
Luigi Di Maio: «No alla fiducia. Accetteremo solo emendamenti migliorativi, senza annacquare le norme su precari e delocalizzazioni». Continua lo scontro con Forza Italia. Mariastella Gelmini: «Le nuove regole sono dannose per tutti. Vogliamo riscriverle completamente».Sul decreto Dignità, che non si sa ancora quando verrà discusso in Parlamento, il governo non intende porre la fiducia, ma accetterà solo emendamenti migliorativi, senza arretrare su contratti e delocalizzazione. A ribadirlo è stato il vicepremier e ministro del Lavoro e dello sviluppo economico, Luigi Di Maio. «Fiducia? Non credo ce ne sia bisogno perché il Parlamento deve avere la possibilità di discutere e migliorare il provvedimento. Certo noi non arretreremo se l'intenzione dovesse essere quella di annacquare le norme contro il precariato e la delocalizzazione», ha detto a Radio 1.Il ministro ha poi ribadito che il governo è aperto ai miglioramenti, «nel caso si vogliano eliminare scartoffie burocratiche, aumentare le sanzioni a chi delocalizza o dare una nuova stretta al gioco d'azzardo», punto sul quale il ministro ha aperto alla «possibilità di una stretta sulle concessioni, non solo sulle pubblicità». Il decreto vieta infatti la pubblicità di giochi o scommesse con vincite in denaro.Ma niente passi indietro per quella che Di Maio ha definito «la stretta sui contratti a tempo determinato». Uno dei punti salienti del decreto dignità è la revisione delle norme sui contratti a termine, per i quali non si potranno avere più di quattro proroghe, con un limite di durata non superiore ai 24 mesi. Per i rinnovi che eccedono i 12 mesi il decreto prevede il ritorno alle causali. Inoltre, per incentivare i contratti stabili, il decreto prevede l'aumento dello 0,5% del contributo addizionale - attualmente pari all'1,4% - a carico del datore di lavoro per i rapporti di lavoro a termine in caso di proroga. Previsto poi l'aumento del 50% dell'indennizzo per i lavoratori ingiustamente licenziati, che potrà arrivare fino a 36 mensilità.Provvedimenti che hanno suscitato forti critiche da parte delle associazioni imprenditoriali, mentre sul fronte politico grandi perplessità sono arrivate da Forza Italia, con Silvio Berlusconi che ha definito il decreto un male perché propone «soluzioni vetero comuniste già sconfitte nel Novecento», e mette a rischio un milione di contratti in attesa di rinnovo. Di Maio però ha mostrato di voler tirare dritto. «Devo dare un po' di certezza ai giovani e la stretta sui contratti a termine non si deve cambiare», ha spiegato, «ma chi non ha sfruttato non ha nulla da temere». Secondo il ministro non c'è il rischio di un turnover accelerato «perché incentiveremo i contratti a tempo indeterminato. L'obiettivo principe è diminuire il costo del lavoro: diminuendo il costo del contratto con maggiori tutele, quel contratto diventa più agevole per l'imprenditore». Di Maio è poi tornato sul tema in un post sul Blog delle stelle, in cui ha scritto che Il decreto Dignità «continua a essere attaccato da destra e da sinistra con le più fantasiose motivazioni possibili. Questo è il segnale che siamo sulla strada giusta». E il ministro non ha risparmiato colpi a nessuna delle opposizioni. «Da un lato abbiamo il partito che ha devastato i diritti sociali dei lavoratori con l'introduzione del Jobs act, dall'altro abbiamo Berlusconi che si dice preoccupato per gli imprenditori. Lui che ha creato Equitalia che ha devastato la piccola e media impresa italiana si preoccupa per un provvedimento che elimina adempimenti burocratici folli come lo spesometro, il redditometro e lo split payment per le partite Iva? Certo che no, è preoccupato perché non tuteliamo le lobby del gioco d'azzardo». Il riferimento è a un altro dei capisaldi del decreto, il «pacchetto fisco», che prevede norme relative alla semplificazione fiscale. Per Di Maio «dire che il decreto dignità danneggia gli imprenditori perché tutela i lavoratori vuol dire continuare a ragionare con logiche vecchie. Abbiamo messo un freno al precariato perché stava rendendo insopportabili le condizioni di vita per tantissime persone».Di sicuro la discussione in Parlamento sul decreto si preannuncia accesa. E se il leader della Lega Matteo Salvini ha spiegato alla Verità che «il 70% degli elettori» del suo partito «è soddisfatto» del provvedimento, dall'opposizione Forza Italia ha mostrato di voler dare battaglia. Lo hanno ribadito ieri sia la capogruppo alla Camera, Mariastella Gelmini - che ha fatto sapere: «Con i nostri emendamenti non vogliamo “aggiungere", ma completamente riscrivere misure dannose per i lavoratori, le imprese e le famiglie» - sia il presidente dei senatori, Lucio Malan, che alla Verità ha confermato che gli emendamenti sono allo studio. «Andare avanti con questo testo è un azzardo per la nostra economia e per l'occupazione. Chi conosce solo le campagne elettorali e non sa bene cosa sia governare forse non si rende conto del danno che può derivare a tutto il mercato del lavoro, ai lavoratori in primo luogo, se il decreto non sarà modificato in Parlamento».
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