2021-06-08
Nicola Procaccini: «La mia battaglia per il Made in Italy»
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Il responsabile nazionale del Dipartimento Ambiente ed Energia di Fratelli d'Italia: «Quella sulla etichettatura dei prodotti, è una battaglia che non possiamo perdere perché verrebbero a crearsi gravi danni ad alcuni dei maggiori prodotti alimentari italiani di eccellenza».Dall'immigrazione all'agroalimentare, passando per la geopolitica e l'ambiente. Quali sono le principali sfide che dovrà affrontare nel prossimo futuro l'Unione europea? E soprattutto qual è il ruolo dell'Italia in questa difficile fase storica? Per cercare di fare maggiore chiarezza, La Verità ha deciso di intervistare l'europarlamentare dell'Ecr, Nicola Procaccini: responsabile nazionale del Dipartimento Ambiente ed Energia di Fratelli d'Italia, fa parte della delegazione al Parlamento europeo per le trattative per la riforma del Trattato di Dublino. Nicola Procaccini, quali sono le misure necessarie per riformare adeguatamente il Trattato di Dublino? «L'impostazione dei negoziati sta evidenziando ancora una volta la grande frattura tra i Paesi di frontiera, come l'Italia, e quelli interessati dai cosiddetti movimenti secondari, come la Francia e la Germania. In buona sostanza si pretende l'accoglienza dei migranti dagli Stati europei di primo ingresso, ma nel contempo si alzano muri affinché nessun migrante esca dai confini nazionali e raggiunga il resto d'Europa. Di fatto si compie il disegno di trasformare il nostro Paese, insieme alla Grecia e alla Spagna in giganteschi campi profughi. E tutti i cosiddetti "meccanismi di solidarietà" ipotizzati finora appartengono più alla categoria delle "supercazzole politicamente corrette" che a quella del sano realismo. La riforma del Trattato di Dublino deve rientrare in una più ampia revisione delle politiche di gestione dei flussi migratori da parte della Ue. In sintesi noi di Fdi riteniamo che l'Unione Europea debba fermare le partenze, attuare un presidio navale in accordo con le autorità dei Paesi del Mediterraneo da cui si originano i flussi migratori. E distinguere prima che si mettano nelle mani degli scafisti, i migranti che davvero fuggono da una persecuzione. La protezione internazionale è una cosa seria, non un trucco per entrare illegalmente in Europa. Occorre trovare il giusto equilibrio tra accoglienza, sicurezza ed esigenze dei Paesi di destinazione: è evidente che né l'Italia né l'Europa sono in grado di aiutare tutti i migranti economici, non possiamo far arrivare persone senza potergli garantire la dignità di un lavoro e condizioni di vita decenti. Così come è evidente che più carrette vengono messe in mare e più morti ci saranno nel Mediterraneo». Nella gestione della pressione migratoria, come ritiene che l'Unione europea dovrebbe comportarsi con la Turchia di Erdogan? «Con cadenza puntuale torna il ricatto di Erdogan e della Turchia di aprire le porte ai flussi indiscriminati di profughi verso l'Europa. Un atteggiamento insostenibile che, come ho più volte denunciato al Parlamento europeo, è favorito dalla irresponsabile complicità della Ue, che ha appaltato a suon di miliardi la gestione delle frontiere al sultano. Questo atteggiamento ipocrita della Ue ha portato alla sciagurata decisione che oggi ci sottomette alla minaccia di Erdogan di scatenare la bomba profughi. Ancora una volta sulle grandi questioni l'Europa risulta assente, rinunciando a una efficace e coordinata politica unitaria. È necessario che questo rapporto di dipendenza con la Turchia cessi e con tale Paese, che tra l'altro è nostro partner nell'alleanza atlantica, siano stipulati accordi di cooperazione all'interno di una più generale programmazione delle politiche migratorie». Lei ha in cantiere un progetto su un ecologismo conservatore. Può darmi qualche dettaglio in anticipo? «A breve Fratelli d'Italia presenterà le sue linee di impegno e intervento sui temi dell'ecologia e quella sarà giusta sede in cui dare ampio respiro ai nostri programmi e idee su questo fronte. La tutela e salvaguardia del territorio rappresentano fattori essenziali per garantire l'equilibrato sviluppo di ogni comunità, ma noi intendiamo ricondurre questo impegno all'interno di linee di azione che da sempre appartengono al pensiero conservatore, a cui non è certamente estranea una componente spirituale, di forte legame