2018-11-10
La conferma del parente sospetta e irregolare
Quando arrivò a Palazzo Chigi, Matteo Renzi in pochi giorni fece piazza pulita dei dirigenti di molte partecipate statali, occupando manu militari società e istituzioni. Di fronte ai licenziamenti, per giunta a opera di un tizio che nessun italiano aveva mai scelto come presidente del Consiglio, non si ricorda un giornalista o un cane che abbia aperto bocca. (...)I cacciati furono messi alla porta con la coda fra le gambe, come se avessero commesso qualche nefandezza. In molti non erano neppure in odore di scadenza e avrebbero potuto rimanere incollati alla poltrona. Tuttavia non ci fu un'anima disposta a resistere, anche perché attorno agli epurati fu fatta terra bruciata.Tutto il contrario di quello che è accaduto nei giorni scorsi, quando il governo ha deciso di rimuovere Roberto Battiston, presidente dell'Agenzia spaziale italiana. L'Asi è un giocattolo che al contribuente costa più di 1 miliardo l'anno e nel passato fu addirittura oggetto di indagini e commissariamenti, mentre un suo ex presidente fu addirittura arrestato. Con il cambio di pagina e l'arrivo di Battiston, chiamato a rimediare ai guasti della vecchia gestione, non tutte le cose paiono però essere andate al loro posto. Al punto che di recente i magistrati contabili hanno fatto a pezzi il bilancio e a ottobre i magistrati hanno disposto una serie di perquisizioni. Assunzioni e incarichi assegnati senza andare troppo per il sottile, nomine nelle sedi estere senza coperture di bilancio, rimborsi spese poco giustificati e poi provvedimenti d'urgenza senza che nessuno abbia davvero ravvisato l'urgenza. Insomma, in questi mesi, di dubbi sulla conduzione dell'Agenzia spaziale ne sono emersi tanti. Tuttavia, dopo la decisione del ministro Marco Bussetti, l'entourage che tifava Battiston si è molto lamentato, tanto da far finire il caso sui giornali e in tv. «Non si è mai visto uno scienziato rimosso così dai vertici di un'agenzia indipendente», hanno dato a intendere all'opinione pubblica.In realtà, di persone liquidate ai vertici di enti ritenuti indipendenti o presentati come tali se ne sono viste parecchie nel corso degli anni. Ma nel caso di Battiston la questione non pare potersi ridurre allo scandalo di un presidente cacciato all'improvviso dall'arroganza della politica. Semmai, a far alzare il sopracciglio e magari anche la voce, avrebbe dovuto essere la sua improvvisa conferma, quando già il governo era in procinto di fare le valigie. Già, perché il Battiston che oggi si lamenta per essere stato messo alla porta è lo stesso che si era barricato dietro la porta prima ancora che la sua poltrona fosse in scadenza. All'improvviso, e senza alcuna ragione, il precedente esecutivo, quello di Paolo Gentiloni e compagni, lo aveva inchiavardato alla poltrona, rinnovandogli il mandato fino al 2020. In genere, i ministri che sanno di dover andare a casa, invece di procedere a promozioni e nomine, rimettono ogni decisione a chi verrà dopo di loro. Si tratta di cortesia istituzionale, ma anche di buon senso. Nel caso di Battiston, però, non c'era nulla da rimandare, perché il presidente dell'Asi non era ancora scaduto, dunque si sarebbe potuto attendere senza troppi problemi il passaggio di consegne, lasciando ai nuovi venuti la patata bollente della guida dell'Agenzia spaziale. Invece no, il governo ha deciso di giocare d'anticipo, decidendo in fretta e furia di assicurargli la permanenza sull'ambita seggiola. Peccato che, per rinnovare il mandato Battiston, fosse necessario per legge il parere, preventivo e obbligatorio, del comitato interministeriale per le politiche relative all'aerospazio. Ma di quello, il 7 maggio, cioè a elezioni ormai perse, l'ex ministro Valeria Fedeli pare essersi dimenticata, con il risultato che il decreto di nomina non è mai stato «sottoposto alla registrazione degli organi di controllo», come invece è previsto.A questo punto c'è da chiedersi perché il ministro dell'Istruzione abbia voluto nominare il presidente Asi quando ormai era dimissionaria. E soprattutto perché la sua rimozione abbia fatto strillare come aquile spennate i parlamentari del Pd. Di manager o dirigenti rimossi, come dicevamo, in passato ce ne sono stati molti e anche ben più famosi. Perché allora solo l'addio di Battiston ha destato scandalo? Sarà forse perché l'ex presidente è un nipote d'autore? Già, perché ci siamo dimenticati di dirvi che Roberto Battiston, nominato per la prima volta il 16 maggio del 2014, quando a Palazzo Chigi c'era Matteo Renzi, è il nipote di Romano Prodi.
Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)
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