2020-12-28
Non lo facciamo per sport
Per anni le autorità sanitarie hanno ripetuto che l'attività fisica è fondamentale per il benessere, soprattutto degli anziani. Che oggi invece sono reclusi. E chi osa passeggiare è bollato come una pericolosa fonte di contagio.Il prossimo presidente dei geriatri, Francesco Landi: «È in gioco la salute collettiva, vediamo già gli effetti del troppo tempo passato in sedentarietà».Il presidente dei gestori di impianti, Fabio Conti: «Inutili gli investimenti massicci per la sicurezza I ristori sono stati insufficienti. E così molti dei nostri centri hanno chiuso per sempre».Lo speciale contiene tre articoli.Per anni c'è stata una campagna martellante sull'importanza dell'esercizio fisico. Medici, psicologici ma anche istituzioni hanno stretto d'assedio gli italiani. «Siete troppo sedentari, grassi, pigri, dovete muovervi», è stato il mantra rimbalzato sui media. Il fitness è diventato un pilastro della vita, come il mangiar sano, come la lotta agli zuccheri e al junk food. Così sono proliferate le palestre e le piscine, si sono moltiplicate le discipline e i trainer specializzati. Un business, ma anche un contributo al sistema sanitario nazionale perché vivere a lungo e in salute è diventata la sfida di ogni società moderna. Questa macchina marciava a gonfie vele, fino a quando è arrivato il Covid. All'improvviso le palestre da luoghi di salute sono diventati incubatoi di contagio e l'attività fisica un'occasione di assembramenti pericolosi. I dpcm sembrano fatti apposta per scoraggiare anche i drogati dello sport, figurarsi gli altri. Perfino una passeggiata è diventata un'impresa faticosa con la mascherina obbligatoria all'aperto. A oggi il settore conta 10 mesi di chiusura, interrotti solo dal breve intervallo estivo. Un vero colpo di grazia per qualunque imprenditore. Ma se il primo stop era stato vissuto con lo spirito quasi positivo del «ce la faremo», questa volta la situazione pare disperata. Il mondo del fitness è il grande dimenticato del secondo lockdown. Mentre ristoranti e bar strappano deroghe, le palestre sono cadute nell'oblio. Dell'esercizio fisico si può fare anche a meno, è un passatempo modaiolo da relegare in secondo piano rispetto alle priorità del Paese: è questo il messaggio che viene dai vari dpcm. Eppure le strutture si erano messe subito a norma, con la sanificazione e organizzando gli spazi per il distanziamento. Nulla da fare. Né si fanno ipotesi sulla riapertura. L'industria del fitness è scomparsa persino dalle conferenze stampa onnicomprensive del premier Giuseppe Conte.L'industria dello sport fino a un anno fa macinava utili. Nel 2019 le 100.000 palestre contavano 5,5 milioni di abbonati. Tra prima e seconda chiusura c'è stato un crollo del 79% delle iscrizioni. L'Associazione nazionale impianti sportivi e fitness (Anif) stima per il 2020 una perdita di circa 8,5 miliardi, il 70% dei 12 miliardi fatturati nel 2019. Per il 2021, sempre che si esca dall'emergenza Covid entro la primavera, i danni sono già stimati intorno al 50/60% rispetto al 2019.Secondo il Coni, lo sport in Italia vale l'1,7% del Pil, ovvero 30 miliardi di euro: un valore che raddoppia a 60 miliardi se si considera anche l'indotto. Nel complesso, sono 20 milioni gli italiani che praticano attività sportive, in maniera più o meno sistematica. Quasi la metà dei centri sportivi (47,7%) ha una superficie sotto i 500 metri quadrati e un numero di soci e clienti inferiore a 500. È quindi un sistema molto fragile. «Nessuna palestra o piscina è mai risultato essere focolaio di contagi, non si capisce questo accanimento. Lo sport è benessere, l'attività fisica è salute, aiuta corpo e mente, innalza le difese immunitarie e contrasta malattie importanti come cardiopatie e diabete», afferma Giampaolo Duregon, presidente Anif che rappresenta gli interessi di 100.000 centri sportivi. «Temiamo che si allunghino i tempi. Anche a marzo le settimane previste all'inizio erano solo tre».I danni dal prolungato stop dell'attività fisica non sono solo quelli sui bilanci