2024-06-17
Nel giardino o in cucina, bibita, profumo o medicina, la rosa rimane la regina
La ammiriamo come pianta ornamentale, ma le sue virtù sono molteplici: nutre la pelle, calma i dolori, espelle i vermi intestinali. E se ne possono fare infusi, snack, sciroppi e marmellate.«Rose rosse... Vere rose! / Tutto il mondo fiorito di rose! / Tutto il mondo odoroso di rose! / Anche dove men te l’aspetti / nei giardini fatti serpai, / fra le ortiche e i cardi a mazzetti, / ecco, s’accendono rosai» scriveva il poeta ottonovecentesco Pietro Mastri nel componimento poetico dal titolo Le rose di maggio. Il mese di maggio è detto il mese delle rose, ma in realtà esse cominciano a fiorire a maggio e proseguono per tutta l’estate, rallegrando, come dice il poeta, i nostri occhi e le nostre narici. Poco è più bello di una rosa e poco è più odoroso di una rosa. E siccome non c’è due senza tre, non solo la rosa allieta il nostro umore facendosi osservare e annusare, ma entra anche nel nostro organismo, per portarci benessere e salubrità, attraverso... fauci e stomaco. E già. Quando diciamo «la rosa» operiamo una colpevole ma inconsapevole diminutio: Rosa è un genere della famiglia delle Rosacee che vanta oltre, pensate, 250 specie di rose, rose che sono diffuse in tutto il mondo. E questa complessa struttura botanica si complica ancor di più perché ci sono anche i tipi di rose: le rose botaniche, cioè rose che crescono spontanee come Rosa canina, Rosa gallica, Rosa sericea, Rosa spinosissima, Rosa laevigata. Le Rose antiche, classificate in base a parametri storici, botanici e genetici, come la Rosa Centifolia, Rosa Chinensis, la Rosa rubiginosa, la Rosa Rugosa, la Rosa Tea, la Rosa Damascena, la Rosa Muschiata. Poi ci sono le cosiddette rose moderne. La prima nasce nel 1867 ed è il primo ibrido di Tea, «La France», ecco perché il 1867 è considerato l’anno in cui la rosa antica viene affiancata dalla rosa moderna. Si tratta di rose che rifioriscono, che coprono tutti i colori tranne il blu. Come spiega Wikipedia: poiché le rose blu non esistono in natura (in quanto mancano del gene specifico che ha la capacità di produrre un «vero colore blu») i fiori di questo colore sono tradizionalmente creati dalla tintura delle rose bianche. In un libro intitolato Kitab al-filahah scritto da Ibn al-’Awwam al-Ishbili nel XII secolo in arabo, e tradotto in francese da J.J. Clément come Le livre de l’agriculture, ci sono riferimenti ad alcune rose azzurre note in oriente. Queste rose blu sono state realizzate posizionando una tintura blu nella corteccia delle radici. Gli scienziati non sono ancora in grado di produrre una rosa di colore veramente blu; tuttavia, dopo tredici anni di ricerche collaborative condotte da una società di biotecnologie australiana, Florigene, e da una società giapponese, Suntory, una rosa contenente il pigmento blu delfinidina è stata creata nel 2004 dall’ingegneria genetica di una rosa bianca. La compagnia e la stampa l’hanno descritta come una rosa blu, ma il colore è simile al lavanda. L’ingegneria genetica ha comportato tre alterazioni, l’aggiunta di due geni e l’interferenza di un altro. In primo luogo, i ricercatori hanno inserito un gene per il pigmento vegetale blu delfinidina, clonandolo da un’altra pianta, successivamente hanno quindi utilizzato la tecnologia di interferenza dell’Rna (Rnai) per reprimere qualsiasi altra produzione di colore da parte dei geni endogeni, bloccando una proteina cruciale nel processo, la diidroflavonolo 4-reduttasi (Dfr), e aggiungendo una variante della proteina non bloccata dall’Rnai in grado di mostrare il colore della delfinidina. Tuttavia, l’Rnai non elimina completamente l’attività del Dfr, quindi il fiore risultante ha ancora un po’ del suo colore naturale, e così il risultato finale è un blu sfumato di rosso simile a malva o lavanda. In tutta sincerità, sebbene le rose blu, proprio perché inesistenti naturalmente, siano considerate leggendarie, noi apprezziamo le rose di ogni altro colore e non siamo fan di modifiche genetiche atte a ottenere colori che oltretutto sono anche cupi e non solari come quelli delle rose dalla colorazione vera. Le rose possono essere, ancora, tante: a cespuglio, ad alberello, arbustive, nostalgiche (sono cespuglietti con tante rose tanto cariche di petali), in miniatura, rampicanti, inglesi, tappezzanti, sarmentose (rose rampicanti che si sviluppano in altezza grazie a sarmenti lunghi). Insomma, la rosa è un universo. Da vari punti di vista. La rosa, infatti, ha più usi e di conseguenza più destinazioni di coltivazione. Innanzitutto, sono coltivate come