2018-11-15
Niente armi, c’è il pc. Scommesse online in mano alla mafia 2.0
Blitz tra Puglia, Calabria e Sicilia. Arrestate 68 persone, sequestrati beni per 1 miliardo di euro in Italia e all'estero. «Il settore delle scommesse», ha dichiarato Federico Cafiero De Raho, procuratore nazionale antimafia, «presenta da tempo forti criticità, perché favorisce ingenti investimenti e il riciclaggio».Le organizzazioni criminali puntano sul vizio del gioco d'azzardo. Le scommesse, tradizionali e su internet, su eventi sportivi e non, rappresentano una delle nuove e principali fonti di guadagno dei clan mafiosi. È quanto emerge dalla maxioperazione coordinata dalla Direzione Nazionale Antimafia, che ieri ha eseguito 68 ordinanze di custodia cautelare e sequestrato preventivamente beni per un valore di un miliardo di euro complessivi tra Italia ed estero. Le indagini sono state svolte dalle procure di Bari, Reggio Calabria e Catania. Sono finiti in manette boss e gregari dei più importanti sodalizi criminali: i siciliani delle famiglie Santapaola, Ercolano e Cappello; i calabresi delle 'ndrine Tegano, Piromalli, Pesce e Bellocco; e i pugliesi Martiradonna e Parisi. Gli inquirenti contestano anche a imprenditori e prestanome i reati di associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori riciclaggio e autoriciclaggio, illecita raccolta di scommesse online e connessa fraudolenta sottrazione ai prelievi fiscali dei relativi guadagni. Planetwin 365 (fino al 2017), Revolutionbet, Betaland e Bet1128 sono le società su cui i criminali hanno fatto convergere i loro interessi. Imprese che hanno sede legale all'estero e che proteggono i loro ricavi in società schermate nei paradisi fiscali. «Il settore delle scommesse», ha dichiarato Federico Cafiero De Raho, procuratore nazionale antimafia, «presenta da tempo forti criticità, perché favorisce ingenti investimenti e il riciclaggio». E ancora: «È stata un'indagine molto complessa e un ruolo fondamentale lo ha avuto Eurojust». Perché beni e disponibilità finanziarie sono state individuate in molti Paesi stranieri: Regno Unito, Romania, Serbia, Svizzera, Austria, Malta, Germania, Lussemburgo, Albania, Isole di Man, Curaçao nelle Antille Olandesi, Saint Lucia nelle Isole Vergini Britanniche e nella Repubblica delle Seychelles. Un'attività delittuosa transnazionale, moderna e che per la prima volta certifica una svolta epocale, un clamoroso salto di qualità nelle logiche del business dei clan. I bookmaker stranieri si sono avvalsi delle capacità criminali dei master italiani, i responsabili di una sede di scommesse, che controllano e presenziano il territorio. A volte i responsabili «bancavano» una quota parte delle scommesse condividendo con il bookmaker il rischio di impresa connesso all'andamento delle attività, così partecipando alle vincite e alle perdite nella percentuale pattuita. Un comportamento illecito perché la società di fatto finiva per esercitare l'attività di gestione e raccolta dei giochi e delle scommesse.Se da una parte c'è il rapporto ancestrale con il territorio d'origine, basato sulla capillarità dei punti scommesse e testimoniato anche dall'organizzazione di un incontro fra indagati in uno dei luoghi simbolo della 'ndrangheta — il santuario della Madonna di Polsi — dall'altra c'è la società attuale, quella degli «indici» che non premono più i grilletti delle armi ma che «cliccano» sulle tastiere di smartphone e computer. «Io cerco nuovi talenti nelle migliori università mondiali e tu vai ancora alla ricerca di quattro scemi in mezzo alla strada che vanno a fare così: bam, bam!», si legge nelle carte dell'inchiesta. Siamo di fronte alla mafia 2.0. Però il consenso sociale non viene tralasciato, anzi è alimentato dai punti vendita che offrono lavoro alla popolazione. Poi la delocalizzazione fuori dall'Italia, dove il fenomeno è meno conosciuto e prospera grazie a sistemi legislativi impreparati. «All'estero non c'è monitoraggio nel campo delle scommesse», ha commentato Cafiero De Raho. A Catania, il gruppo guidato dai fratelli Placenti, ha fatto un vero e proprio salto imprenditoriale grazie al sito Revolutionbet. Loro, imparentati con la celebre famiglia Santapaola e con Francesco Guttadauro, nipote prediletto del super latitante Matteo Messina Denaro sono stati i promotori del sodalizio etneo. Senza dimenticare un'altra figura centrale: il barese Vito Martiradonna, conosciuto come Vittino l'Enél per il suo trascorso da dipendente nell'azienda di Stato. La maggior parte dei suoi punti vendita, gestiti con l'ausilio dei figli, erano autorizzati. «Per il gioco d'azzardo», secondo il procuratore capo di Catania, Carmelo Zuccaro «le pene sono irrisorie rispetto alla vastità del problema. Rischia di essere uno dei fattori che inquina la nostra economia». Insomma stiamo assistendo alla forma più evoluta, raffinata di riciclaggio, quella che entra in maniera prepotente nei mercati all'avanguardia dell'economia globale. E che è stata inoltre favorita da una sanatoria del 2014, inserita nella legge di Stabilità 2015. «Con questa indagine», ha affermato Cafiero De Raho, «si dimostra in modo chiaro quale sia la ricchezza di cui dispongono queste associazioni criminali. Se si riuscisse a sviluppare un vero contrasto su questo fronte, se davvero se ne capisse l'importanza, si potrebbe risollevare l'economia di questo Paese». Infine il monito del Procuratore Nazionale Antimafia: «Se non battiamo le mafie il Sud non decolla».
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)