2022-10-20
Nel Palazzo rinasce l’asse giallorosso. Niente vicepresidenti per il terzo polo
Enrico Letta e Giuseppe Conte (Imagoeconomica)
Un accordo tra Pd e M5s estromette Iv e Azione. Matteo Renzi furioso: «Ne parlerò a Mattarella». Beffato Alessandro Zan: non sarà l’anti Lorenzo Fontana.All’indomani di una delle giornate più critiche vissute dal centrodestra nel dopo elezioni, c’è voluta l’ennesima rissa sul fronte opposto per ricordare a Giorgia Meloni e a Silvio Berlusconi che sarebbe un vero peccato emulare la storica vocazione al conflitto della sinistra. L’occasione che ha fatto volare gli stracci, questa volta, è stata l’elezione degli uffici di presidenza di Camera e Senato, ossia degli organismi di vertice dei due rami del Parlamento, le cui figure più prestigiose sono i quattro vicepresidenti ma che annoverano anche ruoli di assoluto prestigioso quali i parlamentari questori (chiamati a importanti decisioni relative all’amministrazione delle Camere) e i segretari d’aula. Un voto che ha allargato forse in maniera irrimediabile il solco tra il Pd e il Terzo polo, estromesso dall’assegnazione delle citate cariche da un «inciucio» tra i dem e M5s, tanto che Carlo Calenda e Matteo Renzi (in realtà più il secondo che il primo) hanno sbattuto i pugni sul tavolo prendendo la decisione di non partecipare all’elezione. Per i leader di Azione e di Italia viva, infatti, l’accordo tra il partito di Giuseppe Conte e quello di Enrico Letta potrebbe essere il viatico di una legislatura da revival giallorosso, la cui costruzione potrebbe passare attraverso le prossime elezioni regionali nel Lazio.Tornando al voto di ieri, va detto che mentre sul versante centrodestra la questione era stata risolta de plano in mattinata con un vertice dei capigruppo nel quale erano maturate le candidature di un vicepresidente azzurro alla Camera e uno al Senato e un vicepresidente della Lega al Senato e uno di Fdi alla Camera (peraltro logiche, data l’elezione di Ignazio La Russa a Palazzo Madama e di Lorenzo Fontana a Montecitorio), nel centrosinistra il tono della polemica che ha coinvolto Terzo polo e Pd è andato ben presto sopra le righe, col coinvolgimento dei due vertici. Renzi, addirittura, ha fatto sapere di voler investire della questione il Quirinale quando la delegazione del suo partito si recherà sul Colle in occasione delle consultazioni: «Pd e 5 stelle», ha scritto sui social, «con la loro arroganza hanno scelto di tenerci fuori e noi resteremo fuori dall’Aula e porteremo il tema al presidente della Repubblica». Da parte sua Calenda, annunciando l’Aventino del Terzo polo, osservava che «non è rilevante il fatto di non avere una vicepresidenza, ma che non si dia adeguata rappresentanza a una delle opposizioni», aggiungendo che «il Pd ormai ha scelto l’alleanza con i 5 stelle». Dal Nazareno l’ala più incline all’accordo politico coi grillini ha colto la palla al balzo per una replica tale da minare ogni possibile collaborazione in futuro: il vicesegretario Peppe Provenzano ha infatti dichiarato che «a decidere sulle vicepresidenze non son stati fantomatici accordi per escluderli, ma sono stati gli elettori». Parole che il ministro uscente Mara Carfagna ha definito «ridicole e fuori dalla realtà», mentre il capogruppo alla Camera Matteo Richetti si è mostrato coi piedi decisamente piantati nella realtà, quando ha chiesto apertamente il Copasir o la vigilanza Rai. Questo porta con sé una questione che per ora sta sullo sfondo ma che potrebbe deflagrare a breve, e cioè i differenti punti di vista tra Renzi e Calenda, col primo molto più proiettato alla conquista di nomine e incarichi per il suo partito, e il secondo più attento alla strategia politica e all’allargamento del Terzo polo all’ala più moderata di Forza Italia. Per il momento, quello che conta è il risultato del voto d’aula di ieri, che ha completato i vertici delle due camere, che sono così composti: a Palazzo Madama sono stati eletti vicepresidenti Maurizio Gasparri (Fi), Gian Marco Centinaio (Lega), Anna Rossomando (Pd) e Mariolina Castellone (M5S), alla Camera Fabio Rampelli (Fdi), Giorgio Mulè (Fi), Anna Ascani (Pd) e Sergio Costa M5s). Da notare, tra le altre cose, che Mulè ha preso 14 voti in meno di quelli su cui virtualmente avrebbe potuto contare e che il Pd, dopo i proclami bellicosi dei giorni scorsi, non ha dato seguito all’intenzione di eleggere Alessandro Zan vicepresidente come risposta all’elezione a presidente di Fontana, considerato ostile alla comunità Lgbt. Come segretari d’aula la scelta dei senatori è caduta su Antonio Iannone, Erika Stefani, Marco Silvestroni, Andrea Paganella, Gianpietro Maffoni, Pietro Lorefice, Marco Croatti e Valeria Valente, mentre quella dei deputati su Fabrizio Cecchetti, Chiara Colosimo, Giovanni Donzelli, Riccardo Zucconi, Anna Patriarca, Gilda Sportiello, Roberto Traversi e Chiara Braga. Infine, i questori: al Senato sono stati eletti Gaetano Nastri (Fdi), Antonio De Poli (Noi Moderati) e Marco Meloni (Pd), alla Camera Paolo Trancassini (Fdi), Alessandro Benvenuto (Lega) e Filippo Scerra (M5s). Per i gruppi non presenti nei due uffici, a norma di regolamento si provvederà ad un’integrazione.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)