piante ornamentali in maniera hobbistica e poi anche industriale: industrialmente si coltivano le varietà a fusti eretti e fiori grandi, per la produzione del fiore reciso, che occupa in Italia circa 800 ettari, localizzati per oltre la metà in Liguria, il resto in Toscana, Campania e Puglia. Poi, c’è l’uso medicinale. Dai petali, infatti, si estrae innanzitutto l’essenza di rosa che viene usata in profumeria, nell’industria essenziera ossia quella degli oli essenziali, nella cosmetica (pensiamo all’acqua di rose che è un grande classico delle lozioni astringenti e nutrienti, usata dalle donne dopo essersi struccate), in pasticceria e in liquoristica dove si sfrutta il sapore e soprattutto l’odore catturato dai petali.Come pianta medicinale vera e propria, intera, della nostra rosa si usano innanzitutto i petali per le proprietà astringenti. La famosa acqua di rose può esser fatta anche direttamente dai petali e non dall’olio essenziale. Si usano, poi, le foglie, che hanno effetto astringente anche in senso più ampio ossia antidiarroico. Si usano poi i semi, che hanno effetto antielmintico, cioè di uccisione ed espulsione dei vermi intestinali, e si usano addirittura le galle delle rose: l’insetto cinipide dell’ordine degli Imenotteri, una sorta di piccola vespa, punge la rosa e provoca la formazione di questa galle anche dette cicidii sulle foglie e sui germogli. In principio sono verdastre e poi diventano colorate, in passato si seccavano e si usavano per conciliare il sonno, messe sotto il cuscino, anche oggi si sfruttano per i tannini, che presentano proprietà diuretiche e sudorifere. Si usano poi i frutti. Si chiamano cinorrodi e sono falsi frutti, bacche che sono una sorta di ingrossamento del ricettacolo, una specie di pallina che contiene gli acheni che sono i veri e propri frutti che a loro volta contengono ognuno un seme. Del genere Rosa si usano i cinorrodi della Rosa canina e della Rosa rugosa, sono innanzitutto ricchi di vitamina C e poi hanno effetti diuretici, sedativi, astringenti e vermifughi. I cinorrodi della Rosa canina, in particolare, sono molto gettonati. Con essi si preparano infusi che, oltre ad essere profumati e corroboranti, sono considerati utili contro i malanni da raffreddamento. Si prepara la confettura e ci si preparano anche bibite, come quella slovena, analcolica, di nome cockta, e dolci come lo svedese nyponsoppa che tradotto significa zuppa di rosa canina. La rosa è la regina dei giardini e dei mazzi di fiori ma anche dei fornelli. In cucina, insospettabilmente per i più, la rosa trova ampio uso, non solo quella canina e non solo i suoi cinorrodi: con le foglioline appena formate e tenere delle rose si può preparare il tè, coi petali idem e sempre con questi ultimi si prepara lo sciroppo di rose. Oppure, si usano direttamente così nei piatti, anche presi dalle proprie roselline domestiche, facendo sempre attenzione che si tratti di rose non trattate chimicamente. L’aromatizzazione è delicata, non immaginate che un piatto sappia di rosa come un piatto all’aglio possa sapere di aglio: ci sono anche le tavolette di cioccolato alla rosa, le marmellate ai petali di rose e si tratta sempre di una aromatizzazione e di un conferimento di gusto teneri, delicati, ma forse per questo motivo, perché richiedono di essere ascoltati, per essere sentiti, interessanti. Diverso è il caso, invece, dell’aromaterapia. L’olio essenziale di rosa è un concentrato dell’odore tipico della rosa e possiede proprietà calmanti, antidepressive, antidolorifiche, toniche di cuore, stomaco e fegato. In piccolo, possiamo ottenere gli stessi effetti annusando le nostre rose. Ma l’olio essenziale vero e proprio, quello che si compra, ci raccomandiamo, acquistate sempre oli essenziali di alta qualità e assoluta purezza, è il risultato di una distillazione di petali, soprattutto di Rosa damascena e Rosa centifolia, in corrente di vapore: il suo caratteristico profumo deriva da elementi quali beta-damascenone, β-damascone, β-ionone e ossido di rosa. Più β-damascenone c’è, più l’essenza è di qualità e, pensate, altra magia e meraviglia delle bellissime rose, sebbene questi composti costituiscano più o meno un 1% dell’essenza, ebbene essi sono responsabili di oltre il 90% dell’odore perché hanno una bassa soglia di percezione. La rosa vuole odorare, vuole diffondere intorno a sé bellezza olfattiva oltre che estetica. Quindi non deludiamola e quando ci capita davanti diamole soddisfazione e beiamoci nel suo profumo unico e magnifico.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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