- Le promesse mancate del governo sul fronte sanità: dovevano reclutare personale, raddoppiare i posti di emergenza e incentivare i lavoratori messi sotto pressione dalla pandemia. Invece nessuno di questi obiettivi è stato centrato
- Il segretario Fials Giuseppe Carbone, : «Discriminazioni negli incentivi in denaro Gli specializzandi trattati come manodopera a costo zero»
Le promesse mancate del governo sul fronte sanità: dovevano reclutare personale, raddoppiare i posti di emergenza e incentivare i lavoratori messi sotto pressione dalla pandemia. Invece nessuno di questi obiettivi è stato centratoIl segretario Fials Giuseppe Carbone, : «Discriminazioni negli incentivi in denaro Gli specializzandi trattati come manodopera a costo zero»Lo speciale contiene due articoliParole, parole, parole. Reduce dalla stagione di austerità inaugurata da Mario Monti un decennio fa, nell'ultimo anno e mezzo il mondo della salute italiano è stato messo a dura prova dalla pandemia di Covid-19. Il nostro sistema sanitario, tutelato dalla Costituzione, ha retto l'urto delle tre ondate succedutesi dai primi mesi del 2020 a oggi, ma il personale del settore ancora attende di vedere riconosciuti gli sforzi compiuti per arginare il terribile disastro in termini di vite umane e ammalati. Ma nei primi mesi del 2020, assieme alla prima ondata pandemica, erano arrivate anche precise promesse di un futuro migliore per la sanità e per tutti i cittadini. Le aveva avanzate il terzetto formato dall'allora premier Giuseppe Conte, dall'allora commissario straordinario Domenico Arcuri e dal ministro della Salute Roberto Speranza. Assunzioni, aumenti di stipendio e più posti letto in terapia intensiva rappresentano tre punti chiave oggetto di clamorosi annunci che, in gran parte, attendono ancora di essere realizzati, come dimostra questa inchiesta della Verità. Sulle terapie intensive, Arcuri aveva detto che saremmo arrivati a 11.300 posti letto complessivi: siamo fermi a 8.425. Sulle nuove assunzioni, erano stati annunciati 5.000 medici e 10.000 infermieri in più: numeri che rappresentano ancora un miraggio. Solo 1.350 medici e 8.757 infermieri sono stati assunti a tempo indeterminato e altri buchi sono stati tappati da precari. E così, alla vigilia di una possibile quarta ondata, ci tocca ancora fare affidamento soltanto sulla forza e il coraggio dei nostri operatori sanitari.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/non-hanno-fatto-nulla-2653820489.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="presi-troppi-precari-che-offrono-assistenza-mediocre" data-post-id="2653820489" data-published-at="1626627703" data-use-pagination="False"> «Presi troppi precari che offrono assistenza mediocre» Giuseppe Carbone, segretario nazionale della Federazione autonomie locali e sanità (Fials), fa il punto sulla situazione lavorativa del settore sanitario. Le pare che il governo abbia mantenuto le promesse? «Quanto dichiarato dal governo sono solo parole e fumo negli occhi dei lavoratori e dell'opinione pubblica. Il bilancio a oggi è negativo, anche perché non c'è stato a livello nazionale un indirizzo univoco e ogni Regione ha legiferato e gestito le risorse come ha voluto». Pochi giorni prima del lockdown, a marzo 2020, il governo Conte assicurava assunzioni generose. Oggi la maggior parte di quel personale ha firmato contratti a tempo determinato alimentando il precariato del settore. «Partiamo dal presupposto che in Italia non ci sono infermieri, e quei pochi si sono indirizzati egoisticamente in direzione del pubblico, lasciando sguarniti il territorio e le strutture private (Rsa, cooperative e altro). Rispetto a questa problematica, come sindacato ormai da anni chiediamo a gran voce di aprire le università, abolendo il numero chiuso, per creare posti di lavoro per i giovani italiani. Oggi siamo costretti a importare personale