2019-11-24
Non c’è solo il Mose. L’Italia è paralizzata da 546 cantieri lasciati a sé stessi
Il sistema che doveva salvare Venezia è partito 16 anni fa e ha bruciato 5,5 miliardi. Ma purtroppo non è l'eccezione.Sedici anni, almeno 5,5 miliardi di euro dissipati e un calvario giudiziario costellato di inchieste, scandali, accuse di corruzione fino al commissariamento del 2014. Con questo biglietto da visita il Mose, la diga che dovrebbe salvare Venezia dall'acqua alta, è diventato simbolo dell'Italia incompiuta. Perché il cantiere, partito nel lontano 2003, non è mai stato portato a termine. E così la Serenissima, con gli inestimabili tesori che contiene, è stata sommersa da una marea salmastra che pare impossibile respingere. Ma tra le grandi opere incompiute non c'è solo il Modulo sperimentale elettromeccanico. Sarebbe bello. Invece, a fargli compagnia nel limbo del non finito, si contano 546 grandi cantieri che aspettano da tempo immemore il taglio del nastro. A censirli è un'apposita anagrafe, ovvero il Sistema informatico di monitoraggio delle opere incomplete, istituito nel 2011 dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti. Che quantifica lo spreco di tempo e denaro: nel loro complesso questi progetti lasciati a metà strada sono già costati oltre 4 miliardi di euro pubblici. Per finirli ne servirebbero almeno altri 2. Nell'elenco troviamo cantieri faraonici, ma anche infrastrutture più piccole che non sono mai state utilizzate, nonostante siano ampiamente scaduti i termini contrattuali. Una delle più «antiche» è la diga del fiume Melito, in Calabria. Il suo progetto risale al 1978, anno nel quale fu inserito nell'ormai scomparsa Cassa per il Mezzogiorno. Sarebbe dovuta diventare la diga più grande in Europa dando vita al lago Azzurro, ma in 41 anni ne è stato completato soltanto il 13% e non c'è una goccia d'acqua. Tutto questo è costato alla collettività quasi 260 milioni, che però non bastano visto che per renderla funzionante ne mancano all'appello altri 189 milioni. Sconcertante è anche il caso della linea ferroviaria Ferrandina-Matera, in Basilicata, giudicata strategica per il turismo nella città dei Sassi, ancora per pochi mesi capitale europea della cultura. In questo caso i lavori sono partiti nel 1986, ma non saranno ultimati prima del 2024 nonostante finora siano stati stanziati circa 350 milioni. Nella lista degli sprechi c'è anche la strada Pedemontana delle Marche, per la quale mancano 272 milioni di euro di opere. Senza dimenticare il collegamento Grosseto-Fano, completato solo per il 23%, o l'attesa Città dello sport di Tor Vergata, a Roma: progettata da Santiago Calatrava era nata per ospitare i Mondiali di nuoto nel 2009, ma trascorsi dieci anni ancora attendiamo l'inaugurazione. L'opera è stata utilizzata solo in parte, intanto sono stati dilapidati quasi 608 milioni di euro e ne mancano altri 406.434.055 per poter scrivere la parola fine. L'ultimo censimento delle incompiute italiane è stato pubblicato a giugno 2019: emerge che le opere si sono ridotte da 647 a 546 con un calo del 15%. Un piccolo segnale positivo, che però va letto nella sua complessità. Perché, a fronte di territori più virtuosi, ce ne sono altri nei quali lo spreco di risorse e la mancanza di risultati sono la norma. È il caso della Sicilia ovvero la regione che ospita il maggior numero di cantieri rimasti in mezzo al guado con 154 esempi da non seguire: un quarto di tutte le incompiute italiane. Qui sono già stati spesi quasi 486 milioni di euro, ma ne servirebbero altri 274 milioni per ultimare i lavori. Uno dei non finiti dei più macroscopici è la diga di Pietrarossa, tra le province di Enna e Catania. Il cantiere è stato aperto nel 1990 ed è costatato 75 milioni di euro. Ma l'iter per il completamento è stato avviato solo pochi mesi fa. Emblematico pure il palazzetto dello sport per l'atletica leggera che i cittadini di Giarre, provincia di Catania, attendono dal 1986. Per l'impianto sono stati investiti circa 3,5 milioni di euro, ne servirebbero altrettanti per terminarlo. Nel frattempo il piccolo stadio è chiuso e abbandonato nel più completo degrado, infatti gli atleti lamentano di essere costretti ad allenarsi fra i rifiuti. Non va molto meglio nel resto del Mezzogiorno: in Campania ci sono 26 cantieri ancora aperti, in Calabria 28, mentre in Puglia se ne contano 41. Ma anche il Nord non è immune dal fenomeno. In tutto il Settentrione sono complessivamente 58 le opere che attendono invano l'inaugurazione. Nell'elenco troviamo, per esempio, il nuovo terminal dell'aeroporto Corrado Gex, in Valle D'Aosta. Per allestire spazio passeggeri, parcheggi per le auto e piazzale per gli aeromobili sono stati spesi 12 milioni di euro. La struttura è stata completata solo per il 22% e non potrà funzionare se non saranno stanziati altri 5,5 milioni. E la «efficiente» Lombardia? Con le sue 26 infrastrutture incomplete, si piazza al quinto posto a livello nazionale in questa poco edificante classifica.Sono invece 13 i cantieri in stand by in Piemonte, già costati oltre 75 milioni di euro. Fra questi spiccano il laboratorio di sanità pubblica di Biella, la struttura per le cure palliative in Villar Perosa e il nuovo ospedale di Valle Belbo. Per quest'ultimo sono 39 milioni 700.000 gli euro già spesi, mentre 24 milioni e mezzo quelli necessari per rendere operativa la struttura, ancora ferma al 22,17% del cronoprogramma. Intanto gli oltre 200.000 abitanti della provincia di Asti possono contare su un solo ospedale dotato di pronto soccorso, il Cardinal Massaia dove inevitabilmente le attese sono spesso bibliche.