tra essere umano e natura. Se le istanze legate al rispetto della natura sono ormai condivise in ogni ambito e dimensione della nostra società, a noi conservatori preme prendere le distanze da quel furore ideologico che quasi sempre ispira e caratterizza le politiche ambientali degli Stati e della stessa Ue, è l'uso ideologico e strumentale dell'ambientalismo che la sinistra da decenni adopera come metodo e senza tener conto delle reali esigenze dei cittadini e delle comunità». Come prosegue la battaglia sul Nutri-score? E, più in generale, quali sono le strategie che sta adottando per tutelare il Made in Italy? «Quella sulla etichettatura dei prodotti, è una battaglia che non possiamo perdere perché verrebbero a crearsi gravi danni ad alcuni dei maggiori prodotti alimentari italiani di eccellenza. Il "Nutri-score" è guidato da una logica folle, che penalizza i prodotti italiani di qualità a vantaggio dei cibi spazzatura e delle multinazionali, così accade che una bevanda industriale gasata o un pollo fritto e impacchettato, siano considerati più sani del parmigiano o del nostro prosciutto. È inaccettabile! È una sfida che va affrontata come sistema Paese e dobbiamo fare presto, altrimenti rischiamo che entro fine anno il Nutri-score possa entrare in vigore in tutta Europa, come lo è già in Francia dove lo hanno inventato. I prodotti del Made in Italy vanno tutelati senza posizioni di bandiera. Da mesi sono impegnato nel difendere l'agroalimentare italiano dai provvedimenti penalizzanti previsti dalla strategia "Farm to Fork" della Commissione Europea. Noi di Fratelli d'Italia abbiamo chiesto alla Commissione di rinviare l'attuazione del Green Deal, che comprende appunto la strategia "Farm to fork", perché riteniamo assurdo che, nonostante la crisi economica in atto, Bruxelles persista nel voler imporre la sua linea ideologica contro le imprese, con nuovi oneri burocratici e costi gravosi a carico delle aziende. Un atteggiamento che rischia ancora una volta di penalizzare le eccellenze del nostro Made in Italy per favorire un livellamento dei sapori e delle abitudini alimentari dei popoli europei a vantaggio dei soliti colossi della produzione e della grande distribuzione. Infine sottolineo che l'accordo sul rinvio di due anni della nuova Politica agricola comune, che entrerà in vigore nel 2023, recepisce le proposte che il gruppo dei Conservatori (Ecr) ha avanzato al commissario all'agricoltura, un risultato che consente di dare certezze e maggiore stabilità alle aziende agricole italiane». Come giudica il recente via libera europeo alla tarma della farina ad uso alimentare? «È questo uno degli aspetti che mi fa dire che questa Europa non ci piace. Parlo di una certa idea di Europa, quella che vede Bruxelles assente sui grandi temi e poi presente nell'imporre a tutti i cittadini cavilli burocratici o autorizzare l'uso alimentare di insetti di ogni genere. Per noi l'Europa dovrebbe occuparsi di pochi grandi temi: dalla protezione dei confini alla politica estera comune, fino alla difesa dell'economia continentale dalle pratiche scorrette in uso presso la Cina ed altri regimi simili. Qui, invece, non sanno più cosa inventarsi per ostacolare la produzione e vendita dei prodotti italiani di qualità. Anche qui, dietro la bandiera dell'ambientalismo si tenta di giustificare provvedimenti che, in campo alimentare come in quello energetico o fiscale, sono devastanti e spesso inapplicabili». Il 16 giugno si terrà l'atteso incontro tra Joe Biden e Vladimir Putin. Quale dovrebbe essere l'atteggiamento di Bruxelles nei (complicati) rapporti tra Washington e Mosca? «Lo scenario geopolitico mondiale è alle prese con notevoli e repentini mutamenti ma l'Europa deve restare fedele alla sua collocazione atlantista e guardare con attenzione alla continua evoluzione del quadro internazionale. Un'Europa matura nelle sue istituzioni e capace di una comune adeguata politica estera avrebbe dovuto collocarsi come autonomo e autorevole interlocutore nei confronti delle due superpotenze, ma da Bruxelles le decisioni e gli schieramenti sono adottati obbedendo più spesso agli interessi dei singoli Stati, Francia e Germania su tutti, che a strategie frutto di una visione continentale, una Realpolitik senza la quale sarà difficile che essa possa farsi interprete di un ruolo decisivo nel complesso scacchiere internazionale».
Jose Mourinho (Getty Images)