2022-07-19
Netflix racconta la storia di D. B. Cooper, il dirottatore che svanì nel nulla
True
La piattaforma streaming ha rilasciato lo scorso weekend quattro puntate a ricostruire una storia della quale ancora non si conosce il finale. D. B. Cooper, a oggi, è un nome senza volto, lo scarabocchio in bianco e nero sulla pagina di qualche disegnatore della scientifica.La storia (vera) è da film, e nei film, spesso, se n’è trovata traccia. Una traccia silenziosa, dove il nome D. B. Cooper, per lo più, è stato taciuto. Ogni riferimento al trentenne distinto che, in giacca e cravatta, gli occhiali da sole nella luce velata di un 24 novembre, ha dirottato un volo aereo per sparire poi in un nulla opprimente è stato eliminato. Dell’uomo, a Hollywood, è rimasta la leggenda. La stessa leggenda di cui, cinquantun anni dopo quel dì del 1971, ha voluto raccontare Netflix. La piattaforma streaming, il weekend passato, ha rilasciato D. B. Cooper – Il dirottatore che svanì nel nulla, quattro puntate a ricostruire una storia della quale ancora non si conosce il finale. D. B. Cooper, ad oggi, è un nome senza volto, lo scarabocchio in bianco e nero sulla pagina di qualche disegnatore della scientifica. Ha il naso dritto, negli identikit, un viso magro, le labbra sottili. Ha i capelli scuri, l’aria di tanti, troppi uomini suoi coetanei. Quell’aria che sfugge, che si dimentica, quell’aria che l’abitudine e la familiarità cancellano. D. B. Cooper è l’uomo della porta accanto, e questa sua maschera assolutamente ordinaria ha saputo consacrarlo al mito. Era novembre, la vigilia del Ringraziamento negli Stati Uniti. Gli aeroporti erano affollati, ma i controlli, nel 1971, non erano quelli d’oggi. Nessun metal detector, nessun obbligo di levarsi le scarpe, per indossare i calzari in plastica. Nessun cane ad annusarti la borsa. Gli aeroporti erano luoghi placidi e piene quanto le corsie di un supermercato. Era sufficiente presentarsi con un documento e qualche banconota per imbarcarsi e partire. Cosa, questa, che fece anche D. B. Cooper, ammesso e non concesso che il nome con il quale oggi ancora lo si ricorda sia proprio quello, due lettere puntate, un cognome comune. D. B. Cooper acquistò un biglietto per volare da Portland a Seattle, 37 minuti di crociera. Salì dall’entrata posteriore dell’aereo e prese posto accanto a quello che allora era uno studente universitario. Si accomodò, una valigetta in grembo. Poi, a pochi minuti dal decollo, chiamò una hostess. Nessuna parola, solo un biglietto fra i due. «Nella valigia, ho una bomba». La storia, quella pazza di D. B. Cooper, cominciò con quel biglietto, la richiesta di ricevere duecentomila dollari – circa un milione, per l’epoca – in pezzi di piccolo taglio, assieme a quattro paracaduti. La hostess fece tutto in silenzio, e nessuno fra i passeggeri si accorse di quel che stava succedendo. Atterrarono, scesero, i giornalisti erano già accalcati a pochi passi dall’aereo. Cooper rimase a bordo, con lui quattro membri dell’equipaggio. Si fece consegnare i soldi e i paracaduti, ordinò al comandante di ripartire e tenersi basso. Cosa volesse fare, lo si capì solo quando l’equipaggio notò un cambio di pressione in cabina. Il portellone era aperto, D. B. Cooper scomparso nel cielo di novembre insieme al denaro. Il caso rimbalzò su ogni media. Seguirono indagini e appelli, ma nessuno fu in grado di rintracciare Cooper, protagonista dell’unico caso di dirottamento aereo non risolto nella storia. Cooper la fece franca, il suo nome diventò leggenda e la leggenda si fece progressivamente più grande, epica, fino a consegnarsi a Netflix. La piattaforma streaming, con il documentario dedicato al Robin Hood dei cieli, un pirata scaltro che non ha dovuto torcere un capello a chicchessia, ha fatto un’operazione furba. Furbissima. Ha giocato sul vuoto, e il vuoto ha riempito con le teorie che, negli anni, si sono susseguite. Complotti, numerologia, presunta identificazione del fantomatico D. B. Cooper. Tutto, e il contrario di tutto. D. B. Cooper – Il dirottatore che svanì nel nulla non è solo la ricostruzione di quel che accadde quel 24 novembre 1971. È di più. È la cronaca di ogni tentativo fallito, di ogni teoria, di ogni contraddizione. È la dimostrazione di quanto poco possa l’uomo di fronte al mistero e di quanto, cocciutamente, si dia da fare per cercare di risolverlo. Non dice nulla, il documentario. Non nel senso in cui sarebbe lecito aspettarsi. Non c’è una grande rivelazione finale, né una spiegazione che prevalga sull’altra. C’è un climax ascendente di curiosità e morbosità. Il ritmo incalzante delle domande. Infine, l’amara constatazione: nessuna verità verrà consegnata agli spettatori. Che, frustrati, potranno però godere del fascino magnetico, avviluppante, di una storia incredibile, di quelle capaci di insegnarci che l’impossibile, a volte, accade.