aziendali. La forzata inattività avrà ripercussione anche sulla spesa del servizio sanitario nazionale. I costi correlati alle principali patologie associate all'inattività fisica (tumore della mammella e del colon-retto, diabete di tipo 2, coronaropatia) ammontano a 1,6 miliardi di euro annui. Si tratta delle stesse patologie che più concorrono al peggioramento del quadro clinico di un ammalato di Covid.La sedentarietà è responsabile del 14,6% di tutte le morti in Italia, pari a circa 88.200 casi all'anno. Secondo i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità, l'attività fisica è in grado di prevenire il rischio di tumori del 20-40% tanto che si stima che 3 milioni di persone l'anno potrebbero salvarsi la vita solo facendo sport. Aumentando il livello di attività fisica praticata il risparmio per il Servizio sanitario sarebbe di circa 2 miliardi.Nonostante negli ultimi anni sia aumentato il numero di coloro che praticano un'attività sportiva proprio grazie alle campagne di incentivazione, i numeri non sono ancora giudicati soddisfacenti. Un monitoraggio dell'Istituto superiore di sanità indica che solo il 50% degli adulti raggiunge i livelli raccomandati di attività fisica, che 1 bambino su 4 dedica al massimo un giorno a settimana (almeno un'ora) allo svolgimento di giochi di movimento, 1 su 3 è obeso o in sovrappeso, che i maschi sono più attivi delle femmine e che fra gli ultra sessantaquattrenni il livello di attività fisica svolto diminuisce all'avanzare dell'età ed è significativamente più basso tra le donne. Questo scenario rischia di peggiorare. Costretti alla sedentarietà da marzo, tanti potrebbero avere difficoltà a tornare a una vita attiva. È ciò che teme il geriatra Raffaele Antonelli Incalzi. «A 70 anni non è indispensabile andare in palestra», dice, «ma è fondamentale camminare e limitare al massimo le ore sul divano. E le misure governative sono fatte in modo da indurre a restare in casa. La mascherina obbligatoria anche in spazi aperti e in condizioni di distanziamento ostacola la respirazione durante lo sforzo fisico. Il risultato è che si rinuncia a camminare. Abbiamo impiegato anni a convincere le persone che fare sport è una forma di prevenzione. Ora si manda il segnale opposto: non uscite, non vi muovete. Dall'inizio della pandemia la mortalità da infarto è aumentata del 30%: è plausibile che abbia contribuito il difetto di esercizio fisico». Nel 2017, l'allora presidente dell'Istituto superiore di sanità, Walter Ricciardi, ora consulente del ministero della Salute, lanciando una campagna su Salute e sport aveva detto: «Vorremmo che l'attività fisica venga prescritta nelle ricette mediche».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/non-lo-facciamo-per-sport-2649651744.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-movimento-non-e-un-bene-di-lusso-ma-una-necessita" data-post-id="2649651744" data-published-at="1609093496" data-use-pagination="False"> «Il movimento non è un bene di lusso ma una necessità» «L'attività sportiva non può essere considerata alla stregua di un bene voluttuario di cui si può fare a meno e tanto meno di una moda da ricchi. È in gioco la salute della popolazione. Non a caso recentemente le raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità insistono sull'importanza di una vita fisicamente attiva come metodo di prevenzione di numerose patologie. Che poi sono quelle che rendono le persone più fragili e indifese verso il Covid. Vorrei anche ricordare che quando si parla di salute si parla di minori costi a carico del sistema sanitario. La chiusura dei centri sportivi non è solo un danno a un settore dell'economia, va a incidere sul bilancio dello Stato». Francesco Landi, dal prossimo gennaio presidente della Società italiana di Geriatria e geriatra del Policlinico Gemelli di Roma, è un fiume in piena. «Sono esterrefatto da come lo sport sia stato improvvisamente considerato un veicolo di contagio. Rischiano di andare in fumo anni di campagne informative sui benefici dell'attività fisica. Si stanno mandando