2025-08-06
Netanyahu mette in riga l’esercito: «Farà quello che decidiamo noi»
Benjamin Netanyahu (Getty Images)
Nonostante la sua contrarietà, il capo dell’Idf ha illustrato al gabinetto di sicurezza le opzioni per le future operazioni a Gaza. Le tensioni interne non fermano Bibi: domani i nuovi piani verranno sottoposti al governo.Benjamin Netanyahu ieri ha presieduto una riunione ristretta del gabinetto di sicurezza, durata circa tre ore, nel corso della quale il capo di stato maggiore Eyal Zamir ha illustrato una serie di opzioni operative per la prosecuzione della campagna militare nella Striscia di Gaza. In una nota ufficiale, l’ufficio del primo ministro ha fatto sapere che «le Forze di difesa israeliane sono pronte a eseguire qualsiasi decisione verrà assunta dal Consiglio di sicurezza». L’incontro avviene sullo sfondo di crescenti indiscrezioni secondo cui Netanyahu intenderebbe proporre, nella prossima riunione dell’esecutivo prevista per domani, un’operazione militare su larga scala per ottenere il completo controllo di Gaza, smantellare l’apparato di Hamas e assicurare il rilascio degli ostaggi ancora nelle mani dell’organizzazione. Resta da capire la reale posizione del capo di stato maggiore, contrario a un presidio militare permanente a Gaza, misura considerata fondamentale dal premier per il raggiungimento degli obiettivi di guerra.Alla riunione erano presenti il ministro della Difesa Israel Katz, Zamir e Ron Dermer, il ministro degli Affari strategici e principale consigliere del premier. L’incontro è avvenuto dopo la riunione di lunedì del governo, durante la quale Netanyahu ha detto ai ministri che intende chiedere l’approvazione dell’esecutivo per una completa rioccupazione della Striscia di Gaza, nonostante l’opposizione di alcuni militari. La posizione di Zamir, secondo cui una presenza israeliana duratura nella Striscia non rappresenterebbe una soluzione strategicamente sostenibile, ha innescato un acceso confronto all’interno della coalizione. L’ultranazionalista Itamar Ben Gvir ha replicato con durezza, affermando che «il capo dell’esercito deve eseguire gli ordini del governo, anche se in disaccordo», rilanciando la necessità di una riconquista totale del territorio. Di opinione opposta il ministro degli Esteri Gideon Sa’ar, secondo cui il vertice militare ha il dovere istituzionale di esprimere il proprio parere professionale alla leadership politica, anche quando questo contrasta con le direttive del governo: «Il capo di Stato maggiore deve esporre la propria posizione in maniera chiara. È parte del suo ruolo e sono certo che lo farà». Alla spaccatura politica si aggiunge la crescente preoccupazione delle famiglie degli ostaggi israeliani ancora detenuti da Hamas, secondo le quali un’operazione militare su larga scala potrebbe compromettere ogni possibilità di trattativa per il rilascio dei propri cari. Anche all’interno della stessa coalizione Katz ha ribadito che «la sconfitta di Hamas e il ritorno degli ostaggi sono gli obiettivi centrali della guerra», aggiungendo che Israele dovrà «intraprendere tutte le azioni necessarie per conseguirli». Da Bruxelles, la Commissione europea ha espresso forte contrarietà al piano di Netanyahu. La portavoce per gli Affari Esteri, Anitta Hipper, ha dichiarato che l’Ue «respinge ogni tentativo di alterare la composizione demografica o territoriale di Gaza attraverso un’occupazione militare israeliana». Bruxelles continua a sostenere la prospettiva della soluzione dei due Stati e ribadisce che Gaza deve far parte integrante di un futuro Stato palestinese, precisando che Hamas non potrà avere alcun ruolo nel nuovo assetto politico e di sicurezza. L’Ue ha inoltre rinnovato l’appello per un «cessate il fuoco sostenibile» e per il «rilascio immediato di tutti gli ostaggi». Anche l’Italia ha fatto sentire la propria voce attraverso il ministro degli Esteri Antonio Tajani che ha definito la possibile invasione di Gaza «non la risposta giusta». «Hamas ha enormi responsabilità e sta cercando di alzare il prezzo», ha affermato il titolare della Farnesina, «ma invadere Gaza rischia solo di provocare altre morti, ed è inaccettabile». Oltreoceano, il segretario di Stato americano Marco Rubio ha tenuto colloqui telefonici con i suoi omologhi britannico e francese. Con David Lammy, capo della diplomazia del Regno Unito, ha discusso la possibilità di raggiungere un cessate il fuoco duraturo e la liberazione degli ostaggi. Nel mezzo delle tensioni politiche e diplomatiche arriva però una notizia che potrebbe rappresentare un piccolo segnale di speranza: Israele ha annunciato l’avvio di un nuovo meccanismo per consentire l’ingresso di beni di prima necessità nella Striscia di Gaza attraverso il settore commerciale privato. Il Coordinamento delle attività governative nei territori (Cogat) ha spiegato che l’obiettivo è «incrementare il volume degli aiuti, riducendo al contempo la dipendenza dalla raccolta di aiuti da parte delle Nazioni Unite e delle organizzazioni internazionali». Infine, il quotidiano britannico Times scrive che la Royal Air Force (Raf) sta conducendo missioni di ricognizione sulla Striscia di Gaza, con l’obiettivo di raccogliere informazioni utili a Israele per individuare gli ostaggi ancora detenuti da Hamas in seguito al massacro del 7 ottobre.