straniero, e per strada ci sono giovani italiani disoccupati. Senza contare che molti lavoratori, nonostante il periodo di pandemia, sono stati assunti con partita Iva oppure tramite agenzia interinale». Molti infermieri, già in passato, hanno fatto le valigie. «Il nostro infermiere va all'estero perché la sua professionalità è riconosciuta e viene pagato bene. Noi importiamo personale infermieristico senza sapere che scuole ha frequentato, perché dobbiamo tappare i buchi che i governi hanno fatto in passato». Nel lungo periodo la scelta di puntare sul precariato a che conseguenze porterà? «Questa precariato ci porterà a una sanità che garantirà un'assistenza mediocre, perché quando il personale è stressato anche l'assistenza pecca di qualità. Quando il personale non è sereno per motivi economici, per la fatica e i mancati rinnovi contrattuali, le cose non possono andare bene». Avete denunciato anche di recente l'inadeguatezza degli stipendi del settore, specie in relazione ai carichi di lavoro del periodo Covid. A che punto è la situazione e che riscontri avete ricevuto? «Nella finanziaria 2021, mai accaduto, ai medici sono stati riconosciuti emolumenti economici sostanziosi, mentre agli infermieri una miseria, perché 70/80 euro sono una miseria, che tra l'altro prenderanno quando firmeremo il contratto. Ma i medici per poter lavorare hanno bisogno degli infermieri. È una catena, perciò noi chiediamo il contratto unico nei confronti di chi ha una responsabilità: se dai un riconoscimento economico ai medici, lo dai anche agli infermieri». Sì, ma le risorse? «Abbiamo detto tante volte al governo: sediamoci intorno a un tavolo, vi dimostreremo che i soldi ci sono». E dove? «Intervenendo sulla medicina di base. Oggi il medico di base fa l'amministrativo. Per prima cosa lo vorremmo dipendente pubblico, riconoscendogli il giusto trattamento economico. In cambio, deve garantire l'assistenza del paziente “h24", e le visite a domicilio sempre. Non è possibile che se mio figlio ha la febbre il pediatra non venga a casa». Effettivamente, a oggi, il rapporto con i medici di base non sembra arrivato a un punto di svolta. «Siamo onesti, la medicina di base non funziona, e questo è un fatto oggettivo riscontrabile anche dal presidente del Consiglio. Uno va dal medico e questi ti prescrive una sfilza di esami perché non si vuole prendere responsabilità. Se invece lo paghiamo bene, lo rendiamo responsabile, e magari lo controlliamo anche sulle ricette. Anche per ciò che riguarda i medicinali bisognerebbe fare un discorso serio con le case farmaceutiche. Perché prescrivere una confezione che contiene 30 pillole quando me ne basterebbero 6 o 7? Ogni italiano ha la casa piena di farmaci che scadranno e dovrà buttare. Nel frattempo, la spesa farmaceutica cresce di anno in anno e toglie risorse al pubblico». Parlando di medici, il 50% delle assunzioni riguarda specializzandi e abilitati non specializzati. Questa categoria lamenta di essere stata trattata come manodopera gratuita. «Anche questa è una grande presa in giro che va ricondotta all'esistenza del numero chiuso. Se non si apre anche qui, se non si toglie il potere all'università, se non si ha il coraggio di intervenire - e questa politica non l'ha - si scadrà inevitabilmente nella mediocrità. Se mancano anche i medici e gli specializzandi, onestamente non so che fine faremo». Cosa chiedete al governo e cosa sarebbe necessario per rendere pronta la nostra sanità a una nuova emergenza? «Semplicemente di incontrarci e parlare. Portiamo delle soluzioni, forse non ci troveremo d'accordo, ma vogliamo dire all'esecutivo dove potrà trovare i soldi necessari. Noi sindacati non vogliamo fare politica ed entrare nella stanza dei bottoni, ma essere coinvolti, fare accordi e poi prenderci anche le nostre responsabilità».
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