messaggi contraddittori. Prima si dice che la vita sedentaria è dannosa alla salute, ora invece anche fare una semplice passeggiata diventa pericoloso». Quali sono le conseguenze della limitazione dell'attività fisica? «L'Oms ha confermato nelle sue raccomandazioni che è fondamentale l'attività fisica a tutte le età, per almeno tre volte a settimana. L'esercizio sportivo è come una medicina: il beneficio dipende dalla dose e dalla frequenza. I provvedimenti contro la pandemia hanno hanno dato un colpo di spugna sulla raccomandazione di questo farmaco salvavita». Eppure l'indicazione ora è di stare il più possibile a casa. Il che equivale a passare giornate intere sul divano davanti al pc o alla televisione. «Non potrò mai dimenticare cosa è accaduto a quel pover'uomo che mentre faceva una corsetta da solo, sulla spiaggia deserta, durante il primo lockdown, è stato rincorso dalle forze dell'ordine alla stregua di un delinquente. Come i fischi e spesso le ingiurie che colpivano i temerari runner colpevoli di fare di corsa il giro del palazzo. Chi pratica attività fisica all'improvviso si è trovato sul banco degli imputati, è considerato un untore. Eppure è stato verificato che le palestre non sono focolai del contagio». Avete già riscontrato gli effetti della vita sedentaria dall'inizio della pandemia? «L'effetto sugli anziani è evidente. C'è un peggioramento di numerose patologie come quelle cardiovascolari, del diabete, oltre a forme di depressione. Alle persone avanti negli anni è stato detto esplicitamente di starsene il più possibile a casa. Questo messaggio ha creato una forma di fobia pure verso gli ambulatori, diminuendo la prevenzione. Molti hanno smesso di curarsi o di controllarsi per paura di contrarre il virus in ospedale. In numerosi pazienti abbiamo riscontrato un declino fisico e cognitivo. L'unico stimolo rimasto è quello offerto dalla televisione che ogni giorno martella sul Covid. La sedentarietà porta anche disordini alimentari». Vuol dire che abbiamo cominciato a mangiare male? Eppure sul Web sono proliferati corsi di cucina. «I tutorial gastronomici propongono soprattutto pasta, pane e dolci, cioè menu sbilanciati su carboidrati, zuccheri e grassi. Non a caso nel primo lockdown la farina era scomparsa dai supermercati». Le regole anti Covid hanno cambiato le sane regole di vita? «Esattamente. Hanno smontato i due cardini della salute: l'esercizio fisico e la corretta alimentazione». Usciremo dal Covid più grassi e più malati? «Dal monitoraggio del Gemelli emerge che a giugno e luglio scorso solo un quarto dei pazienti hanno controllato il colesterolo rispetto al trend del 2019 e per tutti, il livello è più alto. La medicina ha smesso di occuparsi della prevenzione per concentrarsi unicamente sulla pandemia. Ma attenzione, è un atteggiamento pericoloso». Come spiega questo accanimento contro le palestre nonostante l'adeguamento alle regole di sanificazione e distanziamento? «Penso che è stato più facile mettere tutte le attività economiche sullo stesso piano. Ma una palestra non è un bar o un ristorante. Ho sentito parlare dei centri sportivi allo stesso modo delle sale giochi, cioè il luogo dove si genera salute e quello dove si crea ludopatia. Forse perché si considerano le palestre luoghi di divertimento. Ci si diverte, è vero, ma si genera benessere fisico. Lo sci è stato trattato come fosse un'attività da ricchi, elitaria e quindi di cui si può fare a meno. Peraltro è uno sport solitario e un'attenta organizzazione avrebbe risolto il problema delle file agli impianti. Nessuno poi dice che alcuni esercizi fisici, che non hanno consumo aerobico, si possono eseguire con apposite mascherine. È stato più semplice mettere tutti a casa». Quali iniziative si possono intraprendere per sottrarre gli anziani dalla tentazione della sedentarietà indotta dal Covid? «Il Policlinico Gemelli partecipa al progetto europeo Sprintt che punta sull'esercizio fisico come forma di prevenzione delle disabilità. Seguiamo oltre 200 anziani. Con il Covid non abbiamo voluto interrompere le attività. Le lezioni ora si svolgono in streaming. L'importante è restare attivi». