzetti: la Lancia, assente dal 1992 dalla massima categoria rallystica, tornerà protagonista nel campionato Wrc con la Ypsilon Rally2 HF. La gara d'esordio sarà il mitico rally di Monte Carlo, in programma dal 22 al 26 gennaio 2026.
Lancia è stata per oltre quarant’anni sinonimo di vittoria nei mondiali di Rally. Un dominio quasi senza rivali, partito all’inizio degli anni Cinquanta e terminato con il ritiro dalle competizioni all’inizio degli anni Novanta.
Nel primo dopoguerra, la casa di Chivasso era presente praticamente in tutte le competizioni nelle diverse specialità: Formula 1, Targa Florio, Mille Miglia e Carrera. All’inizio degli anni ’50 la Lancia cominciò l’avventura nel circo dei Rally con l’Aurelia B20, che nel 1954 vinse il rally dell’Acropoli con il pilota francese Louis Chiron, successo replicato quattro anni più tardi a Monte Carlo, dove al volante dell’Aurelia trionfò l’ex pilota di formula 1 Gigi Villoresi.
I successi portarono alla costituzione della squadra corse dedicata ai rally, fondata da Cesare Fiorio nel 1960 e caratterizzata dalla sigla HF (High Fidelity, dove «Fidelity» stava alla fedeltà al marchio), il cui logo era un elefantino stilizzato. Alla fine degli anni ’60 iniziarono i grandi successi con la Fulvia Coupè HF guidata da Sandro Munari, che nel 1967 ottenne la prima vittoria al Tour de Corse. Nato ufficialmente nel 1970, il Mondiale rally vide da subito la Lancia come una delle marche protagoniste. Il trionfo arrivò sempre con la Fulvia 1.6 Coupé HF grazie al trio Munari-Lampinen-Ballestrieri nel Mondiale 1972.
L’anno successivo fu presentata la Lancia Stratos, pensata specificamente per i rallye, la prima non derivata da vetture di serie con la Lancia entrata nel gruppo Fiat, sotto il cui cofano posteriore ruggiva un motore 6 cilindri derivato da quello della Ferrari Dino. Dopo un esordio difficile, la nuova Lancia esplose, tanto da essere definita la «bestia da battere» dagli avversari. Vinse tre mondiali di fila nel 1974, 1975 e 1976 con Munari ancora protagonista assieme ai navigatori Mannucci e Maiga.
A cavallo tra i due decenni ’70 e ’80 la dirigenza sportiva Fiat decise per un momentaneo disimpegno di Lancia nei Rally, la cui vettura di punta del gruppo era all’epoca la 131 Abarth Rally.
Nel 1982 fu la volta di una vettura nuova con il marchio dell’elefantino, la 037, con la quale Lancia tornò a trionfare dopo il ritiro della casa madre Fiat dalle corse. Con Walter Röhrl e Markku Alèn la 037 vinse il Mondiale marche del 1983 contro le più potenti Audi Quattro a trazione integrale.
Ma la Lancia che in assoluto vinse di più fu la Delta, che esordì nel 1985 nella versione speciale S4 sovralimentata (S) a trazione integrale (4) pilotata dalle coppie Toivonen-Wilson e Alen-Kivimaki. Proprio durante quella stagione, la S4 fu protagonista di un drammatico incidente dove morì Henri Toivonen assieme al navigatore Sergio Cresto durante il Tour de Corse. Per una questione di giustizia sportiva il titolo piloti fu tolto alla Lancia alla fine della stagione a favore di Peugeot, che era stata accusata di aver modificato irregolarmente le sue 205 Gti.
L’anno successivo esordì la Delta HF 4WD, che non ebbe rivali con le nuove regole del gruppo A: fu un dominio assoluto anche per gli anni successivi, dove la Delta, poi diventata HF Integrale, conquistò 6 mondiali di fila dal 1987 al 1992 con Juha Kankkunen e Miki Biasion. Lancia si ritirò ufficialmente dal mondo dei rally nel 1991 L’ultimo mondiale fu vinto l’anno successivo dal Jolly Club, una scuderia privata appoggiata dalla casa di Chivasso.
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