2020-07-05
Nessuna pietà per l’uomo di successo dal linciaggio ipocrita del «Me too»
Harvard University (Ansa)
La vicenda del professor Pierpaolo Pandolfi, accusato di molestie ad Harvard e perciò scaricato dal Vimm di Padova, dimostra la potenza della gogna mediatica. Gli errori non vengono perdonati, nemmeno a chi si è pentito.Nessuna pietà per il maschio di successo che importuna una giovane donna, sua collaboratrice sul lavoro con apprezzamenti da lei non graditi: «molestie» nel lessico corrente. Questo racconta il caso del professor Pierpaolo Pandolfi, specialista mondiale degli studi e cure dei tumori ereditari, cui si è votato dopo che entrambi i genitori ne morirono. Anche se non è mai stato denunciato né condannato da una giustizia penale, sembra non ci sia posto per lui nel consorzio umano, in particolare nei laboratori scientifici di massimo livello internazionale in cui si è finora svolta la sua brillantissima carriera scientifica e accademica. Chiarisco subito, anche se qualche lettore non sarà d'accordo, che considero la richiesta ripetuta a una donna di qualcosa che lei non ti vuole dare (attenzione e ascolto compresi) un'autentica idiozia, prima ancora che una violenza psicologica. La psicoterapia analitica (come la vita) mostrano che quando non c'è gioia nel dono la questione diventa subito tossica per entrambi, non ha senso insistere. Il maschio molesto è soprattutto un masochista in cerca di guai. Come ogni esperienza tossica inoltre, anche questa produce dipendenza sia in chi chiede che in chi rifiuta (come ha perfettamente dimostrato René Girard nei suoi studi sul «capro espiatorio»). I due malcapitati diventano spesso incapaci di chiudere la questione, passando a qualcosa di più costruttivo e interessante. Inoltre - a mio parere - in queste faccende non viene umiliato solo il femminile, ma prima ancora la dignità del maschio che prende questa pessima iniziativa. Lo stalker è un uomo incapace di sottrarsi alla sua ossessione dell'altra, e importunando la donna ferisce la propria dignità di maschio, e il proprio genere. Senza cadere nell'uomo Denim «che non deve chiedere mai», è molto più virile chiedere poco o niente, e altrimenti prendere il largo. In questo consiste una buona parte del fascino e anche del valore maschile. Altrimenti ha già perso, su tutti i piani. Quella delle «molestie» è ormai, in tempi di Me too, una questione di cui è difficile parlare onestamente, perché è diventata business, auto promozione, regolamento di conti. Così è andata anche in questo caso, forse non nella studentessa all'origine della vicenda (che ha conservato l'anonimato), ma certamente per le signore che grazie a essa hanno ottenuto dai giornali intere pagine con foto e biografie, offerte volentieri gratis nel più classico stile me too, per montare meglio una panna ormai inacidita da tempo. «Il maschio non deve mai far soffrire una donna» però, non se l'è certo inventato Me too; è un principio fondante della società occidentale. Per questo Parsifal, una delle figure mitiche su cui è fondata la nostra cultura, quando vede il ministro di re Artù che tira i capelli a una fanciulla, se ne va immediatamente dalla Corte di cui aveva fin da piccolo sognato di far parte. La violenza, anche minima, alla donna, toglie all'uomo ogni autorevolezza e carisma. Tutto il percorso successivo del Parsifal (che ho raccontato nel mio libro che amo di più), è anche una riparazione di questa grave caduta.Tuttavia, chiarito che l'uomo «maschile» non pensa affatto a molestare e importunare le donne, cosa ne è dell'altro, quello che invece rimane impigliato in una storia di debolezza e insensibilità? Va almeno sottoposto a giudizio, o deve essere allontanato e basta dall'umanità, espulso dalla città? Può essere perdonato, dopo aver chiesto scusa e aver seguito un corso di riabilitazione, come ha fatto Pandolfi a Harvard, o si tratta di una questione irredimibile, peggio dei criminali di guerra? È dunque questo uomo, prima potente e rispettato, e poi scivolato sugli aspetti più deboli della sua (per il resto molto apprezzata) personalità, la vittima, il capro espiatorio, di tutte le colpe del mondo tardo moderno? È lui che, come il mitico animale sacrificale dei millenni precristiani, oggi viene cacciato fuori dalle porte della città, di ogni città? Prima Boston con il suo prestigioso Beth medical center dell'Università di Harvard, dove Pandolfi era stato chiamato a trasmettere il suo sapere, oltre che alla facoltà di medicina. E ora Padova, con il suo prestigioso Istituto veneto di Medicina molecolare, il cui consiglio d'amministrazione ha arruolato Pandolfi appena saputo che se n'era andato da Harvard, dopo le rimostranze della ragazza a quel consiglio di amministrazione. Un cervello e un'esperienza clinica di questa qualità va riportato a casa, aveva pensato Francesco Pagano, presidente della Fondazione che finanza l'attività del Vimm, nominandolo subito direttore scientifico dell'Istituzione appena saputo dei problemi con Harvard. Non aveva fatto i conti, però, con ciò che René Girard, il grande antropologo francese (che ha insegnato nell'altra grande Università americana, Stanford) ha chiamato «lo sterminato potere del tartufismo ipocrita» e con la sua principale passione: la persecuzione di chi viene indicato come «colpevole» dal conformismo dominante. È allora che (come spiega bene Girard) gli interessi in pericolo si aggregano e attaccano, uniti dalla comune avversione e invidia/gelosia per la vittima scelta. Così, nell'ostracismo al luminare Pandolfi, le propaggini e i circuiti informativi del Me too e di qualche ricercatrice locale si sono uniti ai timori dei capi dell'Istituto. Al grido del vagamente invidioso slogan «quel che è molestia a Harvard lo è anche a Padova» (dove però non c'era nessuna molestia), saputo della nomina di Pandolfi, l'intero Comitato scientifico dell'Istituto ha così dato le dimissioni. Come spesso accade in queste situazioni, è stato chi teneva la borsa, Francesco Pagano, presidente della Fondazione finanziatrice, a cercare di riportare tutti alla ragione dichiarando: «Non rinuncio a un cervello del calibro di Pandolfi per queste cose. Il suo valore scientifico è ben più importante. Il cda ha deciso e a settembre lo aspettiamo».Il tartufismo ipocrita politicamente corretto ha però strutture e diramazioni troppo consolidate. Il «principal investigator» del Vimm ha così fatto sapere che il consiglio scientifico stava preparando un documento compatto contro Pandolfi», quello appunto con le dimissioni dell'intero Comitato scientifico (molto inquieto per l'arrivo del nuovo e famosissimo capo). Intanto si è fatto filtrare l'arrivo, sul prossimo numero di Nature, di un dossier sul caso Pandolfi e Me too, di Alison Abbot. Un po' troppo anche per un eroe del buonsenso come il presidente Pagano. Così il consiglio d'amministrazione del Vimm ha dovuto revocare la nomina del professor Pandolfi. Non tutto però è perduto. Lo stesso cda infatti ha accettato «con effetto immediato» le provocatorie dimissioni dei 13 scienziati, più l'ex direttore. Ricordando loro il proprio ruolo: consulenza e valutazione della ricerca, e non interventi di gestione. Almeno questa volta il logos, il principio maschile di pensiero e azione, è intervenuto con chiarezza sul terreno torbido dei pettegolezzi e interessi. La storia continua. Ma l'episodio è istruttivo.
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