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/non-lo-facciamo-per-sport-2649651744.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="dal-9-marzo-dimenticati-da-tutti" data-post-id="2649651744" data-published-at="1609093496" data-use-pagination="False"> «Dal 9 marzo dimenticati da tutti» «Chiudere un centro sportivo significa fare un danno al sistema sanitario nazionale. Tenere giovani e meno giovani lontano dalle palestre non è un buon modo per contribuire alla salute della popolazione. Soprattutto se le strutture si sono dotate di tutte le precauzioni per essere sicure contro il virus affrontando anche spese importanti». Fabio Conti vive lo sport in modo «trasversale», come ama dire: a livello agonistico come direttore tecnico della nazionale di pallanuoto femminile e come rappresentante di categoria in quanto presidente dell'Associazione dei gestori di impianti sportivi Gestiamo. Siete scomparsi dai radar del governo. I riflettori sono accesi su bar e ristoranti ma si sono spenti sullo sport. Come mai? «Forse perché abbiamo un deficit di rappresentanza. Ci sono troppe figure che dovrebbero far sentire la nostra voce: il ministero, il Dipartimento dello sport, il Coni, le rappresentanze di ogni federazione. Alla fine non si capisce chi è il frontman dello sport. Sembra che l'interesse generale si sia limitato ai controlli per verificare l'applicazione delle regole di sicurezza». Le palestre sono focolai di virus? «Tutt'altro, e i casi di irregolarità limitati. Nelle piscine la sanificazione e l'uso di disinfettanti è abitudine, come l'uso dei salva-scarpe. Dopo i titoloni dei giornali anche per un paio di manifestazioni davanti a Palazzo Chigi, l'attenzione è calata e siamo stati dimenticati. Prima del Covid, lo sport era parte essenziale del programma di salute di ogni individuo, ora pare che non lo sia più. Dal 9 marzo siamo chiusi tranne la breve parentesi estiva che ci aveva fatto sperare ma non aveva certo contribuito a ripianare le perdite. L'estate è una stagione bassa per i centri di fitness. Ora l'inattività non è più un pericolo per la salute. Passare settimane chiusi in casa non fa più paura». Eppure anche il mondo dello sport ha avuto i ristori. Non siete stati così dimenticati. «Basta guardare alla loro entità per rendersi conto di quanto lo sport sia considerato. Da attività essenziale per il benessere psico-fisico è diventata superflua. Chi ha continuare a fare attività all'aperto è stato criticato, guardato con sospetto come fosse uno stravagante individuo. Non mi stupisco che se la considerazione dello sport è questa, i ristori siano stati modesti e senza criterio. Piccole palestre e grandi impianti sono stati trattati allo stesso modo anche se hanno costi diversi». Quanto spende un centro con piscina? «Fino a 50.000 euro al mese, mentre i piccoli centri fitness se la cavano con poche migliaia di euro. Un ristoro da 3.000 euro va bene per l'uno ma è una miseria per l'altro. Non ci dimentichiamo che lo sport in Italia vive grazie all'imprenditoria privata. In altri Paesi tante scuole hanno la piscina o la palestra attrezzata. Poi però quando c'è l'emergenza nessuno se ne ricorda. Mi aspetto che tante strutture non riapriranno più. Lo sport non può essere trattato tutto alla stessa maniera. Bisognava distinguere in base ai fatturati». Ma i collaboratori non hanno avuto un aiuto? «Finora hanno ricevuto 4.200 euro tra i 600 euro di marzo, aprile e maggio a cui si sono aggiunti 800 euro a giugno e altrettanti a novembre e dicembre. Ma anche per loro non c'è stata alcuna differenziazione. Chi fa il trainer per poche ore ci ha quasi guadagnato mentre chi lavorava full time ha perso molto. Il ministro Spadafora ha prospettato una riforma della fiscalità nello sport per tutelare, dice, chi non ha tutele, ma trovo difficile pensare che dovrà essere inquadrato con contratto a tempo indeterminato anche chi lavora per poche ore».
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)