Antonio Quirici e Diego Dolcini (iStock)
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Arrivò prima dei fratelli Lumière il pioniere del cinema Filoteo Alberini, quando nel 1894 cercò di brevettare il kinetografo ispirato da Edison ed inventò una macchina per le riprese su pellicola. Ma la burocrazia italiana ci mise un anno per rilasciare il brevetto, mentre i fratelli francesi presentavano l’anno successivo il loro cortometraggio «L’uscita dalle officine Lumière». Al di là del mancato primato, il regista e produttore italiano nato ad Orte nel 1865 poté fregiarsi di un altro non meno illustre successo: la prima proiezione della storia in una pubblica piazza di un’opera cinematografica, avvenuta a Roma in occasione dell’anniversario della presa di Roma. Era il 20 settembre 1905, trentacinque anni dopo i fatti che cambiarono la storia italiana, quando nell’area antistante Porta Pia fu allestito un grande schermo per la proiezione di quello che si può considerare il primo docufilm in assoluto. L’evento, pubblicizzato con la diffusione di un gran numero di volantini, fu atteso secondo diverse fonti da circa 100.000 spettatori.
Filoteo Alberini aveva fondato poco prima la casa di produzione «Alberini & Santoni», in uno stabile di via Appia Nuova attrezzato con teatri di posa e sale per il montaggio e lo sviluppo delle pellicole. La «Presa di Roma» era un film della durata di una decina di minuti per una lunghezza totale di 250 metri di pellicola, della quale ne sono stati conservati 75, mentre i rimanenti sono andati perduti. Ciò che oggi è visibile, grazie al restauro degli specialisti del Centro Sperimentale di Cinematografia, sono circa 4 minuti di una storia divisa in «quadri», che sintetizzano la cronaca di quel giorno fatale per la storia dell’Italia postunitaria. La sequenza parte con l’arrivo a Ponte Milvio del generale Carchidio di Malavolta, intenzionato a chiedere al generale Kanzler la resa senza spargimento di sangue. Il secondo quadro è girato in un interno, probabilmente nei teatri di posa della casa di Alberici e mostra in un piano sequenza l’incontro tra il messo italiano e il comandante delle forze pontificie generale Hermann Kanzler, che rifiuta la resa agli italiani. I quadri successivi sono andati perduti e il girato riprende con i Bersaglieri che passano attraverso la breccia nelle mura di Porta Pia, per passare quindi all’inquadratura di una bandiera bianca che sventola sopra le mura vaticane. L’ultimo quadro non è animato ed è colorato artificialmente (anche se negli anni alcuni studiosi hanno affermato che in origine lo fosse). Nominata «Apoteosi», l’ultima sequenza è un concentrato di allegorie, al centro della quale sta l’Italia turrita affiancata dalle figure della mitopoietica risorgimentale: Cavour, Vittorio Emanuele II, Garibaldi e Mazzini. Sopra la figura dell’Italia brilla una stella che irradia la scena. Questo dettaglio è stato interpretato come un simbolo della Massoneria, della quale Alberici faceva parte, ed ha consolidato l’idea della forte impronta anticlericale del film. Le scene sono state girate sia in esterna che in studio e le scenografie realizzate da Augusto Cicognani, che si basò sulle foto dell’epoca scattate da Ludovico Tumminello nel giorno della presa di Roma. Gli attori principali del film sono Ubaldo Maria del Colle e Carlo Rosaspina. La pellicola era conosciuta all’epoca anche con il titolo di «La Breccia di Porta Pia» e «Bandiera Bianca».
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